La Cassazione, con l’ordinanza n. 26770/2024, ha confermato il licenziamento di un vigilante che, per sua negligenza, si era presentato in servizio con 40 minuti di ritardo, lasciando la banca scoperta.
La puntualità è un requisito fondamentale in molti ambiti lavorativi, ma assume un’importanza ancora maggiore per chi svolge mansioni di sicurezza, come i vigilanti. Un ritardo, anche se breve, può compromettere la sicurezza delle persone e dei beni, con conseguenze potenzialmente gravi. La Cassazione, con una recente sentenza, ha confermato il licenziamento di un vigilante che, per negligenza, si era presentato al lavoro con 40 minuti di ritardo, lasciando la banca priva di sorveglianza. Ma procediamo con ordine e vediamo se e quanto il ritardo di un addetto alla vigilanza può giustificare il licenziamento.
Cosa dice la legge sul ritardo ingiustificato
I contratti collettivi e quelli individuali di lavoro specificano che, in caso di ritardo, il dipendente è tenuto ad avvisare prontamente il datore di lavoro, fornendo valide ragioni dell’assenza. Lo deve fare anche in modo informale, con telefonate, sms, chat. Tanto al fine di impedire compromissioni o rallentamenti dell’attività imprenditoriale. Un più intenso traffico urbano o un imprevisto che potrebbe occorrere a chiunque non sono giustificazioni sufficienti per non presentarsi in orario sul lavoro: il dipendente è infatti tenuto a prevenire qualsiasi causa possa procrastinare il suo arrivo puntuale.
Anche laddove il CCNL non dovesse prevedere tali obblighi informativi, essi sono comunque desumibili dal generale dovere di correttezza e buona fede, previsto dal codice civile, che deve improntare il rapporto di lavoro.
Una volta stabilito che il ritardo costituisce un illecito disciplinare, bisogna valutare quale sanzione applicare. Qui, in mancanza di esplicite previsioni nel contratto collettivo o individuale, vale il principio della “proporzione” tra pena e violazione. Pertanto andranno valutati, ai fini della determinazione delle conseguenze per il ritardo, fattori come:
- l’entità del ritardo;
- la reiterazione del comportamento nell’arco del rapporto di lavoro;
- la presenza di valide ragioni;
- la tempestività nella comunicazione del ritardo da parte del dipendente;
- il danno procurato all’azienda: alla produzione, all’immagine, alla clientela, ecc.;
- la delicatezza della mansione affidata al lavoratore e la sua infungibilità con altri dipendenti.
Il caso esaminato
Un vigilante, dipendente di un istituto di vigilanza privata, era stato licenziato per essersi presentato al lavoro con 40 minuti di ritardo. Il lavoratore aveva ricevuto una comunicazione con la variazione dei turni, ma non l’aveva letta attentamente, presentandosi al servizio in ritardo.
Il Tribunale di Lanciano aveva annullato il licenziamento, ritenendolo sproporzionato rispetto alla gravità del fatto. La Corte d’Appello de L’Aquila, invece, ha accolto il ricorso dell’istituto di vigilanza, confermando il licenziamento.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 26770/2024, ha confermato la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che il ritardo dell’addetto alla vigilanza costituisceun “grave inadempimento” degli obblighi contrattuali, tale da giustificare il licenziamento.
La Corte ha sottolineato che il vigilante, con la sua negligenza, aveva lasciato la banca scoperta per oltre 40 minuti, esponendola al rischio di azioni criminose.
Tale comportamento ha rappresentato una grave violazione dei doveri di diligenza, correttezza e buona fede che devono caratterizzare il rapporto di lavoro.
Quando il ritardo è causa di licenziamento
La Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «La tipizzazione delle cause di recesso contenuta nella contrattazione collettiva non è vincolante, potendo il catalogo delle ipotesi di giusta causa o giustificato motivo essere esteso, in relazione a condotte comunque rispondenti al modello di giusta causa o giustificato motivo».
In altre parole, anche se il contratto collettivo non prevede espressamente il ritardo come giusta causa di licenziamento, il giudice può comunque valutare la gravità del ritardo e le sue conseguenze per stabilire se giustifica il licenziamento.
Conclusioni
La sentenza della Cassazione n. 26770/2024 conferma l’importanza della puntualità e della diligenza nel lavoro, soprattutto per chi svolge mansioni di sicurezza. Un ritardo ingiustificato, che mette a rischio la sicurezza delle persone e dei beni, può giustificare il licenziamento anche se non espressamente previsto dal contratto collettivo.
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