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Accesso agli atti e pratiche edilizie indisponibile, alla luce del Salva Casa • Carlo Pagliai ingegnere urbanista #finsubito prestito immediato

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Insussistenza fascicolo va attestata motivatamente dal Comune a tutela di future emersioni documentali

Si torna a parlare di possibili imprevisti riguardanti le operazioni di verifica e accertamento di regolarità degli immobili, in particolar modo dell’obbligo di attestare il rispetto dello Stato Legittimo e tolleranze ai sensi dell’articolo 34-bis D.P.R. 380/01, facendo riferimento alla sentenza TAR Lazio n. 15126/2024 per indisponibilità e inaccessibilità agli archivi comunali. Su queste mancanze gravano serie responsabilità per carente custodia e conservazione di atti amministrativi, che potrebbero trovare giustificazione soltanto a fronte di eventi oggettivi e non dipendenti dalla volontà dell’Amministrazione preposta.

Infatti col decreto Salva Casa n. 69/2024 (L. 105/2024) crescerà ulteriormente la richiesta di accesso agli atti per accertare lo Stato Legittimo degli immobili, e le conseguenti pratiche di regolarizzazione edilizia. Peraltro, lo stesso decreto è intervenuto ad allargare la possibilità di attestare lo Stato Legittimo “desunto” da altri documenti probanti, aiutando cioè a ricostruire il quadro probante epoca e consistenza legittima dell’immobile. Esso ha previsto un alternativo principio di prova da cui poter desumere lo stato legittimo in casi di insussistenza del titolo abilitativo e pratiche edilizie, in via suppletiva ad essi:

Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.

Significa che dall’accesso agli atti la pratica edilizia dovesse risultare smarrita, è possibile usare altri documenti probanti lo Stato Legittimo dell’immobile, gli stessi che servono per dimostrare la legittimità dell’immobili o interventi effettuati in epoca non soggetta a obbligo di titolo abilitativo, puntualmente descritti all’interno della stessa definizione normativa e in questo approfondimento.

Come cercare le pratiche edilizie negli archivi comunali

Esistono regole generali per l’accesso agli atti e documenti conservati presso la Pubblica Amministrazione, prevedendo anche una serie di requisiti, condizioni e tempistiche per lo svolgimento. Si sottolinea che tale operazione richiede adeguata preparazione perchè preordinata e fondamentale alla verifica integrale di Stato Legittimo dell’immobile, divenuto ancora più complesso dopo il Salva Casa.

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Ogni comune conserva i registri delle pratiche edilizie presentate, che possono essere in formato cartaceo o digitale. Per le pratiche edilizie presentate negli ultimi anni, è possibile richiedere una copia digitale tramite i portali di caricamento della Pubblica Amministrazione; normalmente è necessario contattare il Comune per richiedere una copia cartacea, conoscendone prima gli estremi specifici di ciascuna e raccolti in appositi registri, elenchi o inventari, cartacei o digitali che siano. Questi registri di pratiche edilizie possono essere ordinati secondo diversi criteri, come:

  • Data e protocollo di accettazione
  • Nome del titolare della pratica
  • Indirizzo dell’immobile
  • Foglio e particella catastali

Non esiste un criterio di ordinamento uniforme, ma in genere i comuni ordinano i registri secondo i criteri cronologico e alfabetico. Una volta individuata la pratica, è possibile richiedere visione e copia tramite la procedura di accesso agli atti, premettendo che tale operazione richiede pazienza a causa delle tempistiche, spesso prolungate e dettate dalle pubbliche amministrazioni, le quali devono rispettare il termine di legge pari a 30 giorni per rispondere alle richieste (legge 241/90). Tuttavia possono capitare casi in cui certi comuni, piccoli o compressi dalle richieste, questi tempi possono allungarsi notevolmente causando ritardi significativi nelle verifiche immobiliari.

