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Agevolazioni fiscali prima casa: conferimento in Trust non assimilabile a cessione #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Interessante sentenza (sentenza n. 24387 del 11 settembre 2024 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione) relativa alla fruizione dei benefici prima casa per coloro i quali hanno già utilizzato questa possibilità in un precedente acquisto ma si impegnano ad alienare la precedente abitazione entro un anno dall’acquisto della successiva.

Va infatti ricordato che l’articolo 1 della Tariffa collegata al DPR 131/86, che disciplina le agevolazioni in questione, prevede alla lettera c) del primo comma che “che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo” e che il comma 4-bis dello stesso articolo 1[1] dispone che “L’aliquota del 2 per cento si applica anche agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 …. a condizione che quest’ultimo immobile sia alienato entro un anno dalla data dell’atto.”

Poniamo allora che la persona che deve trasferire un immobile entro un anno da un successivo acquisto lo faccia a favore di un Trust: è comunque rispettata la condizione appena esposta, ovvero l’alienazione del bene?

La questione, come vedremo, si presta a diverse possibili letture.

[1] Comma aggiunto dall’art. 1, comma 55, L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

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1) L’antefatto: Trust e fiscalità indiretta. Lo spartiacque costituito dalla Circolare n. 34 del 2022

Nella Circolare 20 ottobre 2022 n. 34, tutta dedicata al Trust, al paragrafo 4 titolato “Disciplina ai fini delle imposte indirette” l’Agenzia torna su un tema relativamente al quale la giurisprudenza le aveva dato torto con pronunce ormai consolidate. 

In particolare si tratta dei riferimenti a precedenti circolari secondo le quali la mera segregazione di un bene in Trust, senza che vi fosse un effettivo arricchimento dei beneficiari, faceva scattare l’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale.

Viene in tale contesto ricordato come l’articolo 2, commi da 47 a 49 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, (decreto con cui era stata restituita l’abrogata imposta sulle successioni e donazioni) ne ha previsto l’applicazione anche per gli “atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e la costituzione di vincoli di destinazione”.

Viene quindi confermato che l’apporto di beni nel Trust (o la costituzione del vincolo di destinazione che ne è l’effetto) vada assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale (cfr. circolari n. 48/E del 2007 e n. 3/E cit.). Ma, mentre l’atto istitutivo, con cui il disponente esprime la volontà di istituire il Trust, laddove non contempli anche la segregazione di beni, è assoggettato a imposta di registro in misura fissa, l’atto dispositivo, con cui il disponente vincola i beni in Trust, è soggetto ad imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale dell’otto per cento (fatte salve aliquote diversificate e le franchigie in considerazione del rapporto di parentela tra disponente e beneficiario, al momento della segregazione).

Questo almeno secondo l’orientamento delle precedenti circolari.

Ma, per quanto attribuito dall’Agenzia ad “un radicale mutamento di orientamento, rispetto alla posizione inizialmente espressa” da parte della Suprema Corte, si ammette come l’odierna prassi non possa non considerare che la giurisprudenza è ormai granitica nel ritenere che la dotazione di beni e diritti in Trust non integra di per sé un trasferimento imponibile, bensì rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta. Quindi, detto in parole povere, se il bene materialmente non arriva al beneficiario (ma solo al Trustee finalizzato agli scopi del Trust) non c’è capacità contributiva.

L’Agenzia stabilisce con ciò che “devono ritenersi superate le indicazioni fornite con i sopra richiamati documenti di prassi, posti alla base dell’attività impositiva e del contenzioso, con riferimento agli atti di dotazione di beni in Trust, specificamente contenuti nella circolare n. 48/E del 2007 ai paragrafi 5.2, 5.3 e 5.5”.

Vengono quindi riepilogati i principali momenti di vita e di funzionamento del Trust con riferimento alle imposte indirette.

L’atto di Trust è assoggettato all’imposta di registro in misura fissa ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, del  DPR  26  aprile  1986,  n.  131,  anche quando nel medesimo atto venga disposta la dotazione patrimoniale al Trust.

La medesima tassazione si applica anche agli atti con cui il disponente dota il Trust di beni, vincolandoli agli scopi del Trust. Infatti l’unico effetto che si determina è il passaggio dei beni al Trustee il quale è tenuto solo ad amministrarli e a custodirli.

La dotazione di beni in Trust può comportare  però, secondo l’Agenzia, la  decadenza  dalle  agevolazioni  fiscali ai fini delle imposte indirette fruite dal disponente e collegate al mantenimento dei beni per un determinato intervallo temporale (ad esempio, agevolazione c.d. “prima casa” in relazione ad immobile acquistato dal disponente da meno di cinque anni, ai sensi della Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986). 

Invece, proseguendo nella disamina, gli atti con cui vengono attribuiti i beni vincolati in Trust ai beneficiari realizzano il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e donazioni. In questo caso infatti si realizza un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale.

