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La previdenza complementare e il “giusto” compenso professionale #adessonews


Autorità, gentili Signore, Colleghe e Colleghi,

porto a tutti Voi i saluti della Cassa Nazionale del Notariato, ringraziandovi per essere intervenuti così numerosi alla nostra prima Convention dedicata a “Previdenza complementare e <giusto> compenso professionale”.

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Le motivazioni a base di questa due giorni si legano al desiderio di continuare il percorso formativo iniziato anni fa, sviluppato tra non poche difficoltà, caratterizzato da una molteplicità di eventi, che rimarranno nella memoria dei partecipanti, e non solo.

Ne ricordo alcuni, scelti tra gli ultimi, quasi a caso: “Attualità delle tematiche previdenziali: la Cassa Nazionale del Notariato tra normativa vigente e principi solidaristici nella prospettiva europea”, registrato durante il periodo Covid a Roma, il 9 luglio 2021; “La <giusta> età pensionabile in una società mutevole”, Roma, novembre 2022; “Crisi delle libere professioni e riflessi sui sistemi previdenziali”, durante i lavori del 58^ Congresso Nazionale del Notariato; “Inverno demografico e sostenibilità dei sistemi pensionistici: l’importanza della cultura previdenziale”, tenutosi a Roma, l’8 marzo di quest’anno; “Trent’anni dalla privatizzazione”, celebrativo della nascita della previdenza “privata”, nella città di Torino, pochi mesi or sono.

Eventi durante i quali si è voluto il confronto tra professionisti del settore e politici su temi di grande attualità, meritevoli di attenzione, ognuno dei quali necessita di riflessioni, non solo in ambito economico-finanziario, ma anche su demografia e variazioni statistiche.

Lo ripetevo nei giorni passati: è fondamentale che i corpi intermedi – e, più in particolare, coloro che quotidianamente vivono il peso di certe scelte strategiche, a volte non coerenti rispetto al quadro d’insieme – facciano sentire la propria voce e offrano un contributo finalizzato ad orientare i decisori politici.

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L’idea di fondo delle Convention ideate dalla Cassa del Notariato – che muovono oggi i primi passi – è quella di far nascere una sorta di “simposio di Jackson Hole”, nel corso del quale i massimi esperti, unitamente ai responsabili dell’azione di governo, discutano di previdenza.

La sede scelta per questo primo incontro è Napoli, che raffigura un luogo magico – e non certo perchè è la mia città – ma in quanto rappresenta una delle grandi capitali culturali nel mondo, che celebrerà nel 2025 il venticinquesimo centenario. La sua fondazione risale al 21 dicembre 475 a.c.

Discutere di previdenza non è semplice: la tematica è, al contrario, complessa. In più, la previdenza evoca la vecchiaia, una parola messa all’indice. Forse per una sorta di senso del pudore, che ci spinge ad usare eufemismi, quali “terza età”, “autunno della vita”, o – nel riferirci agli anziani – “soggetti diversamente giovani”.

Eppure, come è stato osservato, si tratta di un “processo terribilmente democratico”, che tocca tutti, o almeno i più fortunati.

Durante i lavori presenterò una serie di slides, indicherò numeri per delineare – grazie al contributo dei prestigiosi relatori, ai quali va il ringraziamento mio personale e della categoria che rappresento – un quadro di insieme, nella convinzione di quanto sia importante la cultura previdenziale, troppo spesso relegata ad un ruolo marginale.

Il sistema notariato è fondato sulla solidarietà, sulla mutualità, sul patto generazionale e la tutela dei soggetti deboli, cioè su valori ricchi di significato, resi ancora più attuali dall’aumento della durata della vita media e dal naturale invecchiamento della popolazione, dalla crisi delle libere professioni con conseguente riduzione del gettito contributivo, dai prepensionamenti, dalle carenze della sanità pubblica e delle prestazioni erogate.

Al centro del dibattito delle giornate di oggi e di domani, allora, non potrà che esserci la sostenibilità del sistema previdenziale, pubblico e privato, e l’adeguatezza delle prestazioni future.

La spesa pensionistica è pari al 16% del pil, quando il debito pubblico corrisponde al 140% dello stesso.

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L’inverno demografico è, ormai, una realtà.

