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La crescita lenta del Prodotto Interno Lordo italiano è un problema più grave e complesso di quanto lo stiano presentando gli analisti. La Banca d’Italia, in audizione alle Commissioni Bilancio, ha certificato che nel corso del 2024 il PIL salirà dello 0,8% e non dell’1% così come previsto dal governo Meloni. Prima era stata l’Istat a gelare le aspettative dell’esecutivo, evidenziando un aumento acquisito dello 0,4% tra gennaio e giugno 2024.
L’Italia cresce poco
In sintesi: l’Italia cresce poco. Si dirà che, nonostante questi numeri, il Belpaese va più veloce della media europea. Ciò è vero in parte, visto che il nostro PIL fa un più 0,2% rispetto all’Unione e solo per l’anno in corso. Già dal 2025 torneremo a essere in coda per aumento di reddito. La cosa è più grave di quanto si stia analizzando per un fattore che molti fanno finta di non vedere. L’Italia ha a sua disposizione i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si tratta del più grande trasferimento di risorse verso il nostro paese nell’ultimo mezzo secolo: 194 miliardi di euro, di cui 70 a fondo perduto e la restante parte in prestiti a tassi agevolati.
L’impatto sulla crescita del PIL
A oggi l’Italia ha speso 67 miliardi di euro. Qual è l’impatto di questi soldi sulla crescita del PIL? A stimarlo è stato il governo stesso. Secondo quanto riportato dal Documento di economia e finanzia approvato a dicembre 2023, l’impatto del Pnrr avrebbe dovuto essere dello 0,9% nel 2024 e dello 0,8% nel 2025. Ma se così fosse, allora bisognerebbe porsi una domanda: la crescita dello 0,8% del PIL nel 2024 è dovuto al Pnrr o alla normale dinamica del sistema economico? È una questione dirimente che spiega molte cose. Se la crescita è dovuta al Pnrr, allora il nostro paese senza il Piano sarebbe tecnicamente in recessione (proprio come la Germania se non ci fossero i fondi europei). Se invece essa non è dovuta al Piano, a che serve tutta questa montagna di soldi che arriva da Bruxelles?
È vero, il Pnrr dovrebbe finanziare riforme e infrastrutture il cui impatto sul PIL si verificherà nel corso dei prossimi tre anni. Ciò è vero solo in minima parte. I soldi, infatti, li stiamo spendendo in questo momento e l’azione sulla ricchezza dell’Italia dovrebbe essere registrata ora. Cosa che non accade. Possiamo allora affermare che il Pnrr sta avendo un impatto molto marginale sull’economia italiana. La rivoluzione in termini di infrastrutture, regole e crescita non si vede e forse è un mero sogno con una scadenza chiara: il 2026. Dal 2027 non ci saranno nemmeno quei soldi a sostenere il nostro sistema produttivo. Anziché usare i fondi per agganciare la ripresa all’orizzonte grazie al taglio dei tassi della Bce, l’Italia li spreca in mille rivoli senza una visione di insieme che dia un forte impatto.
Insomma, il Pnrr non è riuscito a cancellare i difetti atavici del Belpaese: la burocrazia, l’improvvisazione e l’evidente incapacità di spesa delle istituzioni. Un problema dovuto anche alla mancanza delle persone giuste nei posti giusti. Nulla di nuovo: la solita Italia, purtroppo.
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