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Banca d’Italia: focus su cqs, revolving e canale di distribuzione. Merchant hanno sofferenze più basse e modello di business più integrato #finsubito prestito immediato


Le banche che ricorrono a canali di distribuzione alternativi per la cessione del quinto e del credito revolving meritano l’attenzione delle autorità di vigilanza. Con un’eccezione: gli istituti che ricorrono ai merchant, cioè gli esercizi commerciali presso cui viene erogato il prestito per finalità di consumo. Un risultato rassicurante, “poiché questo canale viene spesso considerato particolarmente sensibile dal punto di vista della tutela della clientela e del rischio di sovraindebitamento delle famiglie”.

È quanto emerge dal n. 879 delle Questioni di economia e finanza della Banca d’Italia, dal titolo “Tipologie di credito al consumo e canali di distribuzione dei prestiti bancari alternativi agli sportelli. Evidenze dal sistema bancario italiano”.

Nel testo, in lingua inglese, Massimiliano Affinito, Federica Sabbi, Raffaele Santioni e Francesco Santorelli partono dal presupposto che la letteratura sulla finanza delle famiglie e sul credito al consumo, pur essendo ampia, presenti due lacune importanti nel periodo compreso tra il 2010 e il 2021: l’analisi di due specifiche tipologie di credito al consumo, cioè cessione del quinto e credito revolving, e l’analisi dei canali alternativi di distribuzione dei prestiti. E hanno deciso di indagare questi due ambiti per colmare il gap.

Il risultato è che non solo i merchant, conosciuti nel comparto anche come dealer, presentano un livello più basso di sofferenze, ma hanno anche un modello di business più integrato e un rapporto positivo con gli interessi attivi. E che l’entità dei reclami e del contenzioso è legato al tipo di prestito piuttosto che al canale di distribuzione.

I due ambiti di indagine

Gli analisti della Banca d’Italia si sono concentrati su due tipi di credito:

  • la cessione del quinto (prestiti cqs), che è garantita dal pegno del quinto dello stipendio o della pensione;
  • i prestiti revolving, che sono crediti flessibili, a tempo indeterminato, che consentono al cliente di utilizzare l’importo del prestito in una o più soluzioni e di ricostituire il credito disponibile al momento del rimborso, che a sua volta può essere effettuato tramite rate mensili o secondo scadenze prestabilite.

Si ritiene che i due tipi di credito comportino un rischio maggiore di sovraindebitamento delle famiglie, poiché potrebbero comportare una valutazione inadeguata dei mutuatari, prezzi elevati, condizioni contrattuali opache e processi decisionali difficili per i consumatori”, si legge nel report.

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Allo stesso tempo lo studio si concentra sull’evoluzione di alcuni canali “alternativi” di distribuzione dei prestiti (canali diversi dalle filiali bancarie), che includono:

  • promotori finanziari,
  • merchant (esercizi commerciali presso cui viene erogato il prestito per finalità di consumo),
  • canali remoti (internet, telefono, etc.).

L’evoluzione di cqs e revolving tra il 2010 e il 2021

Il n. 879 delle Questioni di economia e finanza della Banca d’Italia, “Tipologie di credito al consumo e canali di distribuzione dei prestiti bancari alternativi agli sportelli. Evidenze dal sistema bancario italiano, mostra che in Italia tra il 2010 e il 2021, nonostante una crescita sostanziale del credito al consumo, i prestiti con cessione del quinto rappresentavano circa il 15% del credito al consumo totale e il credito revolving meno del 3%. Meno del 30% delle banche che prestavano credito al consumo erano attive nel credito revolving e meno del 15% nella cessione del quinto. Nessuna banca ha offerto esclusivamente cqs, mentre alcune hanno offerto esclusivamente prestiti revolving.

La concentrazione nel credito al consumo è sorprendentemente elevata, il che è particolarmente evidente nei prestiti revolving, dove i 5 maggiori operatori dominano oltre l’80% della quota di mercato. La quota di mercato delle banche più importanti nel settore dei crediti al consumo era inferiore a quella delle banche estere, che rappresentano circa il 45%. Le banche estere dominavano sia la cqs che altri tipi di credito al consumo, mentre le banche meno significative avevano una quota di mercato maggiore nei prestiti revolving”, precisa l’analisi.

Queste percentuali evidenziano che, nonostante l’attenzione riservata al dibattito internazionale da parte delle autorità di tutela del cliente, la cessione del quinto e il prestito revolving sono poco diffusi, almeno in Italia. Ciò può essere interpretato come una “conferma dell’approccio di tutela del cliente, dove l’attenzione non sempre dipende dalla dimensione dei segmenti di mercato, ma anche dalla tipologia degli strumenti e dal loro utilizzo da parte dei soggetti più bisognosi di tutela pubblica”.

L’evoluzione dei canali di distribuzione alternativi

Per quanto riguarda i canali di distribuzione dei prestiti, l’analisi della Banca d’Italia mostra che durante il decennio 2010-2021 la stragrande maggioranza delle banche in Italia (oltre il 70%) ha utilizzato esclusivamente le proprie filiali come unico canale di distribuzione dei prestiti.
Tuttavia quasi il 20% degli istituti ha utilizzato almeno un canale di distribuzione esterno o remoto, mentre poche banche hanno erogato prestiti esclusivamente tramite canali esterni e remoti.

