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tutti i comuni potranno applicare la “city tax” #adessonews


Non soltanto le città di maggiore rilevanza turistica, ma tutti i Comuni potranno richiedere ai visitatori l’imposta di soggiorno. È quanto prevede l’intesa stretta tra il presidente dell’Anci Roberto Pella, la ministra del Turismo, Daniela Santanchè e il viceministro all’Economia Maurizio Leo, nell’ambito della riforma della “city tax”. La misura, all’esame del Governo in vista della legge di Bilancio 2025, ha l’obiettivo di estendere a tutta Italia la possibilità di applicare un contributo ai turisti in visita nelle città, anche senza pernottamento.

La tassa di soggiorno

Come ricorda Agi, la tassa di soggiorno sui turisti viene applicata ad oggi da poco più di 1.200 città d’arte e con maggiore affluenza turistica, sui 7.900 Comuni italiani, con un importo che varia a seconda della tipologia della struttura ricettiva da un minimo di 1 a un massimo di 8 euro a notte, per un gettito che si aggira attorno ai 700milioni di euro.

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La revisione della normativa sul tavolo del ministero del Turismo e del Mef, da inserire nella prossima Manovra, prevede tra i criteri principali l’allargamento anche alle città più piccole della platea di amministratori che possono applicare l’imposta, come da accordo raggiunto tra i dicasteri competenti e l’Associazione nazionale dei comuni italiani.

“Le parti – si legge in una nota al termine dell’incontro – hanno convenuto la necessità di uniformare e semplificare la disciplina su tutto il territorio nazionale e di renderla applicabile a tutti i comuni su base volontaria”.

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“Al centro del confronto – si spiega – il tema di far diventare l’imposta di soggiorno imposta di scopo per restituire soldi al settore del turismo, garantendo gli ambiti e la possibilità, come richiesto da Anci, di destinare l’imposta anche a decoro urbano e sicurezza; sarà convocato per questo la prossima settimana un tavolo tecnico. Al tempo stesso il tavolo studierà le fasce di prezzo per rendere l’imposta proporzionale al costo della stanza e pagabile a persona”.

Come spiegato dal viceministro all’Economia, Maurizio Leo, “l’intenzione è razionalizzare gli oneri dichiarativi a carico degli albergatori e allo stesso tempo permettere ai comuni di effettuare i controlli sulla componente finanziaria. Sono necessarie regole uniformi su tutto il territorio nazionale”.

“L’industria del turismo è importante per il Pil e anche per i comuni e i soldi vanno quindi rilasciati sul settore – ha commentato la ministra del Turismo, Daniela Santanchè – Non dobbiamo far vivere ai residenti il turismo come una minaccia ma come un’opportunità. Non dobbiamo essere ideologici quando ci sediamo al tavolo per trovare soluzioni. Noi cerchiamo di distribuire meglio questa imposta”.

“Apprezziamo la decisione di ampliare la platea a tutti i comuni perché è giusto dare opportunità a tutti. Condividiamo il tema della semplificazione e trovare garanzie per tutelare gli albergatori e i Sindaci”, ha aggiunto infine il presidente Anci, Roberto Pella.

Le reazioni dell’associazioni dei consumatori

L’allargamento della possibilità di applicare la tassa di soggiorno non trova però il favore delle associazioni dei consumatori: “No a una generica estensione della tassa di soggiorno a tutti i Comuni. Se si spremono in questo modo i turisti, senza una strategia e una logica, se ne andranno sempre più all’estero, soprattutto gli italiani”, ha dichiarato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionali consumatori.

“Non si può aumentare una tassa a casaccio! Lasciare la palla ai Comuni, da sempre pronti a fare cassa e a caccia di soldi, tanto più quando non devono tassare i loro concittadini – ha concluso Dona – non vuol dire avere una strategia ma solo lavarsene le mani come Ponzio Pilato”.

Contrario anche il Codacons: “I turisti non possono essere usati come bancomat dai Comuni per prelevare soldi in assenza di certezze circa il reale utilizzo dei proventi della tassa di soggiorno” sostiene l’associazione.

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