diEmanuele Imperiali
Al responsabile della Protezione Civile potrebbero andare le deleghe alla Coesione e al Mezzogiorno
Rimpasto. Il solo evocare questo scenario fa infuriare Giorgia Meloni, come stendere un panno rosso davanti a un toro. Ma se la sostituzione di Gennaro Sangiuliano è stata semplice, quella di Raffaele Fitto appare molto più complessa. Perché il prescelto commissario europeo è non solo un uomo di stretta fiducia della premier ma anche il titolare di numerose deleghe di primaria importanza. Ci sono ancora alcune settimane di tempo, in quanto l’incarico a Bruxelles diverrà operativo ai primi di novembre, ma la presidente del Consiglio non vuole farsi trovare impreparata.
Su un punto difficilmente farà un passo indietro: le competenze sul Piano nazionale ripresa e resilienza resteranno a Palazzo Chigi e non torneranno al ministero dell’Economia. La seconda soluzione sarebbe stata, in fondo, la più ovvia, perché è la Ragioneria dello Stato che gestisce la spesa dei fondi, ma Meloni vuole un controllo diretto su una mole così vasta di investimenti. Quindi sarà un sottosegretario a occuparsi del Pnrr: la premier vorrebbe fosse Alfredo Mantovano, ma l’ex magistrato pugliese nicchia. Perché è il vero uomo ombra del capo del governo — il Gianni Letta di Silvio Berlusconi per intenderci — ha già sulle spalle sia il coordinamento di tutta l’attività dell’esecutivo, sia la delega ai Servizi segreti. Si fa strada l’ipotesi dell’altro vice, Giovanbattista Fazzolari, ma non ha le competenze giuste; perciò, qualcuno ipotizza che la scelta possa cadere sull’esperta di economia Ylenia Lucaselli, anche lei pugliese come Fitto, attuale capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Bilancio alla Camera.
Sull’altro pezzo fondamentale delle deleghe di Fitto, il Mezzogiorno e la Coesione, la partita è, invece, ancora tutta da giocare: l’aver assegnato a un unico ministro Pnrr e Sud aveva e ha un senso compiuto. Perché, almeno fino a metà 2026 e anche oltre, se vi sarà una proroga nell’utilizzo delle risorse del Next Generation Eu, questi fondi rappresentano il grosso, se non la totalità, degli investimenti nelle regioni meridionali. La soluzione più ovvia, anche al fine di evitare appetiti da parte degli altri partiti di maggioranza, Lega e soprattutto Forza Italia, che nel Mezzogiorno ha gran parte del suo bacino elettorale, sarebbe quella di affidare queste ulteriori due deleghe all’attuale ministro della Protezione Civile e del Mare, il siciliano Nello Musumeci. Un fatto è certo: per Napoli perdere il rapporto preferenziale che si era instaurato con i ministri Sangiuliano e Fitto rischia di creare più di un problema. È vero che proprio negli ultimi giorni il neoministro della Cultura Alessandro Giuli, in occasione del G7 svoltosi nella città partenopea, ha dichiarato che tutti gli impegni assunti dal suo predecessore saranno mantenuti. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il fatidico mare.
Con Fitto la Regione Campania, proprio recentemente, e dopo un braccio di ferro durato mesi, aveva firmato l’Accordo per la Coesione, che vale alcuni miliardi destinati a opere di primaria importanza. Per di più, il ministro per il Sud ha nel suo portafoglio la delega per Bagnoli e cambiare per l’ennesima volta timoniere certo non può giovare all’attuazione di quel progetto di risanamento e riqualificazione urbanistica che ormai da troppi anni procede al passo di una tartaruga. Quando addirittura, come nel caso del gambero, non torna indietro, come è avvenuto con la nuova bonifica avviata dal soggetto gestore Invitalia dopo che una parte significativa della stessa era già stata realizzata dalla fallita Bagnolifutura. Per Gaetano Manfredi e Vincenzo De Luca il pericolo maggiore è quello di dover riaprire ex novo un’interlocuzione con il Governo in una fase nella quale Napoli e la Campania hanno bisogno come il pane di risorse fresche per poter ammodernare e potenziare le infrastrutture cittadine e regionali e rilanciare il ruolo turistico e culturale della capitale del Mezzogiorno.
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