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IL CONFRONTO TRA GLI ULTIMI GOVERNI, DA RENZI A MELONI – NSM #finsubito prestito immediato


 18 ottobre 2024 – 1° Lgt. in pensione PISTILLO Antonio

Nelle manovre degli ultimi 10/15 anni è mancata la politica economica e un’idea di Paese ed è prevalsa la politica dei bonus, con incentivi in busta paga che hanno aumentato lo stipendio di famiglie con redditi bassi e medio bassi. A seguire dal bonus Renzi a quello della Meloni, con pregi e difetti.

Bonus Renzi

Il bonus di 80 euro netti mensile rimane il più vantaggioso bonus degli ultimi 10 anni non solo per l’importo, ma soprattutto perché a favore dei redditi medio bassi e bassi; infatti ne hanno beneficiato quasi 11 milioni di lavoratori con reddito fino a 24 mila euro annui (da circa 700 a 1.500 euro nette mensili), con una riduzione del bonus al superamento di tale limite, fino ad azzerarsi a 26.000 euro annui. È stato lo stimolo più grande mai impresso fino ad allora ai consumi delle famiglie che l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha quantificato in oltre 9 miliardi di costo. Infatti, per una lavoratrice in part time, con uno stipendio netto di 670 euro, l’aumento è stato del 15%, corrispondente all’adeguamento di 4/5 contratti di lavoro in 10 anni.

Le incongruenze

Il limite di reddito per fruire del bonus era riferito al singolo lavoratore, per cui una famiglia con due redditi di 24.000 mila (48 mila il reddito familiare) ha goduto di 160 euro, mentre una famiglia monoreddito di 28.000 mila euro non ha beneficiato neanche degli 80 euro.

Inoltre, non spettava a chi percepiva meno di 8.145 mila euro annui lordi ovvero anche per quelli con redditi superiori che, a seguito di detrazioni o deduzioni, diventavano incapienti, cioè a tassazione Irpef uguale a zero. Del bonus non hanno beneficiato i pensionati.

Cuneo del Conte 2

Con un decreto il governo Conte, espressione di un partito che in campagna elettorale aveva promesso la cancellazione del bonus di Renzi, ha aumentato il bonus da 80 a 100 euro mensili per i redditi fino a 26.600 euro annui lordi, con decalage fino a 40.000 mila euro. Costo del provvedimento circa 5 miliardi

Le incongruenze

Il provvedimento, almeno per quello che era stato propagandato, doveva riconoscere 100 euro a circa 16 milioni di lavoratori con reddito fino a 40 mila euro, ma di fatto circa 11 milioni hanno preso solo 20 euro in più (80 Renzi +20 Conte) e 100 euro per i soli percettori di 26.600 euro annui, con un decalage già da 26.700 euro, fino a riconoscere solo 15 euro per un reddito di 39.000 mila euro. Solo qualche migliaia di lavoratori hanno preso più di 80 euro. In sintesi, pochissimo per tantissimi e qualcosina per pochissimi. Ancora esclusi i pensionati.

Cuneo Contributivo e Riduzione Irpef Governo Draghi

Col governo Draghi è stato previsto, inizialmente, un taglio del cuneo dello 0,80%, poi esteso al 2% e ridotta l’Irpef per un costo per lo Stato di circa 9/10 miliardi.

Cuneo Contributivo

Con la legge di bilancio del 2022 è stata prevista una novità in materia di contributi, infatti tutti i lavoratori dipendenti hanno beneficiato di una riduzione della quota previdenziale del 2% se con redditi lordi annui fino a 35 mila euro.

Le incongruenze

Anche se di impatto immediato, ha garantito a tutti i lavoratori dipendenti un piccolo aumento.

Riduzione Irpef

Sempre con la legge di bilancio del 2022 sono state introdotte nuove detrazioni da lavoro dipendente, ridotto l’aliquota del secondo scaglione Irpef dal 27 al 25%, quello del terzo scaglione da 38 al 35%, riducendo il limite di applicazione da 55.000 a 50.000 e, infine, accorpando in un’unica fascia, la quarta al 43%, le precedenti quarta e quinta.

Le incongruenze

Nessuna, se si tiene conto che i redditi bassi e medio bassi fino al quel momento erano stati quelli che avevano beneficiato dei bonus e il ceto medio escluso. La No tax area, cioè la soglia di reddito entro la quale l’imposta non dovuta perché uguale a zero, per i lavoratori dipendenti è stata innalzata. Il taglio dell’Irpef non ha creato disparità, in quanto ne hanno goduto sia i lavoratori dipendenti che i pensionati, fino al quel momento esclusi da tutti i precedenti benefici. Inoltre, è stato il primo provvedimento a favore del ceto medio, dimenticato per troppi anni.

Cuneo Contributivo e Riduzione Irpef Governi Meloni

Cuneo Contributivo generalità dei lavoratori

Con la legge di bilancio del 2023 è stato, in sostanza, confermato il taglio contributivo del governo Draghi, mentre col decreto lavoro approvato il 1 maggio 2023 il cuneo è passato dal 3 al 7% per i redditi fino a 25.000 euro annui e dal 2 al 6% per i redditi tra 25 e 35 mila euro, ma il provvedimento valeva per il solo 2023.

Con la legge di bilancio 2024 è stato confermato il taglio contributivo, ma sempre e solo per l’anno in corso. Un provvedimento a favore dei lavoratori e delle famiglie che arriva fino a circa 130 euro nette al mese. Costo del provvedimento circa 9 miliardi.

Le incongruenze

Il taglio contributivo ha un solo difetto, non è strutturale, ma a tempo

Cuneo Contributivo per le mamme lavoratrici

Sempre con la legge di bilancio 2024 è stato, inoltre, introdotto:

 un esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, alle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.

 un esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fino al mese di compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile.

Le incongruenze

L’esonero contributivo generalizzato e quello per le mamme sono tra loro alternativi e, pertanto, la platea delle lavoratrici con figli è molto limitata, per stessa ammissione del governo che nella relazione della legge di bilancio stimava che avrebbe riguardato circa 570 mila lavoratrici, con due o più figli, su circa 10 milioni di donne occupate (circa il 6%).

Riduzione Irpef

Sempre con la legge di bilancio 2024 è stato previsto il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef, estendendo la prima aliquota fino al reddito previsto per il secondo scaglione. Costo del provvedimento circa 3 miliardi.

Le incongruenze

La riduzione delle aliquote non ha portato nessun beneficio per i redditi fino 15 mila euro annui, qualche spicciolo per i redditi sopra tale limite (esempio 15.500, circa 1.150 nette mensili + 1 euro) e un risparmio massimo di 21,66 euro per i redditi sopra i 28.000 euro che veniva meno per i contribuenti con reddito superiore a 50.000, in quanto la norma prevedeva una franchigia sopra tale soglia che comportava, in sede di dichiarazione dei redditi, una riduzione di 260 euro (21,66 mensili) dalle detrazioni di imposta dovute al contribuente. In sintesi, per i redditi sopra 50 mila euro non c’è stata nessuna riduzione dell’Irpef.

Nello specchio a seguire l’entità dei bonus e della riduzione Irpef

(*) su 13 mensilità e senza addizionali (**) riduzione totale se la spesa detraibile in dichiarazione dei redditi pari o superiore 1.369 e parziale, in proporzione, se inferiore a 136

 

 



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