La discontinuità lavorativa, insieme al calo dei redditi, non fanno che attivare un “giusto allarme”, al quale si può rispondere esclusivamente con la consapevolezza dell’oggi e lo studio di nuovi strumenti, l’introduzione di norme, la pianificazione del cammino futuro, attenzionando maggiormente giovani e donne.

Il calo demografico non è, tra l’altro, un problema italiano, benché da noi il debito pubblico – che trova origine anche nel costo pensionistico – risulti “eccessivo”: per pagare gli interessi, la spesa è pari ai fondi destinati all’istruzione.

Un tale disavanzo esorbitante rappresenta, purtroppo, una costante, che mina alla base la nostra finanza pubblica.

Allo stesso modo, il calo demografico ha, oramai, assunto dimensioni planetarie.

Per limitarci all’Italia, secondo una previsione Istat, il rapporto tra il numero di individui in età lavorativa e anziani – oggi pari a circa 2,5 contro 1 – scenderà al livello di 1 a 1 entro 30-50 anni.

Nel microcosmo delle libere professioni, nel 2005 gli under 40 rappresentavano quasi il 41% degli iscritti, già nel 2021 sono scesi al 28,2%; al contrario, gli over 60, nel 2005 erano appena il 10%, nel 2021 il 20%.

L’Italia è tra i paesi più vecchi d’Europa: età media intorno a 47,6, quando in Africa il 60% della popolazione non raggiunge i 24 anni di età.

Grazie all’utilizzo del c.d. “principio di Anchise”, di una metafora, forse riusciamo a rendere più chiara la portata di questi numeri: il vecchio Anchise abbandonava la città di Troia in fiamme sulle spalle del figlio Enea, giovane e forte. Oggi Anchise morirebbe tra le fiamme!

Ecco la necessità di una modifica strutturale del c.d. “sistema lavoro – pensioni“, da attuarsi al più presto e non solo all’inizio del ventiduesimo secolo, come si riteneva fino a ieri.

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Senza dimenticare l’intelligenza artificiale e l’innovazione tecnologica, concausa della riduzione del numero dei lavoratori.

Il quadro d’insieme non è completo se trascuriamo lo squilibrio esistente tra le diverse aree del Paese, il gap di genere e anagrafico.

Nel 2023 il numero dei lavoratori dipendenti e di quelli autonomi (che ricomprendono i liberi professionisti) è stato di circa 23,5 milioni, mentre la maggior parte degli iscritti a forme di previdenza complementare – figura poco conosciuta, protagonista di questa kermesse – ha residenza nelle regioni del Nord (57,1%), elemento quest’ultimo, ancora più preoccupante, se correlato alla ipotizzata desertificazione del Mezzogiorno nel lungo periodo (2023/2080).

La composizione degli iscritti per genere resta sbilanciata a svantaggio delle donne, che costituiscono solo il 38,3% del totale.

Infine, il dato per fasce di età: sia tra i lavoratori dipendenti che tra quelli autonomi, fino al 34 anno di età, la percentuale degli iscritti raggiunge poco più del 19%; tra i 35 e i 54 anni si muove intorno al 48%; il restante 33% riguarda l’ultima fascia di età, quella più avanzata.

C’è da decidere, allora, come far capire ai giovani che il secondo pilastro pensionistico è importante, quale supporto alla previdenza di primo livello, in evidente stato di “sofferenza”.

Il mio invito ad aderire a forme di previdenza integrativa non significa riconoscere il carattere fallimentare dei meccanismi di gestione della nostra Cassa professionale, ma – al contrario – manifesta la consapevolezza delle “naturali” difficoltà del domani post lavorativo.

Sulla gestione, rilevo che il conto economico del 2023 presenta un avanzo di esercizio di 62,75 milioni.

Il rendimento finanziario lordo del patrimonio mobiliare della Cassa del Notariato (la gestione mobiliare copre l’88,72% dell’intero patrimonio), da bilancio 2023, è stato pari al 7,35% (6,86% netto). Questa voce tiene conto, oltre che dei ricavi e dei costi contabilizzati, anche dell’apprezzamento o deprezzamento degli strumenti in portafoglio nel corso del periodo in esame.