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2) Il caso esaminato nella sentenza

Fatte dunque tutte le premesse di cui sopra relativamente ai benefici prima casa, all’acquisto di un immobile con le agevolazioni avendo fruito delle stesse una prima volta e con l’impegno a vendere il primo immobile entro un anno ed infine alla natura del Trust in riferimento alle imposte indirette, veniamo allora alla questione in commento.

Ovvero, per la Cassazione non deve essere consentito al contribuente di riacquistare una abitazione con l’agevolazione “prima casa” qualora quella acquistata con la predetta agevolazione in precedenza non sia venduta, ma sia conferita in Trust. Lo stabilisce la sentenza n. 24387 del 11 settembre 2024 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bruschetta, Rel. Hmeljak) con cui viene respinto il ricorso del contribuente che aveva eccepito, tra gli altri motivi, proprio l’avvenuto trasferimento al Trust di due unità acquistate in precedenza coi benefici “prima casa”.

La Corte ricorda le condizioni di accesso alle agevolazioni prima casa e precisa che secondo la giurisprudenza della Corte, formatasi in materia di imposizione degli atti costitutivi e di dotazione del trust, l’istituzione di un “trust” ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, ad un incremento del patrimonio del “trustee”, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale (Cass. 24 dicembre 2020, n. 29507).

Secondo l’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985, ratificata con la legge n. 364 del 1989, con l’espressione trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti dal disponente, con atto tra vivi o mortis causa, ponendo dei beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.

È stato anche precisato che l’apposizione del vincolo sui beni conferiti nel trust, in quanto tale, determina l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’art. 2740 c.c.), la quale non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al trustee, ma soltanto al beneficiario finale, ove esistente, ma in un momento successivo, quando il trust ha raggiunto lo scopo per cui è stato costituito. Prima di questo momento, l’utilità, insita nell’apposizione del vincolo, si risolve, dal lato del conferente, in un’autorestrizione del potere di disposizione, mediante la segregazione e, dal lato del trustee, in un’attribuzione patrimoniale meramente formale, separata dai beni personali del trustee (Cass. n. 29507/2020 cit.).

Sempre con riferimento all’imposta di registro e alle imposte ipotecaria e catastale, è stato altresì affermato che: “Il trasferimento del bene dal “settlor” al “trustee” avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del “trust” (Cass. n. 975/2018).

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La natura meramente formale, strumentale e temporanea che caratterizza la proprietà immobiliare istituita in capo al trustee incide anche sulla questione riguardante la verifica dei requisiti per il riconoscimento della agevolazione “prima casa”, secondo la disciplina vigente ratione temporis, ai sensi della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in quanto fra detti requisiti vi è quello della cd. “impossidenza” (la mancanza, al momento dell’atto di acquisto, della titolarità di altra abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa”).

Il conferimento dei beni al trust, come si è già detto, produce soltanto efficacia “segregante”, sia perché di detti beni il trustee non è proprietario, bensì amministratore, sia perché gli stessi non possono che essere trasferiti ai beneficiari. Da detta segregazione non deriva, quindi, alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, che si realizzeranno solo successivamente in favore dei beneficiari (Cass. n. 21614 del 26/10/2016). Si tratta di un trasferimento non definitivo, non stabile e con limitazioni d’esercizio e godimento; esso non da luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, che si realizza solo in un momento successivo, laddove il trasferimento dei beni sia disposto a favore dei beneficiari del trust, se diversi dal disponente. 

Di conseguenza, poiché l’atto di dotazione del trust non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio del trustee, lo stesso non determina, in capo al disponente, quella situazione di “impossidenza”, richiesta dalla norma sull’agevolazione “prima casa”, per potere accedere nuovamente al beneficio.

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3) Una autorevole posizione critica dalla dottrina

L’assimilazione tra regole sul reale trasferimento di ricchezza (che non si verifica nel caso di apporto in Trust) e regole per l’agevolazione prima casa è una operazione interpretativa che non convince, secondo chi, forse più di ogni altro, ha scritto di tali agevolazioni[1].

Per l’autorevole commentatore, quando si verte in tema di acquisto della “prima casa” vi è da compiere un discorso anzitutto civilistico poiché la normativa che elenca i presupposti per l’avvalimento dell’agevolazione opera un innegabile riferimento a parametri strettamente civilistici: ad esempio, avere la residenza nel Comune ove è ubicata la casa oggetto di acquisto agevolato, non avere la titolarità del diritto di proprietà (o di altri diritti reali) in detto Comune, eccetera.

