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Triangolare nazionale extraUe: prassi ade vs cassazione #adessonews


“Il triangolo no”, per l’Agenzia delle entrate non si può, ma per la Cassazione “la geometria non è un reato”. Si perdoni la parafrasi di una nota canzone, con cui sintetizziamo il riaccendersi dell’eterna questione sui limiti all’applicazione del regime di non imponibilità – esteso al rapporto fra IT1 e IT2 – nel contesto di una triangolare nazionale verso l’estero.

L’argomento si sa è, da sempre, delicato e spesso viaggia “borderline”, coinvolgendo pratiche commerciali comunque diffuse. Proviamo, quindi, pur in sintesi, a tratteggiare lo stato dell’arte prima di formulare, in calce, alcune considerazioni e ricordando, fin da subito, che:

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  • il rapporto IT1-IT2 è sempre escluso dal regime di non imponibilità della triangolazione nazionale (a prescindere dalla prova dell’uscita), se la merce viene a ritirarla in Italia il cliente estero o, comunque, un trasportatore per suo conto (Circolare n. 13/E/1994);
  • nel citato primo rapporto (IT1-IT2) non ci può mai essere il beneficio se nel secondo (IT2-Cliente estero) non viene posta in essere una cessione con effetto traslativo del diritto, al cessionario estero, di disporre del bene come proprietario (Cassazione n. 22172/2013; risoluzione n. 17/E/2009).

Il caso della risposta ad interpello n. 283/2023 e la risposta dell’AdE (zavorrata alle posizioni del 2010)

Il caso, ovvero i casi, oggetto dell’interpello sono casi complessi che, su altri aspetti, abbiamo già analizzato sulle colonne del quotidiano Ec News dello scorso 21.9.2023 (cfr Operazioni complesse: progettazione, fornitura e costruzione impianti extra UE). Nel contesto di dette forniture finalizzate alla costruzione di un impianti in Stati extra UE, per gli aspetti che qui interessano, uno dei quesiti formulato da ALFA (società italiana che si occupa dell’engineering (E),  del procurement (P) e, in alcuni casi, della construction (C)) è volto a sapere se per l’acquisto delle forniture (beni/componenti) effettuate presso i produttori specializzati Italiani (IT1) possa trovare configurazione la disciplina delle cessioni triangolari, di cui all’articolo 8, comma1/a, D.P.R. 633/1972; trattasi di beni rivenduti da ALFA (IT2) ai clienti extra UE nel contesto dei contratti di fornitura (fra IT1 e IT2) che prevedono resa in partenza (EXW stabilimento IT1 o FCA vettore) con trasporto all’estero a mezzo vettori che (per risparmiare costi ed efficientare la logistica) sono incaricati (e pagati) direttamente da ALFA, senza che i beni ritirati siano né conservati né stoccati in Italia da Alfa (che non dispone di magazzini) e con la precisazione (si legge) che sebbene il passaggio di rischi e la proprietà dei beni a favore di ALFA avvenga nel territorio dello Stato (con le citate rese FCA o EXW) i beni sono vincolati fin dall’origine agli impegni assunti dalla stessa ALFA con il cliente estero.

 

La risposta dell’AdE è negativa.

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Nel richiamare vuoi la norma comunitaria (articolo 146 § 1/a della Direttiva), vuoi l’articolo 8, comma 1/a, D.P.R. 633/1972, secondo cui (ricordiamo) ”le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. (…)”, l’Agenzia precisa di ritenere che, in virtù di tale disposizione, è necessario che si verifichino le seguenti 3 condizioni:

  1. trasferimento proprietà (o altro diritto reale) beni;
  2. effettiva uscita territorio doganale comunitario;
  3. esecuzione trasporto/spedizione «a cura o a nome del cedente».

