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Ursula von der Leyen riparte da Kiev. Prestito da 35 miliardi per coprire il “buco” Usa #adessonews


Il primo viaggio extra-Ue di Ursula von der Leyen dalla rielezione alla guida della Commissione porta in dote all’Ucraina un nuovo assegno Ue da 35 miliardi di euro. Nella sua ottava visita a Kiev dall’inizio della guerra, ieri von der Leyen ha annunciato lo stanziamento che fa parte del «continuo sostegno dell’Ue» di fronte «agli implacabili attacchi russi»: la somma, che bypassa veti interni e resistenze alleate, consiste in un prestito e si inserisce nel più ampio piano da 45 miliardi, di cui rappresenta quasi l’80%, annunciato dai Paesi del G7 al summit di Borgo Egnazia. Il prestito sarà ripagato non dagli ucraini, ma con gli extraprofitti generati dagli asset della Banca centrale russa congelati nei Paesi occidentali (solo nell’Ue se ne trovano per circa 200 miliardi di euro, il 90% dei quali in Belgio).

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Toccherà alle autorità di Kiev decidere «come usare al meglio i fondi», che «vi daranno ulteriori risorse per rafforzare le vostre capacità militari e respingere l’aggressione russa» iniziata due anni e mezzo fa, ha detto la presidente dell’esecutivo Ue comparendo al fianco del leader ucraino Volodymyr Zelensky, il quale da parte sua ha ribadito la necessità di un esborso immediato perché questi nuovi finanziamenti «avranno un impatto sulla nostra abilità di difenderci». L’Ue «sta facendo la propria parte con 35 miliardi, e sono assolutamente certa che anche gli altri faranno lo stesso», ha aggiunto von der Leyen. Le quote del prestito ripartite a giugno tra i Grandi del G7, in realtà, prevedevano una diversa scansione del contributo finanziario, in funzione della forza economica di ciascuno, con circa 18 miliardi di euro a testa per Ue e Usa e il resto diviso tra Canada, Giappone e Regno Unito. Il solito veto ungherese che ha impedito di trovare l’unanimità sull’estensione temporale del congelamento dei beni, condizione che Washington aveva posto come paletto giuridico imprescindibile per dare il suo sì allo schema di assistenza, ha tuttavia costretto Bruxelles a trovare una soluzione alternativa. Il compromesso finale? Aumentare, perlomeno per una fase iniziale, il contributo Ue fino a un massimo, per l’appunto, di 35 miliardi di euro; ciò consentirà agli Stati Uniti di intervenire in un secondo momento, riducendo in quell’occasione proporzionalmente la somma appena promessa dalla Commissione.

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Per essere effettiva, la misura dovrà adesso essere approvata dai governi (a maggioranza qualificata) e dall’Europarlamento. Una volta in vigore, «il Cremlino pagherà in modo diretto per i danni arrecati dalla guerra di cui è responsabile», spiegano a Bruxelles. Una fetta delle risorse Ue servirà a sostenere durante l’inverno l’Ucraina e le sue infrastrutture energetiche, obiettivo dei raid russi che hanno messo fuori uso circa 9 gigawatt di capacità di generazione, l’equivalente dei tre Stati baltici, ha spiegato von der Leyen: «Vi aiuteremo a tenere le luci accese, riscaldare le case e far andare avanti l’economia». Prima di partire per Kiev, la presidente della Commissione aveva presentato un piano Ue da 160 milioni di euro, la più parte dei quali provenienti dagli extraprofitti sui beni russi, in aiuti umanitari per garantire il riscaldamento nei rifugi antiaerei e in stanziamenti per lavori di ripristino infrastrutturale e di fornitura di tecnologie rinnovabili, in particolare pannelli solari. Bruxelles punta, in questo modo, a coprire il 25% del fabbisogno del Paese.

Prima di ripartire, un punto sull’iter di adesione di Kiev all’Ue con il premier Denys Shmyal: «Per me rimane una priorità fondamentale. Sosteniamo il vostro ambizioso lavoro», ha scritto von der Leyen su X. Intanto, all’indomani del voto con cui il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione non vincolante sul sostegno all’Ucraina che, tra le altre cose, invita gli Stati a rimuovere le restrizioni all’uso delle armi occidentali da parte di Kiev per colpire obiettivi militari in territorio russo, l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell è tornato sul tema, assicurando che «il Consiglio continuerà a lavorare sulla questione». Sul punto, la politica italiana aveva fatto fronte comune, con appena tre defezioni (una in Fi e due nel Pd): nello scrutinio di Strasburgo, le delegazioni del nostro Paese si erano distanziate dal resto dei principali gruppi Ue, esprimendosi contro il testo, salvo tornare a spaccare trasversalmente le coalizioni nel voto complessivo sulla risoluzione, che ha visto i sì di Pd (tranne due astenuti), FdI e Fi e i no di Lega, M5S e Avs. Ora il rilancio di Borrell, che già ad agosto aveva provato, senza successo, a far adottare ai ministri Ue una posizione comune sull’utilizzo delle armi oltreconfine. Tra le capitali manca l’accordo e prevale la linea che vuole lasciare la questione alle trattative bilaterali con l’Ucraina. Una tale autorizzazione, aveva però avvertito una settimana fa Vladimir Putin, vorrebbe dire «che i Paesi Nato sono in guerra con la Russia».

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