E’ certamente vero che l’apporto in trust non genera arricchimento patrimoniale e, quindi, capacità contributiva in capo al trustee, ma al tempo stesso l’apporto al trust provoca un indubbio effetto civilistico e cioè il trasferimento del diritto apportato dalla sfera giuridica del disponente alla sfera del trustee, seppur costui non disponga della pienezza del diritto che gli è trasferito, in quanto deve “trattarlo” secondo quanto gli è imposto nell’atto istitutivo del trust

La conclusione è dunque che sia in grave errore la Cassazione quando afferma che «il conferimento dei beni al trust … produce soltanto efficacia “segregante”, sia perché di detti beni il trustee non è proprietario, bensì amministratore, sia perché gli stessi non possono che essere trasferiti ai beneficiari».

[1]  Angelo Busani, “Se la prima casa con agevolazioni va nel trust, no al secondo bonus”, Il Sole24Ore, 10 ottobre 2024.

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4) Qualche riflessione in conclusione

Nel caso analizzato, il ricorrente vede dunque il suo ricorso respinto con condanna alle spese. Il che forse non è completamente corretto, giacché al momento in cui è iniziato il giudizio per Cassazione (sicuramente ben prima dell’ottobre 2022 quando fu emanata la citata circolare 34) era proprio l’Agenzia delle Entrate a sostenere l’efficacia traslativa dell’apporto in Trust. Inoltre se tutta la vicenda si fosse svolta con le attuali regole interpretative l’apporto in Trust precedente sarebbe avvenuto in esenzione di imposte indirette, mentre con tutta probabilità quegli atti furono tassati in regime di successione e donazione, considerata la predetta impostazione dell’AdE. Quelle imposte, secondo la Circolare 34, paragrafo 4.4.5, sono da considerare acquisite a titolo definitivo, “senza necessità di effettuare ulteriori liquidazioni all’atto di successive attribuzioni a favore del beneficiario”.

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In sostanza l’alienazione del bene, richiesta dalla normativa sulle agevolazioni, si è perfezionata fiscalmente “a titolo definitivo”. Ma non vale, secondo la lettura della Cassazione, ai fini della fruizione delle agevolazioni, in quanto il bene non risulterebbe (sempre ai fini fiscali, ma in una diversa ottica) realmente alienato. Il che pare difficile da accettare dal punto di vista di coerenza interpretativa.

Altra questione critica è quella già evidenziata in precedenza parlando della circolare. Il conferimento di un immobile in Trust, infatti, secondo l’Agenzia determina la  decadenza dalle agevolazioni fiscali ai fini delle imposte indirette fruite dal disponente e collegate al mantenimento dei beni per un certo intervallo di tempo (ad esempio, agevolazione c.d. “prima casa legata al possesso per almeno cinque anni). Quindi se chi ha acquistato un bene immobile lo apporta in Trust prima dei cinque anni, tale passaggio è assimilato, secondo la prassi, ad una cessione e fa perdere i benefici. Ma se il conferimento in Trust deve servire a non perdere il beneficio legato a un successivo acquisto agevolato, il passaggio al Trustee non è più assimilato a una cessione. C’è evidentemente qualcosa che non quadra.[1]

Forse una chiave di lettura potrebbe essere quella, diversamente dal mero aspetto formale indagato dai Giudici di Legittimità, di tornare alla ratio delle agevolazioni prima casa. Scopo delle quali è quello di agevolare l’acquisto di una (e una sola) casa di abitazione, anche con modalità diverse (accorpamento, cambio di destinazione, ristrutturazione….). Ed allora forse occorre guardare allo specifico atto di Trust ed ai suoi scopi.

Ad esempio, con riferimento alla Circolare quando si parla di perdita di benefici per il passaggio al Trust verificato in epoca anteriore al quinquennio, pensiamo a due genitori che conferiscano in Trust l’abitazione, per essere posta a disposizione della famiglia, magari con un figlio disabile. Davvero non comprenderemmo come ciò possa costituire il presupposto per la perdita di un beneficio fiscale, visto che l’immobile, seppur legato agli scopi del Trust, rimane a disposizione della famiglia dell’acquirente.

Ancora, in relazione alla sentenza, appare non sovrapponibile la situazione di un Trust familiare, con utilizzo dei beni in Trust anche da parte del disponente, rispetto a un Trust benefico, finalizzato ad apporti di utilità a persone diverse dal disponente e dalla sua famiglia. Se nel primo caso l’immobile conferito in Trust può essere utilizzato, al pari del secondo acquistato, dal disponente e/o dai familiari, ponendo in effetti un problema di doppia fruizione sostanziale del beneficio, nel secondo caso il bene si è ormai allontanato dalla sfera di disponibilità della persona che effettua l’apporto e la situazione di fatto non è affatto dissimile da una vera e propria cessione.

Si tratta di una idea interpretativa certamente da perfezionare, ma che contiene indubbiamente degli elementi di coerenza che non rinveniamo nella Sentenza né in taluni passaggi della prassi.

[1] Ed infatti tale discrasia viene posta in evidenza anche nell’articolo del Notaio Busani, citato in precedenza.



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