Inaccessibilità agli archivi comunali

La giurisprudenza ha chiarito che l’obbligo dell’Ufficio di reperire la documentazione inerente lo stato edilizio ed urbanistico di un immobile è finalizzato (non solo alle esigenze ordinarie di conoscenza che sono proprie del diritto di accesso ex art. 22, L. 241/90), ma anche a consentire l’utile e certo ricorso alle forme di attestazione di Stato Legittimo che sono disciplinate dall’art. 9-bis del DPR 380/2001. Tale obbligo non può essere ritenuto assolto dalla indicazione fornita dall’Amministrazione di una “temporanea” inaccessibilità degli archivi che rendano indisponibile la documentazione “allo stato”, ossia con riserva di reperirla in futuro.

In casi di accertata indisponibilità della pratica edilizia il Tecnico professionista farebbe bene ad asseverare la circostanza, ottenendo prima una attestazione da parte del competente ufficio comunale. Infatti potrebbero emergere posteriormente atti o documenti contrastanti o non coerenti con quanto accertato e con le risultanze da cui desumere lo Stato Legittimo. Occorre evidenziare un passaggio contenuto in sentenza T.A.R. Lazio n. 15126/2024, conforme anche alle precedenti pronunce TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 24.5.2022, n. 6662; 12.5.2022, n. 5918; 15.3.2022, n. 2960):

(omissis) l’attestazione dello stato legittimo delle opere presuppone la possibilità di documentarle ai sensi dell’art. 9 bis, comma 1 bis, del DPR n. 380/2001, ciò che radica ancora di più il corrispondente riscontro di tali attestazioni da parte dell’Ufficio; ne deriva la conseguenza che anche le operazioni di custodia e di eventuale discarico di atti e documenti tecnici o edilizi o urbanistici d’epoca, da parte degli uffici competenti e dell’Archivio Storico, dovrebbero essere (o risultare già) improntate funzionalmente a consentire l’accessibilità o la reperibilità (anche) dei documenti edilizi risalenti negli anni. Inoltre, secondo la giurisprudenza prevalente, se determinati documenti che sono legittimamente richiesti dal privato, non risultino esistenti negli archivi dell’Amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest’ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo (si vedano, ex plurimis, Tar Lombardia, Milano, 31 maggio 2019, n.1255; 29 maggio 2021, n. 1245; 20 febbraio 2020, n.343; T.A.R. , Napoli , sez. VI , 03/05/2021 , n. 2915; T.A.R. Lazio, Roma, II ter, 19 marzo 2019, nr. 5201 ed altre). Trattandosi di applicare la regola generale “ad impossibilia nemo tenetur”, anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili; ma la prova dell’impossibilità della prestazione (con argomento ex art. 1218 cod.civ.) secondo le regole generali, incombe sull’Amministrazione che deve dimostrare l’assoluta ineseguibilità dell’obbligo, tenuto conto delle soluzioni organizzative esigibili in concreto. Spetta, cioè, all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso fornire l’indicazione, sotto la propria responsabilità, attestante la inesistenza o indisponibilità degli atti che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità (T.A.R. , Milano , sez. III , 11/10/2019 , n. 2131), secondo le regole archivistiche proprie dell’Amministrazione”.

Ciò significa che l’indisponibilità di documenti conseguenti alle cattive o insicure condizioni di sicurezza dei locali degli archivi, quando è genericamente invocata e senza precise ragioni della inaccessibilità, consegue pur sempre non ad un impedimento oggettivo, ma ad una negligenza dell’Ente, essendo imputabile ad un “fatto” che è nella disponibilità dell’Amministrazione, che non osserva le regole generali di sicurezza sui luoghi di lavoro, con ogni conseguenza in ordine alla responsabilità di dirigenti ed amministratori (TAR Lazio n. 15126/2024). Neppure la dislocazione di tali archivi presso sedi separate da quelle dell’ufficio consente di attestare o giustificare alcun impedimento al personale dell’Amministrazione di recarsi oppure a farsi consegnare i documenti necessari da chi li abbia in carico.

In casi simili si presenta una indebita sospensione procedimentale, posto che la condizione di indeterminatezza che consegue ad una negligenza organizzativa dell’Amministrazione viene confermata come non occasionale o transitoria, ma persistente.

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Pertanto il dirigente o responsabile dell’ufficio competente dovrà fornirne opportuna attestazione circa l’inesistenza o indisponibilità degli atti richiesti, sulla base delle regole archivistiche sancite dal Regolamento della stessa Amministrazione.

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