Hanno nomi fantasiosi o bene-auguranti – da Sinfonia a Celtiko, da Forte a Felice – e promettono rese abbondanti ma soprattutto resistenza alle malattie – Brusone in primis – e in qualche caso anche alla siccità, grazie ad apparati radicali particolarmente sviluppati e alla capacità di bloccare l’evotraspirazione, chiudendo gli stomi non appena l’acqua inizia a scarseggiare. Sono i nuovi risi – o almeno alcuni di essi – in prova presso il Crea di Vercelli e mostrati al pubblico durante l’Open Day svoltosi lunedì 9 settembre. Una giornata che l’istituto di ricerca ha voluto dedicare completamente alla risicoltura, con la visita ai campi varietali, dove le cultivar restano in test per due anni prima della registrazione, e a seguire con un approfondimento scientifico sulle patologie del riso, con Fusariosi e nematodi in primo piano. A chiudere la manifestazione, partecipata da risicoltori ma anche da tanti tecnici pubblici e privati, i test messi in campo dalle aziende private, come Corteva e Syngenta, e dall’Ente Nazionale Risi.
Nuove varietà
Una ventina i nuovi risi testati dal Crea all’interno della Rete Varietale Riso, in collaborazione con Ente Risi. Si va dai precoci come Apollo Gold, Felice, Furbo, Sinfonia, Corsa e Celtico, ai medi e tardivi (Fortunato, Aivori, Chirone, Grecale, Paganini, Stradivari, Otto, Fiero, Forte, Zar, Sibilla, Ires 1172 e Ires 1117). Con i primi che, grazie a una semina procrastinabile fino a fine maggio, consentono di combattere il riso Crodo con la falsa semina, risultando comunque produttivi, e i secondi che bilanciano la difficoltà di contenimento del crodo con una buona resistenza a siccità e Brusone e soprattutto con un’elevata produttività. Che raggiunge, per una cultivar come Fortunato, le 350 spighe per metro quadrato contro le 200-250 di un riso comune, per fare un esempio.
Sono soprattutto rusticità e resistenza alle malattie, tuttavia, gli obiettivi principali dei costitutori. Risi adatti a ogni terreno, in grado di sopportare settimane senz’acqua e soprattutto di superare indenni o quasi i ricorrenti attacchi di patogeni. A iniziare dal principale, che è ovviamente il Brusone.
Fusariosi e nematodi
C’è però una minaccia in costante crescita negli ultimi anni ed è rappresentata dalla fusariosi, in particolare nel ceppo Fujikoroi, che è in grado di provocare il cosiddetto Bakanae (pianta sciocca, dal giapponese), ovvero la malattia conclamata, che si manifesta con ingiallimento e allungamento anomalo della pianta in caso di attacco precoce o con la formazione di un micelio bianco-rosaceo per attacchi tardivi. Lo ha precisato Davide Spadaro, del Disafa di Torino, che ha studiato a lungo le centinaia di ceppi fungini della specie Fusarium, arrivando a isolare l’unico in grado di dare sintomi gravi e danni alla produzione: il Fujikoroi, per l’appunto.
«La gravità dell’attacco è condizionato dalla sua profondità, dalla stagionalità e anche dalle temperature. Infezioni superficiali non danno luogo al Bakanae, che è dovuto all’infezione endofitica. Temperature inferiori ai 30 gradi, inoltre, possono trasformare l’allungamento del culmo in una crescita stentata della pianta, mentre l’infezione tardiva non determina allungamento ma formazione del micelio bianco-rosaceo», ha ricordato il relatore, precisando che il principale sistema di difesa, la concia del seme, è ostacolato dalla scomparsa dei principi attivi. «Soluzioni alternative sono un trattamento fisico con calore, l’uso di biofungicidi come alcuni lieviti o di endofiti estratti dalla pianta stessa».
Un’altra minaccia in costante crescita è data dai nematodi, organismi talmente diffusi da avere un proprio Phylum tassonomico. «Essendo parassiti diffusi in aree tropicali, interessano fortemente il riso», ha precisato Stefano Sacchi, del Servizio Fitosanitario regione Lombardia, aggiungendo che le mentre le varietà originarie asiatiche hanno trovato forme di convivenza con i nematodi, quelle sviluppate in Occidente sono molto più sensibili, al punto che alcuni di essi, una volta diffusi nel terreno della risaia, rendono impossibile la coltivazione i. È il caso del Meloidogyne Graminicola, attualmente presente in provincia di Pavia. Si tratta di un nematode che in caso di infestazione obbliga a una serie di interventi correttivi, che vanno dall’allagamento continuo della risaia alla distruzione e successiva risemina della coltura per ridurre il numero di uova presenti nelle piante (coltura-trappola). «Accorgimenti – ha spiegato Sacchi – che permettono di passare da un livello di infestazioni pari a 9 a un livello 1 o 2 che permettono la coltivazione del riso, impossibile a partire dal livello 5».
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