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Quella soffiata in carcere un mese prima del massacro #adessonews



Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Dopo la prima serie dedicata alla sentenza della corte d’assise di Bologna che ha condanNato all’ergastolo Paolo Bellini per la strage di Bologna, il Blog mafie pubblica una seconda serie che si concentra sul ruolo dei mandanti


Tutti i dubbi del magistrato trovano significativa conferma nell’avverbio latino “sic”, annotato sui suoi appunti.

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Nonostante nella propria relazione diretta ai magistrati di Bologna avesse riferito di essere a disposizione per ogni chiarimento, il dott. Tamburino non venne mai interrogato dall’A.G. per tale episodio; ciò all’epoca non lo sorprese, posto che Vettore aveva parlato con gli inquirenti e ciò rendeva superfluo che venisse sentito anche lui.

L’esame del magistrato è poi passato alla figura di Amos Spiazzi.

Il dott. Tamburino, infatti, all’epoca in veste di Giudice istruttore, a partire dal 1973 si era occupato di un procedimento diventato noto come “Rosa dei Venti”, nei confronti di un gruppo di estremisti di destra che faceva capo a un personaggio padovano di nome Eugenio Rizzato, elemento di spicco nella Repubblica Sociale Italiana nell’ultima fase del conflitto.

Amos Spiazzi fu uno degli imputati più importanti di tale processo. Se ne è detto in precedenza in altro contesto (cfr. Parte II).

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Nell’ambito di quel procedimento venne sequestrata documentazione che evidenziava la presenza di cospicue somme di denaro atte a finanziare la ricostituzione di gruppo fascisti; venne rinvenuto anche un documento militare che conteneva un codice segreto, il quale conduceva al Reparto di Artiglieria nella Caserma di Montorio Veronese, integrato nel dispositivo di Difesa della Nato di Verona. li reparto era comandato da Amos Spiazzi, il cui nome corrispondeva a quello di un percettore di una somma di denaro di una certa consistenza, proveniente dai fondi di una società immobiliare di Andrea Maria Piaggio, all’epoca uno degli uomini più ricchi di Italia.

Dunque, nell’ambito di tale processo emerse la figura del col. Amos Spiazzi, quale elemento di raccordo tra i gruppi di estrema destra e un certo ambiente militare, a sua volta collegato con il mondo industriale.

Il testimone ha anche confermato che tra Amos Spiazzi ed Elio Massagrande, numero uno di Ordine Nuovo veronese e figura di spicco anche a livello nazionale, vi era un rapporto molto assiduo e profondo, come lo stesso Spiazzi aveva ammesso. Il testimone ha aggiunto che Spiazzi era in contatto anche con Clemente Graziani, fondatore di Ordine Nuovo.

Ha aggiunto che, quando venne effettuata la perquisizione a casa di Spiazzi vennero trovate armi ed anche un’ascia bipenne (il simbolo di ON) ed un quadro che raffigurava un cavaliere medievale con l’ascia bipenne in mano.

Nel procedimento penale denomiNato “Rosa dei venti” emerse quale indagato anche il Gen. Nardella, il quale, però, si rese latitante. Egli era stato il Responsabile dell’Ufficio di Guerra Psicologica della Nato, un ufficio molto importante di Verona, ed era anche il responsabile del Movimento Nazionale di Opinione Pubblica.

Tale movimento era, in realtà, una copertura di una diversa realtà, ed era analogo alla Maggioranza Silenziosa di Milano; entrambi detti movimenti erano stati organizzati dal Principe Alliata di Montereale, un grande capo massone, il quale s’incontrava con Spiazzi e con Nardella presso il circolo ufficiali di Verona. Tamburino ha, tuttavia, escluso che il nome di Mario Tedeschi fosse emerso in collegamento al citato movimento.

Infine, il testimone ha spiegato che nel procedimento penale suddetto venne contestata l’ipotesi delittuosa di associazione sovversiva, e ciò anche nei confronti del capo dell’allora SID (Servizio Informazione e Difesa) Vito Miceli, nei confronti del quale il Giudice emise un mandato di cattura. In seguito il delitto venne derubricato in favoreggiamento, ma poi in giudizio Miceli fu assolto.

Per contro, il giudizio a carico degli altri imputati culminò nella loro condanna, ma in appello furono poi tutti assolti.

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La P.G. ha prodotto nella stessa udienza del 28.4.2021 le sentenze definitive relative al c.d. “Golpe Borghese” e quella relativa al procedimento “Rosa dei Venti”.

Tamburino, a seguito di contestazione, ha confermato che Vettore gli disse di percepire all’epoca la somma di un milione al mese per il suo ruolo di picchiatore da soggetti legati all’ eversione di destra e tale circostanza lo sorprese, perché all’epoca era una somma rilevante.