Ancorché (si legge nella risposta) “dalla contrattualistica risulti evidente che la destinazione dei predetti beni sia la rivendita al cliente estero”, nel caso in analisi, dice l’AdE, non risulterebbe, però, rispettata, la condizione di cui al n. 3, in quanto non risulterebbe integratoil citato requisito del «trasporto a cura e nome del cedente» nell’accezione individuata dalla norma come interpretata dalla prassi di riferimento” (l’AdE punta, quindi, sulla propria prassi di riferimento senza considerare, evidentemente, la consolidata Cassazione di riferimento, nda).

La prassi di riferimento richiamata nella risposta ad interpello n. 283/E/2023 è la nota e (per i tempi) innovativa risoluzione n. 35/E/2010 (ripresa, ricordiamo, anche nella circolare n. 43/E/2010 § 5) in cui – sia pur con riferimento alla distinta fattispecie di cui all’articolo 58, D.L. 331/1993l’AdE ha preso atto che “la ratio della norma sulle triangolazioni è quella di evitare che una cessione interna tra due operatori nazionali possa beneficiare del regime di non imponibilità, evenienza che si realizzerebbe qualora i beni transitassero materialmente dal primo cedente al cessionario nazionale in quanto quest’ultimo ne acquisterebbe la disponibilità nel territorio dello Stato italiano”.

Viene ricordato che, in quella interpretazione fornita alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale (che l’AdE definisce “evolutiva”), fu precisato che l’operazione di cessione triangolare può godere del regime di non imponibilità, anche nel caso in cui il cessionario (cioè IT2) stipuli il contatto di trasporto (attenzione) “su mandato e in nome del cedente”; è su questo passaggio che – nonostante siano trascorsi oltre 13 anni – s’è zavorrata la direzione centrale dell’AdE che, con la risposta in analisi, testimonia di non aver recepito alcun “upgrade” interpretativo rispetto agli – anche successivi e costanti – insegnamenti della Cassazione.

In altri termini per l’AdE IT2 può anche organizzare e pagare il tutto, ma lo deve fare in nome di IT1 su cui il trasportatore/spedizioniere emette fattura (“quietanzata” se pagata da IT2), riportando la sostanza all’ipotesi basica in cui IT1 fattura merce e anche trasporto a IT2 (ma con la “perversione” che incassa solo il corrispettivo della merce se il pagamento del trasporto viene effettuato da IT2, in nome e per conto di IT1).

Ben più semplice, come ricorderemo, è, invece, l’impostazione della Cassazione che paradossalmente (anche se con riferimento alle sentenze più datate come la Cassazione n. 4098/2020) viene ricordata dall’Agenzia stessa.

 

Le dimenticanze dell’AdE

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Che la posizione conosciuta dell’AdE fosse più restrittiva rispetto alla più ampia visuale della Cassazione era abbastanza noto (Cfr. su EcNews del 18.10.2022 “Cessioni a catena B2B: il punto sull’attualità dell’articolo 58), anche se obiettivamente l’aspettativa che fossero maturi i tempi per un passo in avanti poteva essere più che lecito ma, dopo la risposta ad interpello n. 283/2023, tale approccio, evidentemente, non può essere affrontato in modo così pacifico.

C’è almeno un altro aspetto, in ogni caso, che, a giudizio di chi scrive, lascia decisamente perplessi sulla “chiusura” manifestata nella risposta n. 283/2023; la chiusura è stata giustificata tirando in ballo, oltre alla già citata risoluzione n. 35/E/2010, anche la risoluzione n. 51/E/1995 interpretativa (si perdoni il gioco di parole) dell’interpretazione autentica dell’articolo 13, L. 413/1991, secondo cui a nulla rileverebbe, ai fini dell’articolo 8 comma 1/a, che la fattura sia emessa dallo spedizioniere o trasportatore “nei confronti dei cedenti o altri soggetti” (nel nostro caso IT1 o IT2).

Secondo la risoluzione n. 51/E/1995 (che per inciso s’era occupata – sempre in termini restrittivi – di casi analoghi a quelli della richiamata risposta n. 283/E/2023), spigolando sulla distinzione fra “fatturazione” del trasporto e “affidamento” del trasporto, fu sostenuto che, qualora nella fase di trasporto o spedizione all’estero si inserisca il cessionario residente (es. stipula diretta del contratto o affidamento del servizio), sia pure per motivazioni di carattere economico quali quelle esposte dalla società istante non può ritenersi realizzata l’operazione triangolare”.

