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Premiato chi rinvia la pensione #finsubito prestito immediato


Bonus doppio a chi rinvia la pensione. L’attuale incentivo alla permanenza al lavoro, c.d. bonus Maroni, infatti, verrà potenziato sul versante fiscale. È quanto annuncia il governo al termine del consiglio dei ministri di martedì, che ha approvato un decreto-legge per introdurre misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali e il ddl sulla Manovra di bilancio per il 2025. Saranno confermate, inoltre, tutte le misure di prepensionamento vigenti (opzione donna, ape sociale, quota 103), mentre sul versante pensionati ci potrebbe essere il ritorno ai criteri ordinari della rivalutazione degli assegni pensionistici. Tra le altre misure, a favore della famiglia sarà previsto un ulteriore mese (il terzo) di congedo parentale retribuito all’80%, un bonus di mille euro ai nuovi nati nel 2025 e il rafforzamento del bonus asili nido. Infine, sarà reso strutturale e ampliato (fino a 40 mila euro) l’incentivo del cuneo.

Gli incentivi per rimanere al lavoro

Introdotto dalla legge bilancio 2023, l’incentivo al posticipo del pensionamento è previsto per chi, lavoratore dipendente, avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata flessibile (c.d. quota 103), scelga di non pensionarsi e di proseguire l’attività lavorativa. L’incentivo consiste nella possibilità di rinunciare all’accredito contributivo per la pensione e ottenere l’importo in busta paga. Le somme così corrisposte sono imponibili ai fini fiscali, ma non ai fini contributivi. In Manovra 2025 ci sarà il potenziamento dell’incentivo, agendo proprio sul versante fiscale. Vale la pena ricordare, al riguardo, che la versione originaria del c.d. bonus Maroni (siamo nel 2004) prevedeva che i contributi destinati alla pensione (allora la misura era 32,7%, oggi è al 33%) finissero in busta paga in regime di esenzione fiscale (il bonus è scaduto nel 2007, con 104.031 domande delle quali 96.564 accolte).

Le strade per andare in pensione nel 2025

Nessuna novità sui pre-pensionamenti. La Manovra del 2025 confermerà le vigenti vie d’uscita anticipate, rispetto a quelle ordinarie della pensione di vecchiaia (a 67 anni d’età con 20 di contributi) e di quella anticipata (poco meno di 43 anni di lavoro): opzione donna, riservata alle lavoratrici con 61 anni d’età compiuti entro il 31 dicembre 2024; Ape sociale, a 63 anni e 5 mesi l’età; quota 103.

Potranno far ricorso a opzione donna, nel 2025, le lavoratrici caregiver o con invalidità di grado non inferiore al 74% oppure licenziate o dipendenti da aziende in crisi, se al 31 dicembre 2024 hanno maturato almeno 35 anni di contributi e un’età non inferiore a 61 anni, ridotta a 59 anni a quelle licenziate o dipendenti da aziende in crisi o con almeno due figli, a 60 anni a quelle con un figlio. Uniche conseguenze ci sono sul calcolo e sulla decorrenza della pensione: il calcolo tutto con la regola contributiva; la decorrenza dopo una «finestra» di 12 mesi alle lavoratrici dipendenti e 18 mesi a quelle autonome.

Riguardo all’Ape sociale, confermata per l’anno 2025, viene incrementato di 20 milioni di euro per l’anno 2025, 30 milioni di euro per l’anno 2026, 50 milioni di euro per l’anno 2027 e di 10 milioni di euro per l’anno 2028, la relativa autorizzazione di spesa.

Infine quota 103: consente di mettersi a riposo con almeno 62 anni d’età e un’anzianità di contributi di almeno 41 anni («62 + 41 = 103»). Chi ne fruirà nel 2025, finché non matura i requisiti per la pensione ordinaria (67 anni, nel caso di pensione di vecchiaia), riceverà una pensione non superiore a 4 volte il minimo Inps. Operano le finestre, per cui la decorrenza della pensione è ritardata rispetto al momento di maturazione del diritto: 7 mesi per i lavoratori del privato; 9 mesi per i dipendenti pubblici.

