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Oblio oncologico, come ottenere il certificato #adessonews


Con la Legge 7 dicembre 2023, n. 193 si stabiliva il divieto di richiedere al consumatore o ai richiedenti l’adozione di minori, informazioni sullo stato di salute relative a patologie oncologiche pregresse, trascorsi dieci anni dal trattamento attivo in assenza di recidive o ricadute della malattia, ovvero cinque anni se la patologia era insorta prima del ventunesimo anno di età. Con il decreto del Ministero della Salute del 5 luglio 2024 si stabiliscono le modalità di rilascio della certificazione.

Avevamo già avuto modo di evidenziare la portata innovativa della L 193/2023 (“Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche”) con la quale l’Italia ha fatto un passo in avanti nel rispetto dei diritti delle persone guarite da tumori o altre patologie oncologiche.

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Ora è possibile concretamente chiedere il rilascio del certificato di oblio oncologico grazie al Decreto 5 luglio 2024 (testo in calce) del Ministero della Salute pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 luglio.

Come si ottiene il certificato di oblio oncologico

Per esercitare il diritto all’oblio oncologico inteso come il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica, per l’accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, in sede di indagini sulla salute dei richiedenti un’adozione e per l’accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale, l’interessato, già paziente oncologico, può presentare un’apposita istanza, debitamente documentata, ad una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata, ad un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale nella disciplina attinente alla patologia oncologica di cui si chiede l’oblio, al medico di medicina generale oppure al pediatra di libera scelta.

Oltre ai dati anagrafici, è necessario fornire la documentazione medica relativa alla richiesta di oblio, utilizzando il modello di cui all’Allegato I  (testo in calcedel DM del 5 luglio 2024 che è corredato dell’informativa relativa al trattamento dei dati personali, che potrà quindi essere utilizzata dagli operatori sanitari che rendono all’interessato le informazioni di cui all’art. 13 del regolamento (UE) 2016/679 (GDPR).

GDPR e Normativa Privacy CommentarioGDPR e Normativa Privacy Commentario, di Belisario Ernesto, Riccio Giovanni M., Scorza Guido, Ed. IPSOA, 2022. Il volume offre il commento dei singoli articoli del Regolamento n. 2016/679/UE, integrato con le norme del decreto di adeguamento della normativa nazionale (d.lgs. n. 101/2018).
Scarica gratuitamente l’estratto

Il certificato di oblio oncologico deve essere redatto usando l’Allegato II  (testo in calcee deve contenere l’indicazione del nome, del cognome, del luogo e della data di nascita, del codice fiscale e della residenza dell’interessato, senza ulteriori informazioni relative alla tipologia di patologia sofferta o ai trattamenti clinici effettuati. Viene rilasciato entro trenta giorni dalla richiesta se sussistono, a giudizio della struttura o del medico certificante, i presupposti temporali (decennali  o quinquennali) richiesti dalla legge n. 193 del 2023 e quelli previsti nei successivi decreti attuativi della medesima  legge con i quali sono indicati, per specifiche patologie oncologiche, termini inferiori di guarigione. Il rilascio della certificazione non comporta oneri per il richiedente.

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Per quanto concerne il periodo di conservazione, l’istanza ed i relativi allegati sono cancellati trascorsi dieci anni. Stesso termine deve essere osservato dai soggetti deputati a ricevere la certificazione di oblio oncologico, i quali devono procedere alla cancellazione della  stessa trascorsi dieci anni.

La Legge n. 193 del 7 dicembre 2023 ha stabilito che le indagini effettuate dal Tribunale per i minorenni per selezionare, tra le coppie che hanno presentato domanda di adozione, quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore, non possono riportare informazioni relative a patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute, o più di cinque anni se la patologia è insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età. La regola vale anche in caso di adozione di minori stranieri.

Limiti all’accesso alle informazioni su patologie oncologiche

Per quanto riguarda l’accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, la legge ha vietato la richiesta di informazioni relative allo stato di salute del contraente (persona fisica) concernenti patologie oncologiche da cui sia stato precedentemente affetto e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni. Se il soggetto aveva meno di ventuno anni al momento in cui è insorta la patologia, questo periodo è ridotto a cinque anni. Non è possibile assumere informazioni concernenti le patologie oncologiche pregresse neanche da fonti diverse dal contraente e, se l’operatore o l’intermediario le hanno per qualche motivo già a disposizione, non possono utilizzarle per la determinazione delle condizioni contrattuali. Ciò riguarda la stipulazione o il rinnovo dei contratti relativi a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi o, comunque, di ogni altro tipo di contratto, anche esclusivamente tra privati, quando, al momento della stipulazione del contratto o successivamente, le informazioni potrebbero influenzarne condizioni e termini. Inoltre, le banche, gli istituti di credito, le imprese di assicurazione e gli intermediari finanziari e assicurativi devono fornire adeguate informazioni relativamente all’oblio oncologico, facendone anche menzione nei moduli o nei formulari appositamente predisposti e utilizzati per la stipulazione e il rinnovo dei contratti.

