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Ruby, perché si riapre il processo? Assoluzioni annullate, Olgettine di nuovo in aula #finsubito prestito immediato


Ruby, le Olgettine, Arcore. Sei anni di processo e un incredibile circo mediatico che sembravano conclusi con la sentenza di assoluzione in primo grado arrivata nel febbraio 2023 per il processo “Ruby ter”: nessun patto del silenzio, né soldi in cambio di reticenza su ciò che avveniva nelle feste a villa San Martino. Ma ieri la Cassazione ha riaperto la partita che vede coinvolte le ex olgettine, le ragazze ospiti delle serate di Arcore tra cui Karima El Mahroug, al secolo Ruby, annullando di fatto la decisione di primo grado. I giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte hanno disposto il processo di appello davanti ai giudici di Milano per 22 persone con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Tra loro Barbara Guerra, Francesca Cipriani e le sorelle Concetta ed Elenora De Vivo. Gli Ermellini hanno inoltre dichiarato prescritta l’accusa di falsa testimonianza per tutti, mentre è definitivamente caduta il riciclaggio per Luca Risso, all’epoca dei fatti fidanzato di Ruby, per il quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso.

L’ASSOLUZIONE

Nel febbraio 2023 era stato assolto anche Silvio Berlusconi, poi morto il 12 giugno dello scorso anno, «perché il fatto non sussiste». L’assoluzione era arrivata perché le ragazze furono sentite nei due processi milanesi sul caso Ruby, più di dieci anni fa, come testi semplici e non come indagate. Contro la sentenza di primo grado, a giugno aveva presentato un ricorso la procura meneghina. Il rappresentate dell’accusa aveva chiesto l’annullamento delle assoluzioni e un nuovo processo per l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Secondo il procuratore generale Roberto Aniello, anche se l’audizione delle imputate in qualità di testimoni era stata «illegittima, in quanto esse erano raggiunte da indizi di reato, ciò non incide sulla sussistenza del reato di corruzione in atti giudiziari, che rimane configurabile in quanto le funzioni di pubblico ufficiale sono state concretamente esercitate». Queste «conclusioni valgono anche per gli imputati Luca Giuliante, al quale è contestato il reato di corruzione attiva quale intermediario e concorrente di Berlusconi». Il pg ha poi citato una serie di sentenze della Cassazione secondo le quali – a suo dire – si è sempre ritenuto che la qualifica di testimone e «dunque di pubblico ufficiale, si acquisisce al momento in cui il giudice dispone l’ammissione della testimonianza; qualora via sia stata una preventiva autorizzazione alla citazione, questa anticipa l’assunzione della qualità di testimone» e in questo caso ciò è avvenuto «il 23 novembre del 2011, data dell’ordinanza di ammissione delle prove nel processo Ruby uno».

Quindi la decisione di ieri della Cassazione di disporre un nuovo processo in appello – nel quale la vicenda giudiziaria non è fino ad ora finita perché dal primo grado si è passati direttamente a un ricorso «per saltum» alla Suprema Corte. Una decisione – l’annullamento delle assoluzioni – accolta con soddisfazione dai pm di Milano. «C’era un nodo processuale che andava sciolto. Solo la Corte di Cassazione avrebbe potuto fornire una risposta certa sul tema. Siamo soddisfatti della conferma così autorevole della correttezza della nostra interpretazione giuridica, così come siamo fiduciosi, con tali presupposti, sull’esito del nuovo processo che verrà celebrato», ha detto la procuratrice aggiunta di Milano Tiziana Siciliano, che con il pm Luca Gaglio ha coordinato le indagini.

LE REAZIONI

Di un tenore diverso le dichiarazioni di Marysthell Polanco, una delle ex showgirl coinvolte nel procedimento: «Non è ancora finita… Berlusconi è morto, ma adesso il processo è mio». Dal canto suo il difensore, l’avvocato Paolo Cassamagnaghi si è detto «desideroso» di «leggere le motivazioni» di questa sentenza. «A oltre tredici anni dai fatti – ha affermato – si ricomincia: senza alcuni pezzi, perché sono prescritti, e senza il presunto corruttore Berlusconi che è morto dopo essere stato assolto e l’assoluzione per lui è definitiva».

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Procedura celere

Una decisione che «ci sorprende e ci stupisce», hanno dichiarato Federico Cecconi Giorgio Perroni, avvocati di Silvio Berlusconi. «Confidavamo nella conferma della sentenza di primo grado del febbraio 2023, un’assoluzione piena che a nostro avviso era perfettamente motivata e priva di vizi. Siamo comunque certi – sottolineano i legali del cavaliere – che nel procedimento, che adesso si aprirà presso la Corte d’appello di Milano, sarà confermata la verità dei fatti: e cioè che non esistono testimoni corrotti».

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