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Il futuro del Green Deal nei primi 100 giorni della Commissione #adessonews


L’avvio di un secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione è una conferma del percorso segnato dal Green Deal europeo. Il pacchetto clima è stato il filo conduttore dei cinque anni scorsi e le linee guida programmatiche per la prossima Commissione – contenute nel documento ‘A new plan for Europe’s sustainable prosperity and competitiveness’ – identificano alcuni aspetti chiave del Green Deal come aree prioritarie d’azione.

Von der Leyen e la nuova Commissaria per il Green Deal Teresa Ribeira avranno tra i loro compiti non solo il miglioramento del pacchetto, ma anche la rimozione di ostacoli che rendono il Green Deal meno efficace e di difficile attuazione. Non si potrà inoltre ignorare la permanenza di elementi che offrono spazio di critica ai detrattori del progetto di decarbonizzazione, alimentando argomentazioni in favore di un arretramento o rallentamento di vari aspetti del Green Deal, mettendone a rischio l’effettivo allineamento con gli obiettivi di Parigi.

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Le politiche per il clima significano prosperità e competitività

Uno dei banchi di prova per il Green Deal sarà la sua capacità di fungere da volano di prosperità economica e competitività, come evidenziato dai Report Letta e Draghi. Le linee guida politiche per la nuova Commissione recepiscono questa necessità e la pongono al centro, identificando le priorità industriali ed economiche che verranno raggiunte tramite sostenibilità e decarbonizzazione, legando il successo economico dell’UE a quello del Green Deal.

Dal punto di vista operativo, questi obiettivi verranno perseguiti tramite nuove proposte: un Clean Industrial Deal per decarbonizzare il settore industriale e abbassare i costi energetici e un Industrial Decarbonisation Accelerator Act per supportare le imprese durante la transizione. Questi si aggiungeranno al quadro disegnato lo scorso anno dal Net Zero Industry Act e sono coerenti con la raccomandazione di sincronizzazione tra politiche industriali e di decarbonizzazione contenute nel Report Draghi sulla competitività. In un contesto internazionale dove grandi attori economici come USA e Cina hanno messo in campo ambiziose politiche per incentivare le proprie industrie verdi, l’UE deve rispondere in modo mirato per non perdere ulteriore terreno.

L’urgenza della questione è riflessa nella promessa di presentare il Clean Industrial Deal nei primi 100 giorni della Commissione. Se è vero che agire in maniera tempestiva è fondamentale, parimenti il quadro legislativo che emergerà dovrà essere chiaro e adeguato alla sfida che si presenta.

Anzitutto, è fondamentale che queste nuove proposte legislative vadano a formare un impianto legislativo coerente e sinergico con il Net Zero Industry Act, oltre che con le varie componenti del pacchetto Fit for 55. In questo modo sarà possibile tenere al minimo la complessità regolatoria, in coerenza con l’obiettivo di sburocratizzare – sempre contenuto nelle linee guida e nel Report Draghi – e sfruttare sinergie intersettoriali. La semplificazione dovrà però partire dal percorso legislativo già tracciato, senza stravolgimenti o cambi di rotta che sarebbero nefasti per la pianificazione degli investimenti e potrebbero rendere inefficaci elementi fondamentali del piano di decarbonizzazione europeo.

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In questo senso, non possiamo permetterci ritardi nel percorso di decarbonizzazione dell’intero settore manifatturiero. Le nuove tecnologie verdi devono essere sostenute in quanto volano di crescita e competitività, ma devono anche essere funzionali alla riduzione dei costi energetici, efficientando e decarbonizzando i processi produttivi, incrementando la competitività dell’industria europea. In questo senso il Decarbonisation Accelerator Act e dell’Electrification Action Plan saranno due dossier importanti da monitorare.

È necessario riconoscere che l’esperienza di implementazione di politiche di decarbonizzazione degli Stati membri e il dialogo con le imprese e i cittadini sono fondamentali, e devono essere parte integrante della preparazione dell’impianto legislativo. Questo dialogo multilivello è essenziale nel fare emergere un quadro legislativo chiaro, facilmente applicabile e che crei i giusti incentivi, rimuovendo allo stesso tempo le barriere alla decarbonizzazione. Il coinvolgimento degli stakeholder industriali sin dall’inizio del processo darebbe un segnale forte e tempestivo della direzione di viaggio, allontanando il rischio che l’incertezza favorisca scelte di delocalizzazione nel breve periodo.