E’ sul “ripescaggio” di quest’ultimo passaggio che (al di là delle opinioni) le motivazioni della risposta ad interpello n. 283/2023, comunque non convincono; l’Agenzia delle entrate sembra, infatti, dimenticare che il contenuto della risoluzione n. 51/E/1995 è da ritenersi rettificato per espressa ammissione della risoluzione n. 35/E/2010 (idem, per i rapporti di commissione, la risoluzione n. 115/E/2001 superata anche per ammissione della successiva risposta n. 101/E/2022); diversamente, senza il superamento del suddetto passaggio, non reggerebbe nemmeno la percorribilità della già citata impostazione, secondo cui il cessionario (IT2) può stipulare il contratto su mandato e in nome del cedente (IT1), agendo, dice l’AdE, “quale mero intermediario del cedente senza mai avere la disponibilità del bene, nel pieno rispetto della ratio delle disposizioni in materia”.

 

Le contraddizioni

Disponibilità dei beni nel territorio dello Stato che, a giudizio di chi scrive, è da ritenersi più materiale/fisica (in tal senso anche Cassazione n. 34957/2021 e il passaggio della stessa risoluzione n. 35/E/2010, in cui si richiamano i rischi che si verificherebbe qualora i beni transitassero materialmente dal cedete al cessionario) che giuridica/contrattuale anche se nella risposta ad interpello n. 283/2023 (riprendendo precedenti di prassi) viene precisato che detta disponibilità non si realizza nei seguenti casi (si tratta di precisazioni apparentemente contraddittorie se non declinati in modo coerente, nda):

  • nell’ipotesi in cui (risoluzione n. 72/E/2000) i beni, prima della loro spedizione all’estero, siano sottoposti, da parte del cessionario nazionale, a test o collaudi; tale circostanza non rappresenta, si dice, consegna in Italia, ma rappresenta meri fatti tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità e il funzionamento dei beni forniti (a giudizio di chi scrive questa precisazione è apprezzabile, ma il caso rischia di cadere in contraddizione, con quanto predetto, se i test avvengono presso IT2, e il trasporto non prosegue a cura di IT1; in altri termini sarebbe come se la vendita di IT1 avvenisse con partenza dai magazzini di IT2);
  • nel caso in cui (risposta ad interpello n. 580/2020) il primo cedente (IT1) invii i beni a IT2 che, prima di acquistarli FOB (con trasporto a cura di IT1 dalla sede di IT2 all’aeroporto), li riceve per assemblarli e certificarli ai fini della rivendita al cliente finale extracomunitario.

 

La Cassazione e la teoria della volontà

Come citato in premessa per la Cassazione (prendiamo la sentenza n. 14405/2014 § 1.5, ma ce ne sono anche antecedenti) “può dirsi ormai consolidato” l’orientamento in base al quale, perché un’operazione triangolare possa qualificarsi come cessione non imponibile, l’espressione letterale “a cura” del cedente, contenuta nella norma domestica, così come quella corrispondente “per suo conto“, contenuta nella direttiva “vanno interpretate in relazione allo scopo della norma, che è quello di evitare operazioni fraudolente, quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente (al di fuori, cioè, di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente) decidere di esportare i beni in un altro Stato” e pertanto, viene spiegato (a differenza di quanto sostiene l’AdE nella risoluzione n. 35/E/2010) che “non è necessario che la spedizione o il trasporto avvengano in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest’ultimo, essendo essenziale solo che vi sia la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta, secondo la comune volontà degli originali contraenti, come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero” .

