Il ministro dell’Ambiente irlandese, Eamon Ryan – che la scorsa settimana è stato nominato per co-guidare parte dei negoziati alla COP29 – ha avvertito che “c’è un rischio reale di fallimento”
I colloqui globali su come finanziare l’azione per il clima sono così complicati che i Paesi potrebbero non raggiungere un accordo alla COP29, il vertice ONU sul clima in programma il mese prossimo a Baku, in Azerbaigian. È quanto ha affermato ieri un negoziatore chiave. Il ministro dell’Ambiente irlandese, Eamon Ryan – che la scorsa settimana è stato nominato per co-guidare parte dei negoziati alla COP29 – ha avvertito che “c’è un rischio reale di fallimento”.
Ryan arrivando ad un incontro dell’Unione europea a Lussemburgo – dove i ministri discuteranno la posizione del blocco sulla COP29 – Ryan ha affermato che “non è certo che a Baku otterremo un accordo. Non è una questione facile quando si arriva a discutere del futuro finanziario, e la cooperazione multilaterale al momento non è uno dei pezzi forti…. quindi c’è un rischio reale che potremmo non raggiungere un accordo”.
COP29: IL MINISTRO IRLANDESE RYAN CO-GUIDERA’ I NEGOZIATI
La presidenza azera della COP29 la scorsa settimana ha scelto Ryan per co-guidare i negoziati sulla preparazione agli impatti del cambiamento climatico, insieme alla Costa Rica. Ieri Ryan ha rilasciato un’intervista a Politico e ad altri organi di informazione. “Ho sentito alcuni dei miei colleghi dire che questa è probabilmente la negoziazione più difficile da Parigi”, ha spiegato riferendosi al vertice del 2015, conclusosi con l’accordo di Parigi sul clima.
L’AGENDA DELLA COP29 DI BAKU
Al vertice di Baku, che inizierà tra meno di un mese, i Paesi dovranno stabilire un nuovo obiettivo finanziario a lungo termine per finanziare l’azione per il clima nei Paesi in via di sviluppo. L’attuale obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno è ampiamente considerato insufficiente, e alcuni Paesi in via di sviluppo chiedono che questa cifra aumenti ad un trilione di dollari o più. I Paesi industrializzati, tra cui l’Unione europea, sostengono che i finanziamenti aggiuntivi sono subordinati all’ampliamento del gruppo di contributori alle economie emergenti, come la Cina.
Secondo Ryan, le discussioni su chi contribuirà saranno tra le parti più critiche dei colloqui: “avere tutto congelato nel 1992 non è razionale”, ha spiegato, riferendosi all’anno in cui fu firmato il trattato quadro sul clima delle Nazioni Unite, che etichettava i Paesi come industrializzati o in via di sviluppo.
IL RUOLO DELLA CINA E LA COOPERAZIONE SUD-SUD
Una possibilità, ha suggerito il ministro irlandese, è far sì che Paesi come la Cina – che forniscono finanziamenti per il clima in varie forme, spesso attraverso la cosiddetta cooperazione Sud-Sud – stabiliscano esattamente l’importo e le condizioni dei finanziamenti che forniscono. “Una maggiore tracciabilità e rendicontazione potrebbero essere uno dei modi in cui affrontiamo la questione dei contributori, perché allora si inizierebbe a capire cosa sta realmente avvenendo negli investimenti e nello sviluppo Sud-Sud”.
L’OBIETTIVO DI FINANZIAMENTO MULTISTRATO DELL’UNIONE EUROPEA
L’Unione europea sta sostenendo anche un obiettivo di finanziamento “multistrato” alla COP29, che includa un obiettivo per la finanza pubblica integrato da fondi raccolti dal settore privato, dalle banche di sviluppo e da altre fonti. “Il finanziamento per il clima richiederà maggiori sforzi da parte di tutti i soggetti coinvolti”, ha affermato il commissario europeo per il Clima, Wopke Hoekstra, arrivando all’incontro in Lussemburgo. “Ciò significa finanziamenti del settore privato e finanziamenti del settore pubblico. Quello di cui abbiamo bisogno non è solo un impegno da parte degli europei, ma anche garantire che tutti coloro che hanno la capacità di pagare siano all’altezza della situazione e si assumano le proprie responsabilità”.
I FINANZIAMENTI PER L’AFRICA E L’AMBIZIONE DELL’UE
Ryan ha sottolineato i risultati pubblicati la scorsa settimana da IRENA, secondo cui solo una piccola quantità di finanziamenti per l’energia pulita è andata all’Africa. Per risolvere il problema “serviranno finanziamenti pubblici e fondi privati”, ha affermato. Questo, però, non significa che l’Ue debba sottrarsi all’intensificazione dei propri sforzi, anche se i bilanci nazionali devono affrontare notevoli limitazioni. “L’Europa ha ancora una capacità economica molto significativa. Dovremmo ampliare la nostra ambizione”, ha affermato Ryan, aggiungendo che “non sarà facile, ma è ciò che dovremo fare”.
L’accordo finanziario alla COP29 “deve essere sostanziale. Potrebbe facilmente andare nella direzione sbagliata, bloccandosi nella sfiducia e nella mancanza di progressi”. Un fallimento a Baku invierebbe un segnale devastante: “se non ottenessimo un accordo, sarebbe imperdonabile”, ha concluso Ryan.
IL FINANZIAMENTO AL CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Intanto, martedì scorso i ministri delle Finanze dell’Unione europea hanno approvato la posizione negoziale congiunta dei 27 Paesi sul finanziamento del contrasto al cambiamento climatico, il tema centrale della COP29. I Paesi partecipanti al vertice dovranno modificare l’attuale obiettivo di 100 miliardi di dollari l’anno di fondi in favore dei Paesi in via di sviluppo, per contrastare il surriscaldamento globale e diventare più resilienti ai fenomeni climatici estremi. Tuttavia, ad oggi i ministri non hanno ancora rivelato quanto denaro l’Ue è disposta a mettere in campo.
LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA
Ma perché Bruxelles non vuole sbilanciarsi sugli aiuti ai Paesi in via di sviluppo? Secondo quanto hanno riferito a Politico due diplomatici e un funzionario europei, si tratta di una strategia per ottenere un vantaggio sugli altri blocchi nei prossimi negoziati. “Non mi aspetto che verrà comunicata una cifra prima della COP. Del resto, si tratta di un negoziato, la quota finale dipenderà anche dalla composizione della base di donatori e dalla struttura generale del target di finanziamento”, ha spiegato un funzionario Ue.
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