Come più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa, l’attività assoggettata a CILA, a differenza di quella che presuppone la SCIA, non è sottoposta ad un controllo da parte della pubblica amministrazione, da esercitarsi secondo procedure formali ed entro tempistiche perentorie. Deve piuttosto, per la sua natura privatistica, essere soltanto portata a conoscenza dell’autorità preposta, affinché quest’ultima possa verificare se le opere dichiarate importino effettivamente un impatto contenuto sul territorio. Consegue a tale impostazione, ampiamente condivisa dalla giurisprudenza di settore, che il ricorso avverso l’atto della Pubblica Amministrazione, in caso di CILA respinta da quest’ultima, data la natura della stessa comunicazione di inizio lavori asseverata, sia carente d’interesse.
Il T.A.R. Campania, Salerno, con la sentenza numero 1483 del 15 luglio 2024, ha ribadito che la proposizione di un’impugnazione avverso il provvedimento con il quale la pubblica amministrazione abbia assunto una posizione decisoria rispetto ad una comunicazione di inizio lavori asseverata, è inammissibile, tanto dal punto di vista ontologico che procedimentale, in quanto l’atto amministrativo (inibitorio o declinatorio) avverso cui il ricorso viene proposto dev’essere considerato inesistente (Consiglio di Stato, 23 aprile 2021, n. 3275; T.A.R. Campania, Napoli, 3 maggio 2022, n. 3026).
CILA respinta dalla Pubblica Amministrazione: la vicenda processuale
Con ricorso ritualmente notificato, l’istante agiva per l’annullamento, o per la declaratoria della nullità, previa sospensione, della nota con la quale il responsabile dell’Area tecnica edilizia privata del Comune di Positano aveva dichiarato “irricevibile” e, comunque, “improcedibile” la Comunicazione d’inizio lavori asseverata inoltrata da ricorrente, disponendone contestualmente l’archiviazione o, quantomeno, la sospensione, sino al comprovato ripristino delle condizioni di legalità che, ad avviso della pubblica amministrazione intimata, risultavano violate dalla parte interessata.
La nota impugnata affermava, in particolare, che, a differenza di quanto esposto nel progetto originariamente assentito, il compendio immobiliare interessato dai lavori di manutenzione straordinaria oggetto della CILA respinta dalla Pubblica Amministrazione era costituito, non da una, ma da due distinte unità immobiliari, ed era, inoltre, ricompreso in un edificio che, per effetto delle opere dichiarate, risultava modificato nell’assetto esteriore, con evidente alterazione dei prospetti, realizzazione di una scala di accesso al livello superiore e di un pergolato, tutti implicanti la necessità di distinto titolo abilitativo.
Nel contestare tale determinazione dell’Area tecnica del Comune, il ricorrente assumeva che essa fosse stata assunta in difetto assoluto del necessario potere amministrativo presupposto, normativamente tipizzato, di diniego e/o inibitoria della CILA.
Incardinato il giudizio, nella contumacia del resistente, la causa veniva, a seguito di udienza pubblica di discussione, trattenuta in decisione.
Le valutazioni del giudice amministrativo
Il T.A.R. Campania, nel respingere il ricorso dichiarandolo inammissibile, ha riepilogato i principi ampiamente condivisi dalla giurisprudenza amministrativa in merito ai poteri di controllo da parte della pubblica amministrazione, rispetto alla comunicazione di inizio lavori asseverata presentata dal privato che si accinga all’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria o, comunque, sottese a tale regime amministrativo.
Per comprendere appieno il ragionamento seguito dal giudicante campano, appare opportuno riportare un passaggio saliente della pronuncia: “(…) mentre in materia di SCIA sussiste una disciplina che postula espressamente l’applicazione dei requisiti procedurali e sostanziali di cui all’art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, la legge non contiene disposizioni simili in ordine alla CILA, venendo in rilievo con riferimento a quest’ultima un’attività non solo libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest’ultima, non sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. Pertanto, la CILA non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento, da parte dell’amministrazione comunale, sebbene a quest’ultima non sia precluso il potere di controllare la conformità dell’immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 14 dicembre 2020, n. 1935).”
La CILA come atto privo di valore provvedimentale
Consegue a queste osservazioni, la considerazione ulteriore per la quale l’atto con il quale l’amministrazione comunale abbia respinto (archiviandola, dichiarandola improcedibile, irricevibile o, comunque, improponibile) una CILA, presentata per l’effettuazione di opere determinate, non ha valore provvedimentale, quanto, piuttosto, di semplice avviso, non dotato di esecutorietà e di forza inibitoria rispetto alla regolarità, o irregolarità, delle opere oggetto di comunicazione.
Trattandosi di comunicazione afferente ad attività di edilizia libera, e non essendo legislativamente previsto che il Comune debba riscontrare le comunicazioni aventi tale natura con propri provvedimenti, di assenso o di diniego, è evidente, ad avviso del T.A.R. Campania l’inesistenza di un atto amministrativo in senso stretto che sia possibile impugnare autonomamente.
Non esistendo giuridicamente un atto della pubblica amministrazione capace di produrre effetti, inibitori o assentivi che siano, nella sfera giuridica del privato, dunque, non può logicamente sussistere neanche un interesse giuridicamente apprezzabile di quest’ultimo alla proposizione di un ricorso avverso una mera comunicazione, dal valore puramente dichiarativo, prodotta, eventualmente, dalla pubblica amministrazione.
Ricorso inammissibile, dunque, e spese di lite compensate in ragione della particolarità della fattispecie trattata.
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