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Il cuneo diventa strutturale

L’incentivo ha fatto esordio nell’anno 2022. Fu introdotto e riconosciuto in due misure: 0,8% durante tutto il primo semestre e 2% durante il secondo semestre, con un unico limite di retribuzione lorda: 2.692 euro mensili, cioè 35.000 annui. Per l’anno scorso 2023, la legge di bilancio ha fissato due misure e due limiti di retribuzione: 3% se la retribuzione non supera 1.923 euro mensili (cioè 25.000 euro annui); 2% se supera 1.923 ma non 2.692 euro (cioè 35mila euro annui).

Poi il decreto legge n. 48/2023 ha elevato la misura, stabilendo un incremento di 4 punti percentuali senza ulteriori effetti sul rateo di tredicesima, dal 1° luglio al 31 dicembre 2023. La Manovra 2024 ha prorogato la misura per tutto l’anno corrente, con le stesse misure e stessi limiti di retribuzione: 7 per cento se la retribuzione non supera l’importo mensile di 1.923 euro; 6 per cento se è superiore, ma non a 2.692 euro.

Le misure dovrebbero essere confermate dalla Manovra 2025, che rende strutturale l’incentivo e lo amplia fino a redditi di 40 mila euro. Potrebbe esserci un doppio canale: le vigenti misure per reddito fino a 20 mila euro e un sistema a décalage, che riduce progressivamente lo sconto, per redditi superiori fino a 40 mila euro.

Il supporto alle famiglie

La Manovra 2025 introdurrà una «Carta per i nuovi nati», che riconosce 1.000 euro ai genitori dell’anno 2025 in possesso di un Isee fino a 40 mila euro. La Manovra, inoltre, rafforza il c.d. bonus asili nido, finalizzato proprio a supportare la frequenza degli asili nido, con la novità dell’esclusione delle somme relative all’assegno unico universale dal computo dell’Isee. Infine, tra le misure a carattere sociale, la Manovra prevede il rifinanziamento per l’anno 2025 della carta «Dedicata a te», nella misura di 500 milioni di euro.

Congedo parentale all’80%

La Manovra 2025 introdurrà un ulteriore mese (il terzo) di congedo parentale indennizzabile all’80% della retribuzione. La novità, dunque, migliorerà il trattamento economico spettante a chi, lavoratore dipendente, fruisca di congedo parentale, cioè l’ex astensione facoltativa: diritto di assentarsi dal lavoro, riconosciuto alla mamma dopo il congedo di maternità e al papà dalla nascita del figlio o dopo l’eventuale congedo di paternità alternativo. Il congedo parentale spetta finché il figlio compie 12 anni, in base a durate e modalità prestabilite per legge. Stessa tutela in caso di adozioni e gli affidamenti. Tutti gli 11 mesi sono indennizzati al 30% della retribuzione: 9 mesi senza condizioni, 2 mesi se il reddito individuale del genitore che fruisce del congedo non arriva a 2,5 volte il minimo Inps.

Questa è la «tutela minima» fissata dal Tu sulla maternità (dlgs n. 151/2001), su cui le ultime due leggi di Bilancio (2023 e 2024) hanno inserito due identiche maggiorazioni dell’indennità. Dall’anno 2023, la legge n. 197/2022 (legge bilancio 2023) ha previsto un mese fruito entro i 6 anni di vita del figlio indennizzato all’80%. Da quest’anno, la legge n. 213/2023 (legge Bilancio 2024) ha replicato la misura: un altro mese, fruito sempre entro i 6 anni di vita del figlio, indennizzato al 60% (80% soltanto nell’anno 2024). In Manovra 2025 ci sarà un terzo mese, sempre fruito entro i 6 anni di vita del figlio, e sempre indennizzato all’80%.

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