Il testimone ha riferito che, in sede di confronto con Quintino Spella nell’anno 2019, egli riconobbe con certezza il Generale, il quale aveva un volto molto caratteristico ed inconfondibile. Egli rimase perplesso quando Spella disse di non averlo mai incontrato.

Rispondendo alle domande di un difensore delle parti civili, il teste ha confermato che all’epoca Vettore gli disse di appartenere alla Sezione di Arcella del M.S.I., una sezione del partito notoriamente molto radicalizzata e posta su posizioni estreme. Non ha saputo dire se militassero in tale cellula anche Roberto Rinani e Maurizio Contin, nomi che però gli erano noti, sia pure escludendo che glieli avesse fatti Vettore nelle sue confidenze.

Il testimone è poi torNato sull’arresto del gen. Miceli ed ha parlato di altri ufficiali che erano stati ai vertici del SISDE.

Ha riferito che Marcello Soffiati, importante esponente di gruppi estremisti nazifascisti di Verona, era legato a Spiazzi ed aveva delle relazioni con militari statunitensi; quando egli lo interrogò, gli disse anche di avere ricevuto forniture di armi.

Va ricordato che, sul punto sono state prodotte tre sentenze relative alla figura di Marcello Soffiati e alla vicenda del processo del c.d. Poligono di Tiro a segno del Lido di Venezia (si tratta della sentenza Corte Assise Venezia del 9.12.1988; Corte Assise Appello di Venezia del 8.11.1981; Corte di Cassazione, sez. I, del 12.10.1993), nonché ulteriori sentenze (sentenza del Tribunale di Verona del 29.1.1975; sentenza della Corte d’Appello di Venezia III Sezione del 17.11.1976; Suprema Corte del 31.3.1976), relative ad un precedente episodio di sequestro di armi ed esplosivi nei confronti dello stesso Soffiati.

Sono state, altresì, prodotte una tessera dell’affiliazione del Soffiati alla Massoneria di Rito Scozzese e, infine, una piantina relativa alla struttura militare di Camp Derby (documenti che furono trovati in possesso del predetto nell’ambito del processo sopra citato).

A specifica domanda, Tamburino ha riferito che la struttura fondamentale del SID, centrale e periferica, era formata da Carabinieri, anche se vi erano altri generali delle forze armate. L’organizzazione oggetto della sua indagine era, invece, un’organizzazione mista: a fianco dei militari, vi erano dei civili e condividevano un comune programma eversivo.

All’interno di tale struttura, vi era come una sorta di organizzazione parallela, che non corrispondeva totalmente alla gerarchia ufficiale, i cui componenti erano uniti dalla condivisione di una precisa finalità di ottenere determinati obiettivi politici. Si trattava di un mondo composito e complesso, in cui vi era tra le varie componenti un minimo comune denomiNatore molto stretto, anche se ciò non impediva vi fossero delle divergenze.

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Quanto alle modalità con cui aveva appreso le informazioni che aveva fornito, Vettore gli disse che aveva ricevuto una o due lettere, cosa che lo lasciò perplesso, perché appare difficile pensare che certe informazioni venissero fornite attraverso una lettera spedita in carcere. Il giudice ha aggiunto che ebbe l’impressione che si trattasse di un modo ulteriore per essere ritenuto attendibile, come a dire che avesse a disposizione anche una prova scritta.

Egli chiese anche a Vettore perché avessero riferito a lui determinate cose ed egli rispose che di lui si fidavano, in quanto aveva fatto molte cose con il gruppo Ordine Nuovo.

Infine, il testimone ha riferito che in seguito il Vettore venne accoltellato in carcere e che si trattò di un’aggressione in cui rischiò la vita; egli pensò che avessero voluto ucciderlo per le rivelazioni che aveva fatto. Come emerge dalla sentenza della Corte di Assise di Bologna del 1988, gli aggressori furono quattro uomini incappucciati, che non vennero mai identificati.

Quintino Spella, ufficiale del corpo dei Carabinieri, fu il capo centro del SISDE di Padova dal 15 agosto del 1979 al 28 febbraio 1994. Egli è deceduto prima dell’emissione del D.D.G. in questo processo, ove era imputato per il delitto di cui all’art. 375, commi I, lett. b, 3 e 7 c.p.

Sono stati acquisiti ai sensi dell’art. 512 c.p.p. il verbale di s.i.t. rese dallo stesso in data 25.1.2019 e il verbale di confronto con il dott. Tamburino eseguito il 14.5.2019. Inoltre, è stato acquisito ai sensi dell’art. 238, co. 3, c.p.p. il verbale di s.i.t. rese dallo stesso Spella in data 24.2.2003 nell’ambito delle indagini sulla strage di Brescia (in particolare, egli venne interrogato sulla figura di Nessenzia).

