La salentina debutta domani al Politeama con «La gioia di danzare». «Bellissimo presentare il mio spettacolo a Lecce»
Nicoletta Manni debutta, con La gioia di danzare, al teatro Politeama Greco a Lecce sabato 19 ottobre. Lo spettacolo, prodotto da Artedanza, riprende il titolo del libro dell’étoile, La gioia di danzare (Garzanti, 2023). L’evento-debutto nazionale sarà un galà di danza, con vari pezzi estratti dal repertorio classico, neoclassico e moderno. Al suo fianco, il marito e primo ballerino Timofej Andrijasenko e sette ballerini solisti del teatro alla Scala.
Perché Lecce?
«Uno spettacolo mio non avrebbe avuto senso se non nel luogo dove tutto è nato. Sono molto legata alla mia famiglia, alla mia terra, alle mie origini. L’unico posto in cui poteva cominciare questo percorso è qui. Per me è davvero bellissimo poter fare da padrona di casa nel luogo che mi ha visto crescere: dai saggi da bambina agli ultimi anni con Roberto Bolle. È un palcoscenico che mi rappresenta e che sono felice di condividere con amici e colleghi».
Com’è tornare “a casa”?
«Io mi sento sempre una salentina a Milano. Per me casa è qui. Sono veramente legata a questo posto e orgogliosa delle radici che ho, felice di poter presentare questo spettacolo nel luogo dove ho sempre un enorme piacere a tornare. Come lighting designer ci sarà mio fratello Alessandro. Ci saranno amici, famiglia. Sarà un momento unico».
La danza è stato il suo sogno fin da bambina?
«Sì, non c’è un “prima”. Mai come oggi posso dire di aver fatto la scelta giusta, non solo per dove sono arrivata, ma perché mi sento felice a fare quello che faccio. E questa è la cosa più bella».
Che cosa ha significato allontanarsi da casa per studiare?
«Il distacco dalla mia famiglia è stato uno dei sacrifici più grandi. Mi sono trasferita a Milano a 12 anni da sola, perché i miei genitori non potevano seguirmi. Per me era la realizzazione di un sogno, ma sono stati momenti duri».
Cosa si aspetta dal futuro?
«Mi auguro che la vita continui a sorprendermi come ha fatto fino ad adesso. Tante cose che ho avuto la fortuna di vivere non le avrei immaginate. Mi auguro di essere sorpresa continuamente da questo percorso, dalla vita meravigliosa che sto vivendo e di non stancarmi mai. Anzi di desiderare sempre di più. Bisogna sempre continuare a farlo».
In che modo?
«Beh, bisogna avere il coraggio di inseguire un sogno, una forza interiore che spinga a desiderare. Lo studio, il lavoro, il sacrificio sono tutte cose che vanno affrontate e sono poi quelle che ripagano alla fine. Niente si ottiene per caso».
Tra tutti i palchi in cui si è esibita, a quale è più legata?
«Ogni volta è bello vivere il momento, godersi il balletto che si sta interpretando, scoprire nuove culture e nuovi pubblici. Ci sono tanti posti a cui sono legata. Un momento speciale è stato il debutto sul palcoscenico del teatro Bolshoi nel 2019, il tempio della danza».
E tra i ruoli interpretati?
«È come nella vita: ognuno di noi attraversa fasi, si hanno dei gusti, piacciono determinate cose e poi si cambia, ci si evolve, si cresce. In ogni momento del mio percorso c’è un ruolo che ha significato qualcosa in più, è impossibile scegliere».
È questo il bello?
«Sì, è non fermarsi. Tutto il lavoro e lo studio che facciamo è per aggiungere qualcosa, e non si finisce mai. È questa la danza, si può sempre aggiungere una sfumatura o un’interpretazione diversa. Non ci si annoia mai».
Com’è cambiata la danza da quando ha cominciato?
«La danza si evolve col tempo, con le mode, con le generazioni. Secondo me la cosa da preservare per il futuro è riuscire a incontrare gli artisti del passato, ascoltare la loro conoscenza, affinché la danza non si perda e balletti del repertorio possano continuare a vivere, raccogliere le esperienze uniche che solo un artista può comunicare. Non si parla mai abbastanza di danza, eppure è tanto amata. È bene che la gente la conosca e ci si avvicini sempre più».
Ci saranno altri spettacoli come “La gioia di danzare”?
«Questo ancora non lo so, vedremo. Mi piacerebbe diventasse un appuntamento fisso nella mia terra, ma è un po’ presto per dirlo. Incrocio le dita per sabato e poi ne riparleremo!»
C’è grande fermento.
«Anche nel mio cuore».
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