I dati sugli sfratti a Roma nel 2023 non sono incoraggianti. Secondo i numeri pubblicati dal Ministero dell’Interno, lo scorso anno nella Capitale i provvedimenti emessi sono stati 5.081, le richieste di esecuzione 4.447 e gli sgomberi effettuati 2.058. Il che si traduce in circa 171 esecuzioni di sfratto al mese, 5,6 al giorno. Queste cifre la rendono la città italiana con più allontanamenti. E a nulla vale il fatto che rispetto al 2022 per i provvedimenti ci sia stata una flessione del 21,66% e per le esecuzioni del 26,08%.
I numeri relativi al 2023 sulle procedure di rilascio di immobili ad uso abitativo diffusi dal Ministero dell’Interno mostrano come Roma sia la città italiana con più sfratti (2.058), seguono Torino (1.752) e Napoli (1.011). Nello specifico, nella Capitale nel 2023 sono stati registrati 5.081 provvedimenti di sfratto emessi, con un -21,66 rispetto all’anno precedente; 4.447 richieste di esecuzione, con un -32,53 rispetto all’anno precedente; 2.058 sfratti eseguiti, con un -26,08 rispetto all’anno precedente. Le variazioni percentuali rispetto al 2022 sembrano raccontare qualcosa di buono, ma la realtà dei fatti è che i numeri rimangono sempre elevati, facendo registrare di fatto circa 171 esecuzioni al mese e circa 5 al giorno.
Ma quali sono le motivazioni? Secondo i dati contenuti nel report del Ministero dell’Interno, a Roma 68 sono avvenuti per necessità del locatore, 454 per finita locazione e ben 3.006 per morosità. Un dato, quest’ultimo, su cui riflettere.
Il commento dei sindacati
All’indomani della pubblicazione, la Cgil di Roma e del Lazio e il Sunia di Roma e del Lazio tramite una nota hanno così commentato i dati: “Tutto questo mentre il Governo, che nelle ultime due leggi di bilancio non ha rifinanziato né il fondo per l’affitto né il fondo per la morosità incolpevole, maschera dietro provvedimenti come il Salva-Casa condoni e deregolamentazioni edilizie, a esclusivo vantaggio di rendite e speculazioni”.
Sottolineando: “Sempre dai dati del Ministero, particolarmente significativo è stato anche l’aumento del 20 per cento degli sfratti per finita locazione dall’anno precedente, a testimoniare gli effetti della locazione turistica e dell’effetto espulsivo che ha sul tessuto sociale delle città. Come ormai denunciamo da anni, l’effetto di questa tipologia contrattuale ha fortemente causato un’espulsione dei residenti dalla città consolidata e ora anche periferica, riducendo fortemente l’offerta di immobili per la locazione di lungo periodo. Infatti, gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate ci dimostrano come dal 2019 al 2023, 7.268 interi alloggi della piccola proprietà non siano più disponibili per la locazione per i residenti e oltre 5mila siano stati sottratti alla locazione di lungo periodo (contratti superiori ai 3 anni). Negli stessi 5 anni, il canone medio a Roma è aumentato circa del 13 per cento, pari a 930 euro mensili per un alloggio di 80 mq (+17 per cento il canone per studenti, +15 per cento il canone per lunga durata, +7 per cento il canone per contratti transitori)”.
E l’Unione sindacale di base, precisando che i dati mostrano numeri totali preoccupanti, nonostante il calo percentuale in quasi tutte le province, ha evidenziato: “A fronte di un calo dei valori assoluti, assistiamo a un aumento dei provvedimenti di sfratto per finita locazione, a conferma della tendenza alla turistificazione del settore e mercificazione totale del bene di uso casa. Serve il finanziamento di un grande piano di Edilizia Pubblica ed una nuova legge sui canoni”.
Soffermandosi in particolare sull’analisi della situazione abitativa nel Paese, l’Usb ha affermato: “I numeri sulle esecuzioni vanno letti assieme ai dati pubblicati sull’incidenza delle spese legate all’abitare sulla capacità di acquisto delle famiglie e sui salari. In quella prospettiva la necessità di una nuova legge sui canoni che agganci il valore degli affitti al reddito reale delle famiglie assume caratteri di urgenza. La legge numero 431 del 1998 ha ormai decine e decine di studi e report che ne certificano il fallimento. Una norma che preveda anche le eventuali flessioni dei redditi delle famiglie, visto il carattere sempre più precario del lavoro, che disegni una nuova fiscalità volta a finanziare i programmi di Edilizia Pubblica, ormai non più rimandabili”.
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