Il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge “in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale” che dovrebbe, almeno nelle intenzioni dell’esecutivo, mettere al sicuro l’intesa tra Roma e Tirana e salvare il “modello Albania” dopo la decisione del tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento dei migranti nel centro di Gjader.
La nuova legge, varata ad hoc, renderà norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio, e non più secondaria, come invece sono i decreti con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco. Le leggi primarie sono in sostanza le leggi ordinarie dello Stato, mentre le secondarie, che hanno rango inferiore, sono ad esempio regolamenti governativi, regolamenti regionali e degli enti locali.
La nuova lista dei Paesi sicuri
La nuova lista dei Paesi non è la stessa contenuta nel decreto interministeriale (Affari Esteri, Interno e Giustizia) del 7 maggio 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il ministro degli Interni Piantedosi ha reso noto che nel nuovo elenco compaiono 19 Paesi degli originari 22. “Abbiamo escluso il Camerun, la Colombia e la Nigeria” ha spiegato in conferenza stampa. Gli Stati considerati dall’Italia idonei ai rimpatri dovrebbero dunque essere i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
L’elenco è stato aggiornato “recependo le indicazioni della recente sentenza della Corte di Giustizia Ue”. In particolare, sono stati rimossi i Paesi rispetto ai quali erano previste “eccezioni di carattere territoriale” (vedremo poi perché). Secondo l’esecutivo il nuovo elenco è ora contenuto in un provvedimento con forza e valore di legge per evitare possibili disapplicazioni in sede giudiziaria.
La decisione del tribunale di Roma, in breve
Ma da dove nasce l’impasse che ha portato al nuovo decreto? Riassumiamo la vicenda in breve. In base al protocollo siglato tra Roma e Tirana nei centri albanesi dovrebbero essere portati solo i richiedenti asilo provenienti da Paesi sicuri per i quali è prevista la procedura accelerata delle domande d’asilo. Venerdì scorso il Tribunale di Roma ha però decretato che i due Paesi da cui provengono i 12 migranti portati nel centro di Gjader, Egitto e Bangladesh, “non sono sicuri, anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia Ue”. Di conseguenza la procedura accelerata, introdotta col decreto Cutro, non è stata ritenuta ammissibile.
Bangladesh ed Egitto sono però Paesi considerati sicuri dal governo italiano che lo scorso maggio li ha inseriti nella lista degli Stati idonei ai rimpatri. A cambiare le carte in tavola è stata una sentenza della Corte di giustizia Ue del 4 ottobre scorso nella quale viene sancito che gli Stati membri non possono designare come Paese sicuro “solo una parte del territorio del Paese terzo interessato”.
L’inghippo, almeno secondo molti esperti di diritto, sarebbe in parte dovuto al fatto che il decreto del governo aveva designato come sicuri anche Paesi con aree non sicure o categorie di persone perseguitate. E in effetti, come ha fatto capire lo stesso Piantedosi, Camerun, Colombia e Nigeria sono state depennate dalla lista proprio perché una parte del territorio di quei Paesi sicuro non è.
Nordio: “La sentenza della Corte Ue non è stata ben compresa dai giudici italiani”
Resta ora da capire se rendere il decreto sui Paesi sicuri una “norma primaria” e non più secondaria servirà effettivamente a salvare l’accordo con Tirana o sarà solo un buco nell’acqua. Quella della Corte di Giustizia Europea, ha detto il ministro Nordio in conferenza stampa, è una ”sentenza molto complessa e articolata e molto probabilmente non è stata ben compresa”, dai giudici del Tribunale di Roma.
La ratio del decreto
“Il giudice può disapplicare un atto amministrativo se lo ritiene illegittimo ma lo può fare incidenter tantum, senza abrogarlo. Semplicemente non lo applica. Questo non vale per la fonte primaria, nel momento in cui un elenco di Paesi sicuri viene inserito in una legge il giudice non può disapplicare la legge” ha aggiunto il Guardisigilli. “Il giudice, se ritiene che la legge sia incostituzionale, può fare ricorso alla Corte, quindi tenderei a escludere che possa disapplicarla”.
Secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano il pronunciamento della Corte Ue “trae spunto da una vicenda particolare” e dunque “riesce difficile, come alcuni magistrati hanno sostenuto”, che si tratti di una norma perché “non lo è, ma è un’interpretazione”. Mantovano ha chiarito che il governo ha “massimo rispetto per il ruolo della magistratura, istituzione fondamentale, ma ci sono competenze che riguardano ciascuna istituzione” e quella di definire i Paesi sicuri “compete in prima battuta” al governo, ma ci sarà anche un confronto con il Parlamento. Sempre secondo il sottosegretario la lista di Paesi sicuri dovrebbe poi essere “aggiornata annualmente”.
Piantedosi: “Bocciate il 70% delle domande di protezione internazionale”
Per il ministro dell’Interno Piantedosi il decreto servirà anche ad accelerare le procedure per la richiesta di protezione internazionale facendo sì non siano strumentalizzate “per eludere il sistema delle espulsioni”.
“L’obiettivo del governo”, ha aggiunto, “non è una prevenzione fine a se stessa o una deterrenza fine a se stessa, ma vogliamo applicare un modello di riconduzione a una maggior appropriatezza della spesa anche dell’accoglienza, che all’anno costa 1 miliardo e 700 milioni di euro. Questo è quello che il ministero dell’Interno spende per dare assistenza a delle persone che, secondo quelle che sono le statistiche, quantomeno al 60-70% – e mi tengo basso – sono destinate a vedersi bocciare la propria domanda di protezione internazionale”.
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