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In tal senso, è annoverabile una lista decisamente nutrita di Cassazioni sia antecedenti (sentenza n. 23735/2013, sentenza n. 23331/2013 e sentenza n. 14186/2013) che, soprattutto, successive (ex plurimis: Sentenza n. 16328/2014, sentenza n. 11253/2015, sentenza n. 2460/2017, sentenza n. 606/2018, sentenza n. 4408/2018, sentenza n. 22332/2018, sentenza n. 1826/2019 e sentenza n. 23828/2022).

Tale indirizzo, ricorda la Cassazione (sentenza n. 14405/2014), trae spunto dalla sentenza n. 4098/2000 (che, come abbiamo già detto, è stata anche paradossalmente ripresa dall’AdE nella risposta ad interpello n. 283/2023) in materia di triangolare con destinazione UE (ex articolo 58, D.L. 331/1993) ed è stato recepito anche in materia di esportazioni extracomunitarie (ex articolo 8, comma 1, lett. a), D.P.R. 633/1972) ed alla sua interpretazione autentica, di cui all’articolo 13, comma 1, L. 413/1991 (cfr. Cassazione n. 13951/2011; Cassazione n. 2590/2010, Cassazione n. 21956/2010 e Cassazione n. 24964/2010; Cassazione n. 6114/2009; cfr. anche Cassazione n. 5065/1998 che, proprio partendo dalla citata norma di interpretazione autentica, ha ritenuto che gli spedizionieri o i trasportatori possano emettere la fattura nei confronti del cedente o di altri soggetti e quindi anche dello stesso cessionario).

Il principio di diritto della Cassazione n. 14853/2023 ed il vincolo di consegna

In sostanziale continuità con quanto sopra, merita segnalare il principio di diritto enunciato (con parole diverse, ma con la medesima sostanza) dalla medesima Corte di Cassazione (sentenza n. 14853/2023) secondo cui: “In caso di operazioni triangolari interne al territorio dell’Unione, ove vi siano due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale e oggetto di un solo trasporto, non è imponibile la prima cessione di beni, ove si accerti che la merce oggetto della suddetta cessione venga trasportata dal primo acquirente nel territorio dello Stato del cessionario, senza che il primo acquirente possa disporre della merce come proprietario ma risulti meramente interposto al fine di assolvere a un vincolo di consegna della merce al terzo soggetto passivo che la immetta in consumo”.

Come osserva la Corte (punto 10), pur intervenendo 3 distinti operatori economici, l’operazione di trasporto “va considerata come unitaria, ove la merce viene trasportata dall’acquirente nel territorio dello Stato del cessionario ma non è da questi utilizzata, bensì vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo che la immette in consumo” nel qual caso (punto 11) l’acquisto del promotore (ovvero il trasferimento IT1-IT2) non rileva come cessione imponibile effettuata nel territorio dello Stato da IT1, ma come fase “neutra”, ovvero “come fase preliminare dell’operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro Stato membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all’origine come destinatario finale …» giacché, nella sostanza (punto 12), il promotore (soggetto realmente interposto), assume un vicolo di destinazione in ordine alla merce da trasportare e non acquisisce una vera e propria signoria dominicale sui beni acquistate, stante l’interposizione negoziale pattuita dalle parti, tale da impedirgli di esercitare un poterei di disposizione del ben trasportato come se ne fosse il proprietario”.

 

Cassazione n. 10559/2024 e Cassazione n. 23521/2024 e il (bizzarro) richiamo della risposta n. 283/2023