Tornando alla previdenza in sè, nel mondo notarile, i risultati del sondaggio – che illustrerò in apertura della prima tavola rotonda – non sono soddisfacenti: l’85% degli intervistati non ha idea dell’ammontare della sua pensione futura. Ciò nonostante, il 79% dei partecipanti al sondaggio si è mostrato interessato ad una previdenza complementare di categoria, patrocinata dall’Ente.

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La questione non è di facile soluzione.

Sicuramente necessita un’azione condivisa tra i decisori politici e gli attori interessati.

Di certo, sgravi fiscali e campagne di comunicazione ad hoc, strumenti ai quali ha fatto riferimento lo stesso Ministro del Lavoro, Marina Calderone.

Bisogna far intendere l’appetibilità dei fondi pensione, delle garanzie che offrono, dei loro rendimenti correlati al “giusto” profilo di rischio.

Su un periodo di osservazione decennale, il rendimento medio annuo per le linee a maggiore contenuto azionario è stato pari al 4,5%, a fronte di un tasso di rivalutazione del tfr del 2,4%.

Qualunque azione si deciderà di mettere in campo richiederà una valutazione delle trasformazioni del mercato del lavoro, della possibilità del risparmio del singolo e delle famiglie, degli investimenti che il Governo intenderà fare sulla previdenza complementare.

Da parte del mondo notarile, l’attenzione al tema c’è. Ed è tanta da dedicare i due giorni di questa prima Convention Cassa ad un dibattito trasparente e aperto.

La categoria è consapevole che in ballo c’è il futuro di intere generazioni di iscritti, che ancora investono e credono nelle libere professioni.

Bisogna fare il possibile per garantire loro, oltre ad una esistenza adeguata, una vecchiaia dignitosa e serena.

È necessario, però, acquisire una consapevolezza di fondo: i compensi professionali devono essere proporzionali alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto, che non può essere distribuito in maniera iniqua tra i colleghi in esercizio.

La troppo diseguale distribuzione della “ricchezza notarile” tra le differenti macroaree del Paese (nord, centro, sud-isole) ed all’interno di esse – da me evidenziata in una slide di pochi mesi fa, nella quale si rimarcava come il repertorio dei primi dieci notai equivalesse, più o meno, a quello degli ultimi trecento del medesimo territorio di riferimento – espone la sopravvivenza stessa della categoria a gravi rischi, se si ritiene di conservarne la connotazione attuale di pubblico ufficiale/libero professionista.

Dicevo prima dei prepensionamenti – che nei periodi caratterizzati da contrazioni repertoriali hanno raggiunto picchi preoccupanti – e dell’equilibrio del nostro sistema, definito – da tecnici esterni alla categoria, ad es. nel corso dell’ultimo Congresso di Torino – “virtuoso”, e più precisamente “il miglior esempio in ambito previdenziale tra le Casse e rispetto alla previdenza generale dell’I.N.P.S.”.

Le pensioni erogate dalla privatizzazione al 2023 – nel 2023 il numero dei pensionati era pari a 2.657 unità – sono aumentate del 16%, mentre nello stesso periodo sono lievitate in maniera esponenziale le pensioni dirette (+ 105%).

Il costo pensionistico dal 1995 al 2023 è cresciuto del 172% e nell’ultimo anno è risultato pari a poco più di 226 milioni di euro.

Ancora un dato. Dall’inizio del nuovo millennio all’anno scorso, sono 924 i notai che, nel rispetto delle norme vigenti, hanno scelto di collocarsi in quiescenza anticipatamente, con una età media di pensionamento di 69 anni (il differimento a 75 anni del pensionamento avrebbe generato per la Cassa un risparmio di 355 milioni di euro).

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Siamo ancora in tempo, ma non possiamo illuderci di poter rimandare sine die decisioni coraggiose, che devono trovare fondamento in un quadro normativo stabile.

Qualche ultima indicazione, di carattere operativo: i lavori si svilupperanno attraverso tre tavole rotonde.

La prima, che inizierà tra poco, dedicata a “Futuro pensionistico e centralità della previdenza complementare”.

La seconda e la terza nella mattinata di domani, che riguarderanno, rispettivamente, “Previdenza complementare, quali risorse?” e “Interesse pubblico e previdenza complementare”.

Buona convention a tutti e grazie ancora per la straordinaria partecipazione, che suggella l’importanza del lavoro svolto in questi anni.

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