In termini di numero di clienti, i canali alternativi più significativi sono stati quelli remoti (circa il 15%) e i merchant (quasi il 10%). Banche estere e meno significative presentavano invece quote significativamente più elevate di clienti attraverso canali alternativi.

Le principali evidenze

Merchant, modello di business più integrato per le banche

Il primo luogo, dall’analisi di Massimiliano Affinito, Federica Sabbi, Raffaele Santioni e Francesco Santorelli emerge che, in termini di indicatori di specializzazione bancaria:

  • le banche più attive nel credito al consumo e quelle che utilizzano canali di distribuzione dei prestiti esterni e remoti prestano prevalentemente alle famiglie e meno alle imprese non finanziarie;
  • i merchant o dealer hanno una relazione positiva sia con i prestiti alle famiglie che con quelli alle imprese, suggerendo un modello di business più integrato per le banche che utilizzano questo canale;
  • le banche impegnate nel credito al consumo fanno spesso parte di gruppi bancari, in particolare nel caso della cessione del quinto e dei prestiti revolving, e agiscono quindi come banche specializzate all’interno di questi gruppi.

Di conseguenza, queste banche sono più dipendenti su fonti di finanziamento all’ingrosso e infragruppo che su fonti al dettaglio”, si legge nello studio.

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Far parte di un gruppo bancario è “positivamente associato anche alla decisione di utilizzare canali distributivi alternativi, ma solo per i merchant”.

Le banche più grandi hanno maggiori probabilità di accedere a canali esterni e remoti, mentre l’intensità di utilizzo di questi canali non dipende dalle dimensioni della banca, salvo nerchant, che si rivelano quindi una sfida per le banche più piccole. Inoltre, le banche con una base più ampia di clienti al dettaglio “mostrano una minore dipendenza dalla distribuzione esterna”.

I livelli di rischio, merchant mostrano un livello più basso di sofferenze

La seconda evidenza dello studio riguarda gli indicatori di salute e solidità delle banche.

Le banche fortemente coinvolte nel credito al consumo mostrano livelli di sofferenze significativamente più bassi. Tuttavia questo non è il caso in media per le banche principalmente impegnate in cessione del quinto e prestiti revolving.

Le banche che utilizzano canali alternativi hanno spesso livelli inferiori di capitale e qualità degli attivi, comprese quelle che fanno un uso più intensivo di canali remoti. Nella letteratura sul digital banking, tale risultato è spesso associato all’utilizzo di tecniche innovative di credit scoring, che “tuttavia non sono (ancora) ampiamente utilizzate dalle istituzioni finanziarie in Italia”.

Riteniamo che il risultato confermi che le banche che utilizzano canali di distribuzione alternativi meritano l’attenzione delle autorità di vigilanza. Al contrario, le banche che utilizzano i merchant come canale di distribuzione dei prestiti mostrano un andamento negativo delle sofferenze, il che è un risultato rassicurante poiché questo canale viene spesso considerato particolarmente sensibile dal punto di vista della tutela della clientela e del rischio di sovraindebitamento delle famiglie”, concludono gli analisti della Banca d’Italia.

Profitti e perdite bancarie

In terzo luogo, in termini di indicatori di profitti e perdite bancarie, le banche attive nel credito al consumo tendono ad avere una maggiore redditività nella gestione dei prestiti e della liquidità, mentre quelle coinvolte nei prestiti revolving fanno maggiore affidamento sulle commissioni e spese bancarie come fonte di reddito, il che conferma “una preoccupazione spesso sollevata nel dibattito istituzionale”. Il rapporto tra canali esterni e remoti e commissioni tende ad essere negativo, mentre il rapporto con gli interessi attivi tende ad essere positivo, soprattutto per i dealer.

Questi risultati potrebbero avere, secondo gli analisti, due spiegazioni: “Suggeriscono che o i clienti sono agenti consapevoli, che decidono di contrarre prestiti attraverso canali alternativi solo da banche mediamente meno dipendenti dalle commissioni, oppure potrebbero avere a che fare con le pratiche commerciali delle banche, attingendo a questi segmenti quando sono caratterizzati da più tariffe competitive ma fissando tassi di interesse più elevati. Le banche che utilizzano canali alternativi hanno anche costi operativi più elevati, che potrebbero essere dovuti al fatto che banche con spese operative più elevate optano per canali alternativi o al fatto che questi canali sono intrinsecamente associati a costi più elevati. Coerentemente questa relazione non vale per i canali remoti, a conferma dei minori costi associati all’utilizzo del prestito a distanza”.

Contenzioso legato al tipo di prestito, non al canale di distribuzione

Infine, lo studio della Banca d’Italia ha evidenziato l’esistenza di una relazione positiva e statisticamente significativa tra il peso del credito al consumo nell’attività bancaria e l’entità dei reclami e del contenzioso con la clientela, soprattutto per la cessione del quinto. Non ha rilevato invece una relazione tra l’utilizzo di canali esterni e remoti e il contenzioso con i clienti.

 



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