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“L’evasione si paga”: il governo annusa il flop del concordato e lancia lo spot per convincere le partite Iva. Ma i controlli non aumenteranno #finsubito prestito immediato


La preoccupazione del governo per il destino del concordato preventivo biennale tra fisco e partite Iva è sempre più evidente. Nonostante lo sconto sulle tasse da pagare e la possibilità di sanare il pregresso, i commercialisti ritengono che un flop sia inevitabile in assenza di una proroga del termine per l’adesione, fissato per il 31 ottobre. Il viceministro con delega al fisco Maurizio Leo ha le mani legate: i dati sul gettito aggiuntivo servono al più presto, visto che Lega e Forza Italia sperano in quei soldi per finanziare una serie di interventi che non hanno trovato spazio nel ddl di Bilancio per mancanza di coperture. Dall’allargamento della flat tax alla riduzione dell’aliquota Irpef mediana. Lista a cui Antonio Tajani ha appena aggiunto pure l’ennesimo rinvio della sugar tax.

Così, all’ultimo minuto, qualcuno al ministero dell’Economia si è convinto che la campagna di comunicazione lanciata il 10 ottobre – “Conviene a te, conviene allo Stato” – non bastava. E due giorni fa il Tesoro ha sfornato un nuovo spot. Stavolta al centro c’è la lotta all’evasione fiscale: il protagonista è un giovane uomo di eleganza pacchiana che si siede al ristorante e ordina ostriche, tagliolini al tartufo e aragosta annaffiati da champagne “tanto non paga lui, paghi tu”. Poco dopo colui che “non dichiara niente e vive sulle spalle degli altri” si trova fuori dalla porta di casa due finanzieri. Claim: “L’evasione fiscale si paga. Da oggi ancora più controlli e sempre meno evasori”.

Un bel salto, in apparenza, rispetto alle sparate su “pizzo di Stato” e necessità della pace fiscale per salvare gli italiani “ostaggio dell’Agenzia delle Entrate”. Ma sul tema l’esecutivo ha mostrato fin dall’inizio un doppio volto: da un lato i condoni e le dichiarazioni che strizzavano l’occhio a chi vede le tasse come una sorta di abuso, dall’altro la conferma delle strategie contro il nero messe in campo dai predecessori, a partire dall’utilizzo massivo delle informazioni contenute nell’Archivio dei rapporti finanziari per l’analisi del rischio evasione.

Che c’entra il concordato? La misura voluta da Leo che offre ad autonomi e piccole imprese – categorie con una propensione a evadere vicina al 70% – la possibilità di accordarsi con le Entrate sulle tasse da pagare per gli anni 2024-2025 (solo il 2024 per quelli che applicano la flat tax) in cambio, sulla carta, di minori accertamenti. Che invece dovrebbero concentrarsi su chi rifiuta. Ecco il motivo del messaggio pubblicitario, che promettendo più controlli punta a convincere gli indecisi dando a intendere che se non accettano la proposta del fisco: il decreto attuativo della delega fiscale che disciplina il concordato prevede del resto che chi rifiuta sia inserito in liste selettive di contribuenti da controllare. Il problema è che l’amministrazione finanziaria, che resterà sotto organico nonostante il piano di assunzioni in corso, non ha sufficiente personale per dar seguito alla “promessa”. Come rilevato dalla Corte dei Conti, non riesce ad andare oltre volumi di accertamento “modesti tenuto conto dell’ampiezza e numerosità dei fenomeni evasivi che interessano un elevato numero di soggetti”. L’anno scorso, per dire, la percentuale di partite Iva soggette alle pagelle fiscali si è fermata al 4,2%. Nei prossimi anni non è previsto alcun potenziamento: il Piano integrato di attività e organizzazione dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato a marzo, fissa come obiettivo per il 2024, 2025 e 2026 un totale di 320mila controlli sostanziali. L’anno scorso sono stati 358mila.

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