«L’illusione di un regno» sarà tradotto anche in tedesco. «Chi critica non ha idea di quanto lavoro ci sia dietro un romanzo»
Questa sera alle 18, al Twenty di Bolzano, il sindaco Renzo Caramaschi si presenterà nella sua veste di scrittore. Con dieci romanzi all’attivo pubblicati da Mursia, per la prima volta con l’editore altoatesino indipendente Gander Books vede sua opera tradotta in tedesco: «Die Illusion eines Reiches». «Presento il mio primo libro tradotto in tedesco: “L’illusione di un regno”, il decimo romanzo che ho scritto in italiano. A metà novembre, poi, uscirà l’undicesimo e sto già lavorando al dodicesimo, che sarà pubblicato nel 2026».
Sindaco, perché ha scelto proprio «L’illusione di un regno» per il debutto in tedesco?
«Perché è ambientato in queste zone e ritenevo che potesse suscitare particolare interesse nel lettore locale di lingua tedesca. Il romanzo è ambientato tra il 1347 e il 1350, durante la peste nera che anche a Bolzano ha dimezzato la popolazione in una settimana. Racconta la storia di Elisabeth di Carinzia, figlia di Ottone III Conte del Tirolo, divenuta regina di Sicilia grazie al matrimonio con Pietro II d’Aragona combinato dallo zio paterno per levarla di mezzo. Dopo la morte del marito, si ritrova con sei figli e uno in fasce ma senza denaro: manda un amico e il suo ex amato, Albert von Vellenberg, da Messina fino all’abbazia di Stams a recuperare la dote mai pagata. Durante il viaggio i due vengono rapinati e si salva solo una moneta, che arriverà a Elisabeth in punto di morte. L’idea del libro nasce grazie a Helmut Rizzolli, che per il mio compleanno nel 2021 mi ha regalato proprio quella moneta, ispirando la ricerca e l’intero romanzo».
La storia è una delle sue grandi passioni.
«La amo profondamente, in particolare quella locale. Molti dei miei romanzi, come “Il sigillo d’ambra” o “Di gelo e di sangue”, sono ispirati a episodi storici realmente accaduti in queste terre. Mi affascina come la vita degli individui comuni possa essere influenzata dai grandi eventi della Storia. In fondo, ciò che resta di noi è sempre appiattito dal tempo».
Quali sono i fili conduttori delle sue opere?
«Il riscatto sociale della povera gente torna spesso nei miei romanzi. Anche l’amore, che quasi mai finisce bene. Ad esempio, in “Ondulati orizzonti” racconto la storia di un ragazzo di Nova Ponente che si arruola nell’esercito di Napoleone e si innamora di una donna russa, ma finisce prigioniero in Siberia. Per scrivere quella parte, sono andato personalmente a Mosca nel 2019, durante il periodo di Natale. Durante il viaggio ho visitato una chiesa ortodossa che mi ha profondamente colpito: è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita».
Il prossimo romanzo su cosa verterà?
«Si intitolerà “Al di là del lago, nel vento” ed è una storia contemporanea, come “Le cicogne volavano basso”, l’unico altro mio romanzo ambientato ai giorni nostri. Avrà una trama complessa, tra mafia, droga e armi. Ho già steso parte della storia e se non sarò più sindaco dovrei riuscire a pubblicarlo nel 2026. Prima di concluderlo, però, ho una grande sfida personale: voglio scalare una montagna. Mi sto già allenando e a dicembre andrò a Yerevan, in Armenia, per mettere a segno questa impresa».
Quando trova il tempo per scrivere?
«Scrivo di notte, tra le 23 e l’una. Lavoro di getto, creando la storia quasi senza interruzioni e poi la rivedo in un secondo, terzo, quarto momento. Anche quando sono in consiglio comunale la mia mente, spesso, si sposta sul romanzo: sono multitasking. Ma scrivo a casa, mai in ufficio: lì sono troppo impegnato con il lavoro. La mattina mi alzo alle 5.15, battendo di dieci minuti la sveglia, e se sono pronto in tempo mi metto a correggere quanto scritto la notte prima, prima di prendere il “5” per il municipio».
L’autobus numero 5? Ma non ha l’auto blu?
«Sì, alla sera torno con quella, ma non mi faccio venire a prendere: l’autista non si alza mica all’orario mio! Ho l’abbonamento nel cappotto. Tra l’altro l’autobus a Bolzano è puntuale: da via Roen in dieci minuti sono in ufficio. Sono il primo che arriva: gli impiegati arrivano alle 7.30».
Il suo stile narrativo è influenzato da qualche autore?
«Ho una passione per Graham Greene e William Somerset Maugham, ma il mio stile tende al prolisso, esagero con gli aggettivi e le descrizioni. “Quella splendida giornata tra quei lucenti ghiacciai…”, poi a leggere passa la voglia e allora devo fare harakiri ed è dura, perché magari sono frasi belle che però con la storia non c’entrano niente».
Avrà un editor…
«No. Tutto quello che mando a Mursia lo pubblicano così com’è: al cento per cento made by Caramaschi. Titolo e foto di copertina inclusi. Non ho mai il coraggio di rileggere i miei libri quando sono stampati, ma prima li correggo trenta volte. Cancello, rileggo, sento se ad alta voce suonano bene e mai due volte la stessa parola in una pagina. Mi piace descrivere, ma i lettori vanno tutti di fretta: io tendo a soffermarmi sul pensiero, invece devo spostarmi sull’azione».
Come ha scoperto questa sua vena narrativa?
«Per caso. Una volta ero in vacanza a casa del maestro Claudio Abbado, caro amico, e leggevo un testo in cui Nabokov descriveva in modo sublime una finestra. Poco dopo mi colpì un maso con una porta e una vecchia serratura, così iniziai a descriverla. Mandai il testo a Wolftraud De Concini, scrittrice e traduttrice delle mie guide, e mi disse di continuare. Così è iniziato tutto e non mi sono più fermato».
Come reagisce la gente al suo lavoro di scrittore?
«Io sono molto critico, ma mi è capitato di ricevere una mail ancora più caustica: “Sindaco, smetta di scrivere romanzucoli e faccia il suo lavoro”. Risposi ironicamente che aspettavo di leggere il romanzo della sua acuta penna, ma la verità è che chi critica non ha idea di quanto lavoro ci sia dietro un romanzo».
Che rapporto ha con la fede?
«Sono più peccatore che credente. Ma credo che l’uomo abbia bisogno di aggrapparsi a qualcosa per dare un senso alla vita. A Voltaire, in punto di morte, chiesero di dire che il diavolo è il più grande nemico dell’umanità. Rispose: “non è il momento di farsi dei nemici”. Leggo molto, ho una libreria a tre strati, ma quando cerco un libro non lo trovo mica: lo compro di nuovo. Poi lo ricerco ed è sparito: è mia moglie che fa ordine».
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