Nel corso del confronto svolto in data 14.5.2019 Spella ha addirittura negato di avere incontrato Tamburino nel luglio e nell’agosto 1980 e comunque di avere mai parlato di questioni professionali con detto giudice. Ha affermato essere impossibile che il giudice lo avesse contattato telefonicamente, perché all’epoca vi era un protocollo di sicurezza rigido, per cui il suo numero di telefono era segreto.

Per vero una simile affermazione è superabile, non avendo il giudice mai riferito di avere telefoNato all’ufficiale, bensì che fece da tramite tra loro il ten. colonnello Azzolin, potendo essere che fosse stato quest’ultimo a contattare Spella; d’altra parte, gli ulteriori incontri tra il giudice e l’ufficiale avvennero di persona e fu sempre Spella a recarsi presso l’ufficio del primo.

Quelle di Quintino Spella furono dichiarazioni inattendibili, dovendo, invece, attribuirsi alla deposizione del dott. Tamburino la massima credibilità, essendosi la stessa dimostrata lucida, equilibrata e trovando ulteriori riscontri nelle annotazioni rinvenute negli appunti e nell’agenda del Giudice dell’epoca, che riguardarono proprio gli incontri con l’ufficiale. Si noti come il giudice Tamburino abbia rigorosamente conservato negli anni questi documenti, apparentemente inutili, quasi mosso da premonizione che un giorno sarebbero diventati decisivi elementi di prova.

Vettore Presilio Luigi fu interrogato più volte dagli inquirenti fornendo dettagli sulle confidenze ricevute in carcere circa l’attività ed i propositi di un gruppo di estrema destra riconducibile ad Ordine Nuovo (Vettore Presilio venne sentito sia dalla Procura della Repubblica di Bologna, sia dal Giudice Istruttore).

Egli è deceduto e sono stati acquisiti i verbali delle dichiarazioni rese nel procedimento relativo alla strage del 2 agosto 1980. Non fu assunta, invece, la testimonianza del dott. Tamburino, il quale tuttavia, inviò ai magistrati della Procura di Bologna una relazione datata 6 agosto 1980, nella quale riportò quanto Vettore gli aveva confidato in quell’incontro.

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È stato acquisito al processo il verbale delle dichiarazioni rese in data 27.8.1980 davanti al G.I. Claudio Nunziata da Franco Tosello, all’epoca avvocato di Vettore Presilio, ora deceduto.

Il teste confermò che, nel corso di un colloquio in carcere nel giugno 1980, Vettore Presilio gli disse che doveva parlargli di una cosa molto importante, un attentato di natura terroristica di cui aveva avuto conoscenza, che sarebbe avvenuto ai danni del giudice Calogero o Stiz. Subito non diede peso alla cosa e invitò il detenuto a scrivergli. Nei giorni successivi gli telefonò in studio una persona, che non si qualificò, dicendogli che avrebbe versato un fondo spese di lire 1.000.000 per il processo del Vettore, senza chiarire la ragione di ciò. Il 20.6.1980 si recò presso il suo studio la figlia di Vettore Presilio, la quale versò la somma di L. 500.000 e disse all’avvocato che suo padre aveva urgenza di parlargli.

Egli si recò in carcere all’inizio di luglio 1980 e Vettore gli confermò di essere a conoscenza di gravi fatti di terrorismo. Parlò dapprima di un attentato ai giudici Calogero o Stiz ma, alle sue domande di chiarimento, parlò del giudice Stiz, affermando che Calogero, finché seguiva il processo contro gli autonomi, non aveva nulla da temere, mentre per quanto riguardava Stiz, l’attentato era stato programmato in modo tale che non potesse vivere la soddisfazione per l’imminente conferma della condanna di Preda e Ventura in appello.

Precisò che era già in corso la predisposizione di un’Alfetta che apparisse un’automobile in uso ai carabinieri. Non volle dare ulteriori precisazioni e precisò soltanto che aveva avuto tali informazioni per lettera e, alla sua richiesta di vederla, Vettore disse di averla distrutta.

L’avvocato partecipò poi all’incontro tra Vettore e Giovanni Tamburino presso lo studio di quest’ultimo. Nell’occasione sostanzialmente Vettore Presilio disse le cose riferite dal dott. Tamburino, ribadendo che era in atto la preparazione di un attentato contro il giudice Stiz ed aggiungendo che si sarebbe verificato anche un altro fatto eclatante, di cui avrebbero parlato televisione e giornali. Specificò che si trattava di un attentato e che sarebbe stato compiuto dalle stesse persone che lui conosceva. Nell’occasione Vettore chiese di potere fruire della libertà provvisoria facendo anche intendere che in tale condizione avrebbe potuto far acquisire ulteriori informazioni, in virtù dei suoi contatti.

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