Venezia, la Corte dei Conti accende un faro sugli esiti dell’indagine “Palude” per le presunte corruzioni al Comune di Venezia. La Procura regionale della Corte dei conti ha posto la sua lente di ingrandimento sulla vendita di palazzo Papadopoli a Venezia, avvenuta nel 2019. Come noto, l’edificio, sede negli ultimi tempi della Polizia municipale, fu venduto per 10 milioni 800mila euro dopo aver avuto – secondo le accuse – una rivalutazione “al ribasso” per agevolare l’acquirente, il magnate orientale Ching Chiat Kwong, in modo che l’imprenditore, che poco prima aveva acquistato un altro palazzo dal Comune per trasformarlo in albergo, fosse invogliato all’acquisto dell’area dei Pili, di proprietà del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.
Un provvedimento che sospende la prescrizione è stato notificato a 16 persone tra cui il sindaco Luigi Brugnaro, il capo e il vicecapo di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini, l’ex assessore (ora in carcere) Renato Boraso, ed altri coinvolti nella vendita dell’immobile fino a quell’anno iscritto a bilancio per 14 milioni.
Il Comune ha emesso una nota in cui afferma che quello della Corte dei Conti è un “atto dovuto”:
“Con riferimento all’atto di costituzione in mora della Procura Regionale della Corte dei Conti del 10/10/2024, finalizzato al risarcimento dell’eventuale danno erariale connesso all’operazione di vendita di palazzo Papadopoli, perfezionatasi in data 24/07/2019, l’amministrazione comunale di Venezia doverosamente precisa che lo stesso, come emerge dal suo tenore letterale, si pone sostanzialmente quale atto dovuto conseguente all’indagine penale in corso ai fini interruttivi della prescrizione dell’azione di responsabilità erariale, la quale sarà comunque ragionevolmente condizionata dagli esiti definitivi dell’eventuale giudizio penale ancorato al medesimo fatto”.
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