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EIT Food Next Bite, startup innovative nell’agroalimentare #finsubito prestito immediato


Foto EIT Food

Una grande rassegna di startup agroalimentari a EIT Food Next Bite

Un grande evento internazionale come EIT Food Next Bite 2024 a Roma ha permesso di “assaggiare” le tante possibilità che l’innovazione declina nel campo dell’agroalimentare.

A EIT Food Next Bite 2024 l’innovazione è una priorità

Molto positivo il fatto che i visitatori trovassero all’ingresso lo spazio in cui erano riunite le startup presenti a EIT Food Next Bite: si è percepito subito che l’innovazione è una priorità.

Una impressionante condivisione delle conoscenze che apre la strada alla nascita di nuove collaborazioni, ma soprattutto una spinta ad accelerare l’innovazione tecnologica per realizzare la transizione dei sistemi alimentari europei.

EIT Food – la più grande comunità di innovazione alimentare mondiale che rientra nell’ambito dello European Institute of Innovation & Technology – nasce per accelerare l’innovazione e costruire i sistemi alimentari del futuro affinché producano cibo sano e sostenibile per tutti.

3 sessioni di discussione allineate alle 3 mission di EIT Food

EIT Food Next Bite 2024 ha riscosso grande successo. In due giorni leader, imprenditori e operatori del settore agroalimentare hanno partecipato a un’articolata serie di tavole rotonde, discussioni tematiche, scambi di opinioni sul futuro del cibo, sulla sostenibilità dei sistemi agroalimentari e sulle proposte di innovazione tecnologica per il cambiamento.

I temi che hanno caratterizzato le diverse sessioni di discussione sono allineati alle tre mission di EIT Food: Healthier Lives Through Food, A Net Zero Food System, Reducing Risk for a Fair and Resilient Food System.

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Tra le novità di questa edizione, c’è il lancio di Alliance for Impact Data. L’iniziativa, coordinata dal EIT Food, è molto interessante perché intende sviluppare standard riconosciuti a livello internazionale per determinare la valutazione d’impatto ambientale dei prodotti alimentari.

L’adozione di uno standard unico facilita la conformità di aziende e supply chain anche di paesi diversi e migliora l’armonizzazione globale.

Le premiazioni di EIT Food Next Bite

Il Gruppo Südzucker, che ha sede in Germania, è il più grande produttore mondiale di zucchero e ha vinto il premio Corporate Startup Collaboration Award.

Il premio riconosce la capacità delle aziende di collaborare con le startup del settore agroalimentare. Südzucker era in lizza con 30 aziende europee del settore agroalimentare.

I 15 vincitori dei Tech Validation Awards 2024 della rete EIT Food Accelerators sono:

  • 50.000 € ad AgroGrIN Tech, Esencia Foods, NOOVI, Pack2Earth e Primogene;
  • 30.000 € a Clean Food Group, Quest Meat, CinSOIL, Senoptica Technologies e BOB FoodTech;
  • 20.000 € a New Wave Biotech, Elaniti, MarinaTex e Kokomodo.

Oltre ai premi europei, sono stati riconosciuti anche tre vincitori in Brasile (Gran Moar, Typcal e Vaca Roxa) dove, nel 2024, EIT Food aveva lanciato un nuovo hub.

Programmi di finanziamento e accelerazione per le startup

I fondi ricevuti con il premio aiuteranno le startup a sviluppare, testare e accelerare ulteriormente le loro tecnologie. Inoltre, lavorare a stretto contatto con il network di partner di EIT Food permetterà loro di massimizzare l’impatto dei progetti.

Ma c’è anche un’altra buona notizia per i giovani innovatori. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD), con la collaborazione di EIT Food, lancia un nuovo programma di accelerazione per lestartup agroalimentari nei mercati dell’UE.

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Oltre a beneficiare della rete EIT Food di cui fanno parte aziende, università e centri di ricerca, avranno accesso a potenziali investimenti fino a 1,5 milioni di euro.

Le startup viste da vicino

Tanti gli espositori e tutti estremamente interessanti, ma impossibile, ovviamente, menzionare tutte le startup presenti. Vediamo di seguito una breve panoramica in cui diamo voce direttamente agli espositori.

Agreen Biosolutions– Enrico Montanaro, CEO and Co-founder

«Agreen Biosolutions produce oli vegetali ozonizzati per la protezione delle colture, in particolare dalle patologie fungine. Il prodotto è adatto per vite, melo, pomacee, pomodoro e orticole.

Gli oli vengono immessi in campo come i pesticidi convenzionali, cioè l’olio ozonizzato viene miscelato con l’acqua e sparso sulle coltivazioni. La differenza è che gli ingredienti sono organici, oli vegetali trattati con l’ozono. 

Abbiamo riscontrato in campo che gli oli vegetali ozonizzati sono più efficaci dei prodotti convenzionali: i fitofarmaci derivano dal petrolio, i nostri prodotti vengono dalla spremitura di olio di girasole».

