Per dirla col ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, le piccole e medie imprese del Veneto fanno già abbastanza sacrifici. Soprattutto a discapito dei colossi del web con sede in Italia, che secondo la Cgia di Mestre «sino alla fine dell’anno scorso hanno continuato a trasferire buona parte degli utili ante-imposte realizzati in Italia nei paesi a fiscalità di vantaggio. Grazie a queste operazioni elusive il nostro erario ha incassato da queste websoft solo le briciole».
Da un’analisi dell’ufficio studi dell’associazione emerge che le 422mila imprese presenti in Veneto pagano ogni anno 7,6 miliardi di euro di tasse, mentre le 25 multinazionali del web ubicate in Italia ne versano molte meno: secondo l’area studi di Mediobanca «solo» 206 milioni. Se le aziende prese in esame producono un fatturato annuo 90 volte superiore a quello riconducibile alle big tech, in termini di imposte le prime ne pagano 120 volte più delle seconde.
Le dimensioni economiche delle due realtà sono molto diverse, ma dal punto di vista degli artigiani mestrini il risultato è «sconsolante»: le Pmi venete pagano tasse 37 volte maggiori rispetto alle multinazionali del web.
«Il ricorso sistematico all’elusione praticato negli anni ha aumentato questa disparità di trattamento, mettendo in evidenzia in misura inequivocabile che in Italia, alle grandi multinazionali, in questo caso tecnologiche, continua a essere riservato un prelievo fiscale ingiustificatamente modesto», ha sottolineato la Cgia. «In Italia c’è un trattamento fiscale che penalizza i piccoli e favorisce i giganti».
Se sugli imprenditori grava un tax rate effettivo che sfiora il 50%, sulle big tech si attesta al 36%. Sebbene da quest’anno entri in vigore la Global minimum tax (Gmt), secondo il dossier curato dal Servizio bilancio dello Stato della Camera il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà molto contenuto.
Si stima che nel 2025 l’erario incasserà 381 milioni di euro, nel 2026 arriverà a 428 e nel 2027 raggiungerà i 432. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro.
Nel 2024 la Gmt interesserà 19 paesi dell’Ue. Spagna e Polonia, invece, si adegueranno a partire dall’anno prossimo, mentre Estonia, Lettonia, Lituania e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. Cipro e Portogallo, inoltre, sono chiamate a rispondere alla sollecitazione giunta da Bruxelles, che ha recapitato loro una lettera di messa in mora.
Sempre secondo la Cgia «appare evidente che per le grandi holding presenti nell’Unione europea rimane ancora la possibilità, almeno per i prossimi 5-6 anni, di spostare parte degli utili in alcuni paesi membri in cui la tassazione continua a essere molto favorevole».
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