Un ultimo cenno meritano le 2 recenti sentenze in oggetto (Cassazione n. 10559/2024 e Cassazione n. 23521/2024)  che hanno coinvolto, con riferimento a 2 annualità diverse (il 2010 e il 2009) il medesimo contribuente (la sede italiana di una nota casa motociclistica nipponica) in cui l’epilogo è favorevole al contribuente (IT1) a cui era stata contestata dall’AdE, non tanto la prova dell’effettiva esportazione (che rimane ovviamente sempre imprescindibile, nda), quanto la sussistenza del requisito per la non imponibilità della triangolazione verso IT2. L’AdE ricorrente in Cassazione (con il secondo motivo del ricorso) si doleva del disposto della CTR che, a suo dire, ma non della Cassazione, non avrebbe tenuto conto delle circostanze indicate nel p.v.c. emesso a carico del cessionario IT2, decisive in merito alla non configurabilità di una unicità di trasporto, e di altre circostanza di fatto desumibili dal p.v.c. elevato a carico di IT1, indicative dell’insussistenza di un’originaria rappresentazione della prima cessione quale operazione finalizzata alla successiva esportazione di IT2. La Cassazione, anche in questi 2 casi, richiama, per le conclusioni decisive, la “teoria della volontà” e del “vincolo di destinazione” e cita, in particolare, anche il principio di diritto della sopra citata Cassazione n. 14853/2023. Va anche osservato che la Cassazione appare così convinta delle argomentazioni di tale orientamento che – curiosità singolare – dice essere stato “peraltro, di recente, recepito anche nel documento di prassi Risposta a interpello n. 283 del 2023”; francamente, però, non si vede dove questi insegnamenti siano stati recepiti dall’AdE che, come retro evidenziato, in detta risposta ha, invece, chiaramente espresso una posizione diametralmente opposta.

Conclusioni

Tutto ciò premesso non resta che capire (al netto di quello che la riforma fiscale – di cui però per la parte Iva si sono perse le tracce – dovesse eventualmente innovare sulla questione) se quello della risposta ad interpello n. 283/2023 è un “incidente di percorso”, piuttosto che la convinta intenzione dell’AdE di tenere il freno tirato sulle proprie interpretazioni. Una cosa sembra, tuttavia, abbastanza pacifica, ovvero che chi (tolto il caso ovviamente di operazioni fraudolente operate da intermediari meramente fittizi) si muove nei contorni delineati dalla Cassazione dovrebbe poter aver ragione delle proprie impostazioni; è una magra consolazione, però, perché il punto è valutare se si è disposti a investire in possibili contenziosi lunghi e costosi. Delle 4 note possibili impostazioni (di seguito sintetizzate) non possiamo quindi dire che l’AdE, a differenza della Cassazione, abbia “sdoganato” anche la quarta soluzione.

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Soluzione 1

(tradizionale e fedele al lessico normativo domestico)

·  IT2 (promotore) incarica IT1 (primo cedente) a curare il trasporto/spedizione a destino (o quantomeno il trasporto principale fuori confine)

· IT1 paga il trasporto (ricevendone fattura) e ricarica il costo (come spesa accessoria) nel corrispettivo della propria cessione

Soluzione 2

(impostazione della vecchia C.M 13/E/1994 § 16.1)

· IT2 incarica IT1 – con formale incarico e procura alla spendita del nome –  a organizzare il trasporto/spedizione a destino (o quantomeno il trasporto principale fuori confine) e lo autorizza a concludere un contratto in nome e per suo conto (cioè di IT2)

·  IT2 riceve fattura dal trasportatore/spedizioniere e da IT1 solo per il valore della merce

N.B. Spesso IT1 (che sa produrre ma è meno pratico nella gestione dei documenti all’esportazione e non gode delle condizioni contrattuali migliori) potrebbe essere non sufficientemente competente a gestire (e documentare) in tal senso il conseguente incarico (per conto di IT2) al trasportatore/spedizioniere; la gestione, oltre che mal gestita, potrebbe risultare antieconomica per IT2.

Soluzione 3

(Risoluzione AdE 35/E/2010)

· IT2 organizza il tutto ma, di comune intesa, lo fa in nome e per conto di IT1

·  IT1 riceverà fattura dal trasportatore/spedizioniere (quietanzata se paga IT2 in nome e per conto) e ricarica il costo del trasporto (spesa accessoria) sul corrispettivo della merce (incassando solo il corrispettivo di quest’ultima se il trasporto viene pagato da IT2).

Soluzione 4

(posizione Cassazione)

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·  A differenza del caso 3, IT2 può anche farsi intestare direttamente la fattura del trasporto.

