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Per otto anni Italia e UE hanno erogato sussidi agricoli alle sorelle di Messina Denaro #adessonews


Negli anni in cui il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro era la persona più ricercata nel nostro Paese, due delle sue sorelle richiedevano e ottenevano senza alcun ostacolo sussidi agricoli dallo Stato italiano e dall’Unione Europea. Le somme, accreditate dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), complessivamente pari a circa 17mila euro, sono state quantificate dal Quotidiano di Sicilia, che ha ottenuto i dati direttamente dall’ente erogatore. I fondi sono dunque entrati in maniera continuativa per 8 anni, dal 2015 al 2023, nelle casse della famiglia Messina Denaro, controllata dal boss Matteo, arrestato il 15 gennaio 2023 dopo trent’anni di latitanza e deceduto nel carcere dell’Aquila il 25 settembre dello stesso anno. La vicenda apre uno squarcio in merito alle criticità delle misure di controllo e prevenzione che dovrebbero impedire a personaggi legati alla criminalità organizzata di ottenere finanziamenti pubblici, specie per il fatto che una delle due sorelle, Anna Patrizia, nel 2018, aveva già subìto una condanna definitiva a 14 anni per mafia.

Questo caso, che mette in luce la capacità della mafia di adattarsi a nuove opportunità di profitti illeciti, evidenzia in maniera lampante le vulnerabilità nell’amministrazione dei sussidi UE. Infatti, quando le somme sono inferiori a 25mila euro, in assenza di segnalazioni da parte di polizia o prefettura, l’Agea non è tenuta a richiedere la certificazione antimafia, limitandosi solo a effettuare controlli a campione. Nello specifico, come dichiarato dalla stessa Agea, Anna Patrizia Messina Denaro ha ricevuto pagamenti dal 2015 al 2023 per un totale di 4.701,99 euro, mentre in occasione di sette campagne tra il 2019 e il 2021 non sono state effettuate erogazioni in suo favore. L’altra sorella del boss, Rosalia, ha invece ottenuto finanziamenti dal 2015 al 2023, per le relative campagne, per un totale di 11.973,70 euro, per un importo annuo medio di circa 1.300 euro. Lo scorso luglio, quest’ultima è stata condannata a 14 anni di carcere per associazione mafiosa aggravata e ricettazione. Come dimostrano gli atti giudiziari, mentre otteneva i finanziamenti, Rosalia si occupava di proteggere la latitanza del fratello. Nella sentenza di condanna a suo carico, si legge che Rosalia è una vera «donna di mafia», poiché «con adesione consapevole e indiscussa alle regole del sodalizio ha svolto con continuità e avvedutezza, per un lungo periodo, un importante ruolo all’interno dell’organizzazione». Per il giudice la donna ha infatti manifestato «piena ed incondizionata aderenza alle regole di cosa nostra e cioè ad una precisa scelta di vita criminale fondata sul rifiuto dello Stato e delle sue leggi». Lo stesso Stato che le erogava fondi. Gli investigatori hanno inoltre rinvenuto un vademecum, scritto di suo pugno, contenente informazioni recuperate dal boss in merito alle microspie piazzate dalle forze dell’ordine nelle case in cui vivevano i membri della sua famiglia e dettate alla sorella. Un documento che, secondo il gip di Palermo, evidenzia peraltro un «evidente tecnicismo lessicale» che può essere proprio solo di «specialisti forniti di uno specifico know how nel settore».

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La “mafia dei pascoli” è un fenomeno criminale molto diffuso e articolato che riguarda l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle attività legate alla gestione e allo sfruttamento dei terreni agricoli. In particolare, la mafia sfrutta i fondi europei destinati all’agricoltura tramite frodi nei sussidi per i pascoli e le attività agricole. I clan, attraverso minacce e intimidazioni e grazie all’impiego di prestanome o all’intestazione di pezzi di terra a persone insospettabili, ottengono illegalmente la gestione di terreni, pubblici e privati, per accedere ai finanziamenti europei della Politica Agricola Comune (PAC) senza svolgere alcuna reale attività agricola. Da una delle inchieste più importanti sul fenomeno, all’inizio del 2020 è scaturita l’operazione “Nebrodi”, il più imponente blitz mai messo a segno contro i clan messinesi dediti alle truffe all’Ue sull’agricoltura. Il processo di primo grado si era concluso il 30 settembre 2022. Il Tribunale di Patti, in primo grado, aveva disposto 90 condanne per un totale di oltre 640 anni di carcere, 10 assoluzioni totali e una prescrizione, stabilendo la confisca di imprese e somme di denaro. A inizio settembre, la sentenza è stata in parte modificata al ribasso e i giudici hanno comminato in tutto 65 condanne.

[di Stefano Baudino]





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