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Superbonus: gli squilibri di una misura con pochi paletti #finsubito prestito immediato


Il Governo ha intenzione di passare all’incasso degli effetti di rivalutazione degli immobili derivati dall’utilizzo del Superbonus con l’obiettivo – ha spiegato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti – di aggiornamento delle rendite catastali, al fine di rendere il sistema fiscale più efficiente. Nel mentre, gli economisti della CGIA hanno fatto la tara sugli effetti che ha avuto il Superbonus sulle tasche degli italiani, sulle casse pubbliche e sul mancato rispetto dell’obiettivo che l’Esecutivo si era dato. Anche se negli ultimi due anni le misure restrittive del Governo hanno ridotto l’impatto negativo del Super Ecobonus 110% sui conti pubblici, gli oneri a carico dello Stato hanno raggiunto quasi 123 miliardi di euro dal suo avvio fino allo scorso 31 agosto.

Misura che ha trascurato le famiglie meno abbienti

In questo periodo, poco meno di 500mila immobili hanno beneficiato dell’agevolazione, ovvero solo il 4% degli edifici residenziali presenti nel Paese (circa 12,2 milioni). In un quadro economico difficile, questo investimento ha sollevato critiche, poiché oltre 6 punti di Pil sono stati spesi per migliorare l’efficienza energetica di una percentuale minima di case. Inoltre, rilevano in CGIA, sembra che il Superbonus abbia maggiormente avvantaggiato i proprietari con redditi elevati, trascurando invece le famiglie meno abbienti, che spesso vivono in immobili in cattivo stato e con bassa efficienza energetica. C’è anche un altro tema che desta critiche: non tutti concordano sul fatto che il bonus 110% avrà un impatto significativo sulla riduzione delle emissioni inquinanti.

Non si sono favoriti sistemi ecologicamente più efficienti

Secondo Banca d’Italia, infatti, i benefici ambientali potrebbero compensare i costi solo dopo quasi 40 anni e non ci sono valutazioni scientifiche rigorose che supportino l’efficacia della misura. Senza contare che, per alcuni esperti, si sarebbe potuto ottenere un maggiore abbattimento delle emissioni favorendo l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento, cottura e produzione di acqua sanitaria, preferendo i vettori elettrici (pompe di calore e piastre a induzione) rispetto al gas, poiché più efficienti delle tecnologie a combustibili fossili. La CGIA rincara la dose ragionando su un investimento alternativo: con lo stesso investimento di 123 miliardi si potevano costruire 1,2 milioni di nuovi alloggi pubblici, 400mila in più rispetto a quelli oggi disponibili.

Misura con poca giustizia sociale

I sostenitori del Superbonus 110% argomentano che non si deve considerare solo la spesa dello Stato, ma anche i benefici economici generati, come un aumento del gettito fiscale, dell’occupazione, del Pil, del risparmio energetico e una riduzione delle emissioni inquinanti. Tuttavia, secondo la CGIA, se si fosse utilizzato questo budget per demolire e ricostruire edifici pubblici, gli stessi effetti positivi sarebbero stati raggiunti, con l’aggiunta di un significativo miglioramento della giustizia sociale. A livello nazionale, il costo medio per edificio residenziale a carico dello Stato è stato di 247.819 euro. La Valle d’Aosta registra il costo unitario più alto, con 401.040, seguita da Basilicata, Liguria, Lombardia e Campania. I costi più bassi si trovano in Veneto (194.913), Sardegna e Toscana.

Picco asseverazioni in Veneto, ai minimi nel Mezzogiorno

Fino allo scorso agosto, gli interventi di ristrutturazione ed efficientamento edilizio realizzati grazie al Superbonus hanno raggiunto quasi 500mila unità. Nonostante i costi a carico dello Stato ammontino a 123 miliardi, solo il 4,1% delle abitazioni ha beneficiato di questa agevolazione. A livello regionale, il Veneto si distingue per il numero più elevato di richieste (59.652), pari al 5,6% degli edifici residenziali presenti. Seguono Emilia-Romagna (44.438, il 5,4%), Trentino-Alto Adige (11.342, 5,4%), Lombardia (78.125, 5,2%) e Toscana (38.532, 5,2%). Al contrario, le regioni del Mezzogiorno hanno mostrato una scarsa adesione: il Molise e la Puglia hanno interessato solo il 2,9% degli edifici residenziali, la Calabria il 2,6% e la Sicilia appena il 2,2%.



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