Le cronache politiche raccontano di una Giorgia Meloni infuriata per il caso dei migranti riportati indietro dall’Albania. Il nodo della questione riguarda i Paesi di provenienza degli immigrati che la magistratura non ritiene sicuri, al contrario del governo. Per sbloccare la situazione, l’esecutivo punta a un decreto legge ad hoc.
Quali sono i Paesi sicuri
In generale, per “Paesi sicuri” si intendono quelli dove vengono rispettati i diritti umani e la democrazia. La sezione immigrazione del Tribunale di Roma non ha riconosciuto come “Paesi sicuri” Bangladesh ed Egitto, i due Stati di provenienza dei migranti trasportati in Albania.
Di conseguenza, nei confronti dei cittadini bengalesi ed egiziani non è possibile mettere in atto alcuna procedura di rimpatrio. La deportazione in Albania è uno step delle procedure di rimpatrio e dunque, argomenta la magistratura, i migranti devono essere riportati in Italia.
Protesta del collettivo Mesdhe per l’arrivo in Albania della nave della Marina italiana con 12 migranti a bordo.
Tutto si gioca sulle definizioni: la magistratura italiana si rifà alla giurisprudenza europea, ovvero alla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre. Per i giudici, ai migranti egiziani e bengalesi deve essere consegnato un permesso di soggiorno provvisorio della durata di 6 mesi sulla base del programma di protezione internazionale.
Il governo italiano, invece, si rifà all’ultimo elenco dei Paesi sicuri pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2024 che contiene un riferimento a 22 Stati: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
Un decreto legge per i Paesi sicuri
Giorgia Meloni ha passato la palla ad Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, il quale dovrà scrivere a tempo di record un decreto legge ad hoc che contenga una lista dei Paesi sicuri, da aggiornare ogni 6 mesi, al fine di consentire la deportazione dei migranti in Albania.
“Non tocca alla magistratura decidere se uno Stato è sicuro”, aveva ammonito il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. “È una questione di alta politica”.
I rischi per il governo
Sul decreto, però, pesa l’incognita della supremazia delle fonti: di fatto, la legislazione italiana non può non conformarsi agli indirizzi comunitari. Dunque anche un decreto legge ad hoc deve tenere presenti i paletti e le indicazioni della sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre.
Il rischio paventato da Giorgia Meloni è che un’interpretazione restrittiva, come quella comunitaria, spenga del tutto la macchina dei rimpatri.
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