·  È importante, in ogni caso, che la comune volontà (IT1-IT2) – risultante dalla rappresentazione documentale – sia voluta nel senso che la cessione dei beni in partenza da IT1 siano destinati, attraverso la vendita del promotore IT2, al consumo all’estero senza che IT2 (cha a tal fine vincola l’acquisto) entri però (materialmente) nella disponibilità dei beni

Considerate le doverose premesse, proviamo, quindi, a suggerire un facsimile delle precisazioni da inserire direttamente nel contratto/ordine o, in subordine, ma prima della spedizione, da gestire a mezzo “addenda” contrattuale nel caso in cui le parti – nella consapevolezza della delicatezza della casistica – vogliano comunque gestire l’operazione secondo la soluzione n. 4.  Formuliamo detto facsimile sulla falsariga di quanto già proposto su EcNews del 14/11/2023 (vedi La triangolare nazionale verso altro Stato membro: le cautele per IT1 e per IT2) tarando la formulazione sull’ipotesi della destinazione all’esportazione extra UE.

—- Facsimile —-

Carta intestata promotore (IT2)

Oggetto: triangolare nazionale con spedizione a destino ……….   (indicare paese extra UE)

La scrivente …………………………… (indicare dati IT2 compresa eventuale dati identificazione/rappresentanza fiscale se NR), di seguito promotore, con riferimento all’ordine/contratto xxxxx del …….. e per tutti i trasporti o spedizioni ad esso relativi precisa quanto segue:

– che la cessione fra il fornitore ………………. (indicare dati IT1) e il promotore è stabilita con resa ……….. (indicare resa e luogo partenza fornitore);

– che la cessione fra il promotore e il proprio cliente estero (di seguito cliente finale) ……………………………..  è stabilita con resa ……….. (indicare resa e luogo destino che deve essere fuori confine)

– che le parti (promotore e fornitore), da accordi intercorsi, hanno convenuto che i beni (salvo eventuali mere soste tecniche legate alla spedizione) verranno spediti a consegna diretta presso il cliente finale in partenza dai magazzini del fornitore ……………………… senza che il promotore, che effettua l’acquisto in oggetto e vincola il medesimo alla vendita al proprio cliente estero, entri mai nella materiale disponibilità degli stessi.  La spedizione sarà eseguita (fino a destino) con spese a carico del promotore a mezzo trasportatore/spedizioniere …………………………….. (indicare dati trasportatore/spedizioniere).

La scrivente (promotore):

  • precisa altresì che nei confronti del proprio cliente finale sta realizzando una cessione all’esportazione con effetto traslativo immediato a fronte della quale presenterà dichiarazione doganale per l’esportazione;
  • si impegna a far avere (direttamente o attraverso lo spedizioniere dalla stessa incaricato) al fornitore idonea documentazione doganale che dimostri, anche con riferimento alla fattura del fornitore, l’avvenuta esportazione dal territorio doganale comunitario oltre alla copia della fattura del trasporto/spedizione che dimostri che la spedizione/trasporto fuori territorio comunitario è avvenuta a cura e oneri a carico del promotore;
  • assume inderogabilmente a proprio carico la responsabilità per imposta ed eventuali sanzioni laddove la documentazione esibita non dovesse risultare adeguata a seguito di eventuali verifiche fiscali presso il fornitore.

Infine, il promotore o, per suo conto lo spedizioniere sopra indicato, almeno un giorno prima della data prevista per il ritiro, comunicherà al fornitore la targa del mezzo e del vettore (aggiungere preferibilmente anche identificativi dell’autista) che si presenterà a ritirare i beni di cui alla spedizione in oggetto.  Il fornitore è fin d’ora diffidato dal consegnare i beni a soggetti e/o mezzi diversi da quelli indicati.

Per quanto non indicato in questa comunicazione (che prevale in caso di eventuali divergenze) rimane valido quanto indicato nel contratto/ordine retro citato.

Data, timbro e firma del promotore                           

…………………………………………………                                

Data, timbro e firma del fornitore per conferma accordo

………………………………………………………………..

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