Tali obblighi informativi vanno osservati in tutte le fasi di accesso a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, anche nella fase delle trattative precontrattuali, in quella della stipulazione o del rinnovo dei contratti. È, infine, espressamente vietato agli istituti di credito, alle imprese di assicurazione e agli intermediari finanziari e assicurativi di richiedere l’effettuazione di visite mediche di controllo e di accertamenti sanitari per la stipulazione dei contratti.

Per quanto concerne i contratti bancari e assicurativi già in essere, spetta al contraente attivarsi tempestivamente, inviando alla banca, all’istituto di credito, all’impresa di assicurazione o all’intermediario finanziario o assicurativo, mediante raccomandata con avviso di ricevimento o posta elettronica certificata, la certificazione di oblio oncologico.

Una volta ricevuta la certificazione, gli operatori hanno trenta giorni per procedere alla cancellazione delle informazioni.

La legge prevede che non è consentito l’utilizzo delle informazioni già fornite precedentemente, concernenti le patologie oncologiche pregresse ai fini della valutazione del rischio dell’operazione o della solvibilità del contraente ove sia decorso il termine stabilito per l’oblio oncologico.

Per quanto concerne le informazioni su un’eventuale pregressa patologia oncologica del lavoratore, il datore di lavoro non può chiedere, sia in fase selettiva sia in costanza di rapporto di lavoro, nella fase preassuntiva, qualora sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, dati concernenti patologie oncologiche da cui gli interessati siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data di richiesta o cinque anni, ove la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età dell’interessato.

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In ogni caso, sia nella fase preassuntiva che nella fase successiva all’instaurazione del rapporto di lavoro, resta salvo il rispetto delle norme nazionali più specifiche (art. 88 e cons. 155 del Regolamento) e, in particolare, delle disposizioni che vietano al datore di lavoro di acquisire, anche a mezzo di terzi, e trattare informazioni su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore (cfr. art. 113 del Codice, che richiama l’art. 8 della L. 20 maggio 1970, n. 300 e l’art. 10 del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276). Ciò comporta, quindi, che in tale contesto il datore di lavoro di regola non può conoscere le specifiche patologie sofferte dall’interessato sia in precedenza che in costanza di rapporto di lavoro.

In tale quadro e in coerenza con le disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, il medico competente è, per legge, l’unico legittimato a trattare in piena autonomia e competenza tecnica i dati personali di natura sanitaria indispensabili per tutelare la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro, non potendo informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi del lavoratore essere in alcun modo trattate dal datore di lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, spec. art. 41; documento di indirizzo del 13 maggio 2021 “Protezione dei dati – Il ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale”, doc. web n. 9585367) In generale, nella ordinaria gestione del rapporto con il dipendente, il datore di lavoro è legittimato ad acquisire documentazione relativa all’́effettuazione di visite mediche, prestazioni specialistiche o accertamenti clinici, quando il dipendente richiede di usufruire di permessi per le assenze dal servizio correlate a tali esigenze o quando chieda il riconoscimento di benefici di legge legati a particolari condizioni di salute degli interessati (tra i quali, anche familiari e conviventi del lavoratore). Tale documentazione, che il dipendente, in base alla legge e nei casi previsti dalla contrattazione collettiva di settore, è tenuto a produrre, non deve comunque recare informazioni diagnostiche, né la specifica prestazione sanitaria effettuata o altri dettagli da cui sia possibile risalire alla patologia sofferta (ad esempio, lo specifico reparto della struttura sanitaria che ha erogato la prestazione, la specializzazione del medico, la terapia farmacologia etc.). In tale quadro, pertanto, il datore di lavoro, ai fini della giustificazione dell’assenza dal servizio del lavoratore per l’effettuazione di una qualunque prestazione specialistica (anche relativa a eventuali patologie oncologiche), è legittimato all’acquisizione del documento che attesta la sottoposizione a una prestazione sanitaria specialistica senza l’indicazione o riferimenti a informazioni da cui sia possibile risalire al tipo di prestazione sanitaria ricevuta e/o alla patologia sofferta.

Resta salvo che, ove dalla documentazione prodotta dal dipendente tali dettagli informativi risultino presenti, il datore di lavoro, salva la conservazione del documento in base agli obblighi di legge, dovrà astenersi dall’utilizzare tali informazioni per altre finalità, nel rispetto dei principi di protezione dei dati (art. 2-decies del Codice privacy).

Al Garante per la protezione dei dati personali la vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di oblio oncologico (art. 5, comma 4 della Legge 7 dicembre 2023, n. 193) sia con riferimento ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici che da soggetti privati. 

>> Leggi anche:

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