Agrobit – Simone Kartsiotis, CEO e CTO

«Agrobit offre servizi basate su imaging, cioè immagini raccolte da fonti differenti (smartphone, droni, sensori, fotogrammetria agricola in 3D). Facciamo rilievi in ambito agricolo per analizzare le colture e capire quando ci sono problemi, dallo stress idrico a eventuali carenze.

I nostri sistemi di supporto alle decisioni basati su immagini (image-base DSS) aiutano gli agricoltori a valutare con precisione le piante e le porzioni di terreno per prendere decisioni basate su dati oggettivi.

Tra i sensori di campo, abbiamo centraline meteo e sensori che rilevano le condizioni del suolo, l’umidità e la temperatura.

In pratica diamo agli agricoltori e ai tecnici degli alert sulle zone dove serve maggiore attenzione, e questo permette di risparmiare acqua, fertilizzanti e pesticidi input.

Con la nostra flotta di droni facciamo i rilievi in tutta Italia. Un altro prodotto effettua una scansione con cui ottenere un modello 3D della pianta di interesse che analizziamo automaticamente con degli algoritmi di intelligenza artificiale da cui estrapoliamo informazioni sull’altezza della pianta e sul volume fogliare per capire quanta biomassa c’è.

Successivamente, stimiamo la dose ottimale di acqua e agrofarmaco da rilasciare nella zona di cui quella pianta è rappresentativa.

L’obiettivo finale è produrre delle mappe di prescrizione per i trattamenti fitosanitari, cioè stabilire il loro dosaggio ottimale. Per fare un paragone, è come per le medicine: l’adulto prende la dose intera e il bambino la metà.

L’app è nata per dare al tecnico e all’agricoltore la possibilità di fare agricoltura di precisione con uno strumento che ha già – ovvero lo smartphone – e quindi con un costo basso dell’abbonamento. Si va dai 90 euro in su all’anno, in base al numero di ettari e al numero di scansioni.

Un altro problema enorme del settore è l’anzianità della classe dirigente; non c’è ancora un vero ricambio generazionale, pertanto è fondamentale fornire competenze tecnologiche adeguate. Per questo facciamo anche formazione a vari livelli.

Ad esempio un istituto tecnico che acquista un drone ha bisogno di formazione per usarlo. Molti istituti hanno un laboratorio di agricoltura di precisione, e qui abbiamo fatto technology transfer, come pure con alcune aziende agricole che hanno voluto investire per acquistare i nuovi strumenti.

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Il panorama agricolo è molto variegato e frammentato.  Il nostro intento è intercettare i due terzi delle aziende agricole europee che hanno meno di 5 ettari e sono a conduzione familiare. Alcune vogliono investire, altre non ne hanno le capacità economiche.

È evidente, quindi, quanto sia difficile trovare una soluzione che vada bene per tutti».

Clean Food Group ­– Alex Neves, Co-founder & CEO

«Clean Food Group ha brevettato un processo per produrre oli e grassi dalla fermentazione del lievito non OGM e da scarti alimentari.

Questa tecnologia, che abbiamo sviluppato una con l’Università di Bath (Regno Unito), può essere impiegata sia nel settore alimentare che in quello cosmetico.

In pratica, il nostro lievito converte i flussi secondari dell’industria alimentare, ovvero gli scarti di lavorazione, in oli e grassi sostenibili. Ne deriva un prodotto equivalente all’olio di palma ad alto contenuto oleico, ma totalmente sostenibile.

Questi oli e grassi sono molto simili agli oli e ai grassi che esistono naturalmente in agricoltura; la differenza è che i nostri sono creati in una cella oleosa piuttosto che in un seme oleoso. Inoltre, possiamo far crescere la nostra cella verticalmente anziché orizzontalmente, con un processo sostenibile.

Il nostro Life Cycle Assessment (ovvero l’analisi dell’impatto ambientale di un prodotto lungo il suo intero ciclo di vita) ha avuto una certificazione esterna. Dimostra che i nostri oli e grassi forniscono una riduzione dei gas serra superiore al 90% rispetto agli oli e ai grassi tradizionali come l’olio di palma».

Forever Land – Massimo Sabatini, Co-founder and CEO

«Forever Land ha sviluppato un’alternativa al cacao partendo dalla carruba siciliana. Il nostro processo tecnologico rimuove gli aromi della carruba che si distaccano dal cioccolato e arriviamo a un prodotto semilavorato simile al cioccolato.

È molto più economico perché nell’ultimo anno il prezzo del cioccolato è aumentato di oltre il 300% ed è anche sostenibile: usiamo carruba siciliana, consumiamo il 90% in meno di acqua e produciamo l’80% in meno di CO2.  

Abbiamo da poco chiuso un aumento di capitale con investitori esterni di oltre tre milioni di euro. Con questi finanziamenti stiamo aprendo un impianto produttivo in Puglia che potrà produrre potenzialmente mille tonnellate di semilavorato, destinato ad aziende del dolciario che lo utilizzeranno come ingrediente in diversi

prodotti: biscotti, snack ricoperti, tavolette, praline.