Costi energetici e elettrificazione dei consumi

La Commissione identifica tra le priorità – anche in questo caso, in perfetta coerenza col Report Draghi – il calo dei prezzi energetici attraverso un’accelerazione dell’abbandono dei combustibili fossili nella produzione elettrica. In questo senso, la creazione di una strategia di elettrificazione dei consumi a livello europeo è un passo abilitante per accelerare la decarbonizzazione e incrementare la competitività dell’industria europea e dei settori del consumo civile.

L’elettrificazione dei processi produttivi rappresenta in molti settori una soluzione no regrets, che ad esempio nei soli processi a bassa temperatura (<150°C) in Italia può garantire riduzioni di emissioni per circa 8MtCO2 al 2030, con l’elettrificazione del 50% di tale domanda. In presenza però di diverse barriere infrastrutturali, di market design, di tassazione e alla creazione di un business case per l’elettrificazione, i settori manifatturieri vedono nell’investimento in elettrificazione un rischio, spesso però senza trovare un’alternativa agli alti costi energetici se non la delocalizzazione. La presenza nella lettera di missione del Commissario per l’energia e il settore residenziale Dan Jorgensen del compito di presentare un piano di elettrificazione è un elemento positivo e sottolinea la natura intersettoriale del processo di elettrificazione, che coinvolge i consumi domestici oltre a quelli industriali. Questo piano dovrà affrontare gli ostacoli presenti e ribilanciare il sistema energetico e economico dall’incentivo all’utilizzo del gas verso un sistema che sostenga l’elettrificazione.

Le risorse finanziarie

Il finanziamento della transizione si è finora rivelato l’anello debole della catena. Le nuove linee guida di von der Leyen sembrano riconoscere l’importanza di questo aspetto promettendo che la prossima sarà una Commissione di investimento, con l’obiettivo di sbloccare i finanziamenti necessari alle transizioni verde, digitale e sociale. Tre strumenti vengono menzionati: lo sviluppo di una Unione dei risparmi e investimenti europei, un utilizzo migliore del procurement pubblico e la creazione di un .

Rimane irrisolta la questione di assicurare i fondi pubblici necessari a catalizzare l’investimento privato in queste transizioni. Nel suo Report, Draghi sottolinea che l’abilità dell’UE di supportare investimenti pubblici e privati nelle proprie priorità potrebbe essere migliorata aumentando la dimensione del budget europeo (attualmente 1% del GDP UE), rifocalizzandolo sugli obiettivi chiave, oltre che dalla creazione di nuove risorse proprie. Draghi suggerisce inoltre che l’emissione di bond comuni sul modello NGEU (Next Generation EU) possa semplificare la creazione dell’unione del mercato dei capitali, auspicata anche da Letta, e a sua volta mobilitare la finanza privata sugli obiettivi UE. Questo è coerente con le raccomandazioni che ECCO aveva fatto nello studio ‘Un fondo sovrano Europeo per la transizione climatica’. In questo senso diventa chiave il ruolo di Fitto, in quanto Commissario responsabile per il PNRR, nel garantire che l’esperienza del debito comune distribuito sulla base del raggiungimento di obiettivi legati alle priorità UE sia una buona pratica da replicare.

Il quadro programmatico per la prossima Commissione sembra identificare gli aspetti chiave che sarà necessario affrontare affinché il Green Deal sia un successo in termini di crescita e competitività. La sfida, fin da subito, sarà quella di costruire politiche adeguate al raggiungimento degli obiettivi clima e, al tempo stesso, strutturare il consenso tra gli Stati membri, le imprese e i cittadini, per evitare che queste misure vadano ad esacerbare squilibri economici e sociali, minando l’effettiva riuscita del progetto di trasformazione dell’Europa nel primo continente ‘a impatto climatico zero’.

 

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