E’ tornato davanti alla sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale civile di Milano, presieduta da Angelo Mambriani, sull’azione inibitoria contro l’ex Ilva presentata da 11 cittadini aderenti all’associazione Genitori Tarantini tra cui un bambino di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica. Il procedimento, che era stato temporaneamente sospeso dopo la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia Europea per porre alcuni quesiti concernenti l’interpretazione della legislazione europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane, è ripreso perché come si ricorderà, la stessa Corte di Lussemburgo si è pronunciata nel merito il 25 giugno scorso. Nell’udienza si è discusso anche dell’ammissibilità della class action risarcitoria avanzata da 136 cittadini (tra cui i promotori dell’azione inibitoria). Entrambi i ricorsi sono stati presentati gli avvocati Ascanio Amenduni e Maurizio Rizzo Striano.
Su richiesta del Tribunale di Milano, la Corte aveva infatti stabilito che in presenza di “pericoli gravi per l’ambiente e la salute umana” l’attività dell’ex Ilva – dal 31 luglio ufficialmente in vendita – “deve essere sospesa”. L’ultima parola spetta comunque ai giudici lombardi. Per la Corte Ue, la previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria ex Ilva deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti da tale direttiva. E nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. In caso di pericoli gravi e rilevanti – hanno puntualizzato i giudici – per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso.
I cittadini ricorrenti chiedono innanzitutto la “cessazione delle attività dell’area a caldo” dell’ex Ilva, la “chiusura delle cokerie, l’interruzione dell’attività dell’area a caldo fino all’attuazione delle prescrizioni” dell’Aia e la “predisposizione di un piano industriale che preveda l’abbattimento delle emissioni di gas serra di almeno il 50%”.
Davanti al giudice Mambriani la proprietà dell’azienda ha ribadito di aver rispettato tutte le regole, mentre i ricorrenti hanno chiesto i termini per presentare memorie e atti per ribadire la necessità di mettere ‘in sicurezza’ Taranto. L’udienza è stata quindi rinviata al prossimo 6 febbraio del 2025 per dare il tempo alle parti – dicono i giudici – di studiare e depositare nuovi documenti, anche per la questione legata ai risarcimenti, quando non arriverà comunque la decisione del giudice.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2024/06/25/sullex-ilva-valutare-impatto-sanitario/)
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