Diverse aziende dolciarie con cui siamo già in contatto hanno provato industrialmente il nostro prodotto: la vendita del semilavorato ci permetterà di raggiungere la sostenibilità economica.

E chissà che in futuro la Ferrero non decida di usare la nostra soluzione per la Nutella!».

Hijos de Rivera – Francisco Álvarez, Innovation Manager

«Hijos De Rivera è nata come un birrificio, poi la produzione si è estesa ad altre bevande: abbiamo quattro marchi di acque minerali, succhi, vini, alcolici, un po’ di tutto.

Il packaging più sostenibile è quello che non c’è, ma per le bevande non se ne può fare a meno. Allora qual è la strada possibile? Tutti i nostri packaging sono in vetro e hanno il reso, quindi tornano all’azienda, li puliamo e li reimmettiamo nella produzione.

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Con il canale HoReCa il sistema del reso funziona bene. Invece con supermercati e ipermercati lavoriamo con plastica 100% riciclata e stiamo lavorando ad altri packaging compostabili derivati dalla plastica.

Come rendere i consumatori consapevoli? La legge sta facendo qualcosa, ma potrebbe fare di più per generare coscienza nel consumatore.

Con il progetto della prima bottiglia compostabile stiamo organizzando eventi per spiegare al consumatore cosa si deve fare con una bottiglia che sembra plastica ma non lo è: la dobbiamo buttare nel contenitore dell’organico. Finora questo lavoro sta funzionando».

Kokomodo – Tal Govrin, CEO & Co-founder

«L’originalità della proposta di Kokomodo è partire dai veri semi di cacao: questo significa che facciamo vero cacao 100%, non un sostituto. La maggior parte dei nostri semi proviene dal Centro e Sud America, dove ci sono le piantagioni di cacao.

Selezioniamo i semi più pregiati, isoliamo e coltiviamo le cellule con tecniche di agricoltura cellulare, la biomassa viene posta nei bioreattori e poi trasformata a seconda delle richieste del mercato.

Il nostro è un cacao coltivato in laboratorio, ma il processo è completamente diverso da quello della carne, dato che si tratta di una pianta, sono diverse linee cellulari. Quando si ha a che fare con cellule vegetali, il procedimento è molto più veloce rispetto a quelle animali.

L’80% della deforestazione nell’Africa occidentale è dovuta alla coltivazione del cacao, quindi la nostra è una risposta sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche sociale perché non c’è sfruttamento del lavoro minorile.

Inoltre, il nostro processo produttivo supera i tre problemi principali del cacao: la riduzione delle rese a causa del cambiamento climatico, la qualità disomogenea a causa delle diverse pratiche di coltivazione e dai residui di sostanze tossiche nel terreno, la complessità della catena di approvvigionamento che produce elevate emissioni di CO2».

Kokomodo è rientrata tra i 15 vincitori dei Tech Validation Awards 2024 della rete EIT Food Accelerators.

Neggst – Verónica García-Arteaga, Co-founder CEO & CTO

«Essendo vegetariana ho una particolare sensibilità su certi temi. Ho capito che i nostri sistemi alimentari non sono sostenibili e hanno un impatto negativo sull’ambiente. Poi sono attenta al benessere degli animali e pensavo alla produzione intensiva di uova.

Così ho deciso di sviluppare un progetto che aiuti non solo il Pianeta ma anche gli animali, e di conseguenza la salute dei consumatori.

Grazie alla mia preparazione in ingegneria alimentare e della nutrizione credo di poter sviluppare prodotti veramente salutari.

Con Neggst abbiamo creato prodotti a base di verdura che contengono le proteine ​​dei piselli o delle fave, patate dolci, grassi sani, alcune fibre che nelle uova di gallina non sono presenti. In più i nostri prodotti sono senza colesterolo.

Guardando alle questioni strettamente ambientali, per le uova di gallina normalmente si usano 200 litri di acqua per produrre un solo uovo, mentre noi utilizziamo il 75% di acqua in meno.

Le uova di gallina sono estremamente versatili, si prestano a infinite preparazioni, e questo è un altro dei motivi che ci ha spinto a produrre uova a base vegetale.

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Vogliamo offrire ai consumatori la possibilità di fare tutto anche con le nostre uova, che hanno albume e tuorlo liquidi esattamente come quelle

di gallina. Abbiamo iniziato con altri prodotti pronti per farci conoscere dai consumatori: è stato un modo più semplice per entrare nel mercato.

Il nostro prodotto è estremamente innovativo, siamo i primi al mondo nel settore. Le uova di Neggst ovviamente non hanno un guscio, sono in scatola. Per questo non sono state ancora immesse nella rete dei supermercati.

Le uova vendute nella grande distribuzione sono per il 95% con il guscio: stiamo sviluppando un nostro guscio e lavoriamo per lanciarlo sul mercato entro il 2026».



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