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Tavares ha ragione sugli incentivi? Ecco quanti soldi ha speso il governo italiano #finsubito prestito immediato


“Per sostenere la domanda di auto elettriche in Italia servono notevoli iniezioni di incentivi, sennò non ce la facciamo. Ci costano il 40% di più”. Le parole dell’ad di Stellantis Carlos Tavares, in audizione alla Camera lo scorso venerdì 11 ottobre, hanno scatenato un vero e proprio putiferio politico. Da Matteo Salvini che imputa al manager franco-portoghese la crisi dell’automotive italiana a Calenda e Schlein che accusano Tavares di non proporre alcun piano industriale: il coro è bipartisan e indignato. E oggi, lunedì 14 ottobre, il manager franco-portoghese ha rincarato la dose non escludendo licenziamenti “per rilanciare Stellantis” nel lungo periodo. 

Ma quanto ha speso lo Stato italiano per accelerare la transizione e cosa si sta facendo in Europa? Proviamo a fare chiarezza. 

Quasi 1 miliardo di incentivi nel 2024: la fetta più grande è (anche) per le auto termiche 

L’Italia ha stanziato nel 2024 quasi un miliardo di euro (per l’esattezza 950 milioni) per l’acquisto di auto, moto e veicoli commerciali a basso impatto ecologico. Per quanto riguarda il parco auto, la divisione è stata fatta per fasce di emissioni.

Alla prima appartengono tutte le auto “full elettric”, ovvero i veicoli con emissioni inferiori a venti grammi per chilometro percorso (20g/km) di anidride carbonica. Nella seconda fascia ci sono invece tutte le auto con emissioni inquinanti comprese fra 21-60 g/km di CO2. Parliamo in sostanza delle cosiddette ibride plug-in, ovvero tutte quelle vetture con doppia alimentazione: termica ed elettrica. Possiedono una batteria di trazione ricaricabile, ma con un’autonomia generalmente più limitata rispetto a quelle di prima fascia.

La crisi dell’auto sta già colpendo i lavoratori e le aziende italiane

Veniamo quindi a tutte quelle auto con emissioni comprese tra 61-135 grammi di anidride carbonica per chilometro, la terza fascia. In questo caso parliamo di un parco auto molto variegato. Al suo interno troviamo sia macchine con motore termico di ultima generazione a basse emissioni sia auto ibride (full e mild). Nella categoria rientrano inoltre molte auto di segmento C (4 metri e mezzo all’incirca di lunghezza) e anche qualcuna del segmento D (lunghezza che può arrivare a 5 metri). 

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La grande contraddizione è una: se nel 2035 l’Unione Europea ha annunciato lo stop definitivo ai motori termici, questi ultimi sono tra quelli che, nel 2024, abbiamo incentivato maggiormente.

Se infatti 240 milioni di euro di incentivi sono stati destinati alle auto full elettric e 150 milioni alle cosiddette ibride plug-in, è la terza fascia ad aver ottenuto i finanziamenti maggiori. In particolare per l’acquisto di auto ibride, o termiche di ultima generazione, i fondi ammontavano a circa 403 milioni di euro.

Un caso unico in Europa. Ma, al di là delle valutazioni politiche, per capire il perché di una scelta apparentemente illogica è importante guardare a cosa è successo nel 2023 e nel 2022. 

Il flop degli incentivi per l’elettrico nel 2023 e la “lezione” del 2024

Nel 2024 si è potuto stanziare quasi 1 miliardo di euro, grazie al recupero di quanto non è stato speso lo scorso anno: circa 300 milioni di euro. E c’è un precedente. Nel 2022, ad esempio, era rimasto inutilizzato quasi il 44% dei fondi stanziati pari a 289 milioni di euro.

Rimanendo al 2023, non sono stati utilizzati 94,5 milioni di euro (su uno stanziamento di 190 milioni) destinati alle auto “full elettric” e ben 202 milioni per quanto riguarda le ibride plug-in. In questo caso gli automobilisti hanno quasi disertato il bonus: si consideri che lo stanziamento iniziale era di 235 milioni di euro. 

Dentro la crisi dell’auto elettrica

E se la prima tentazione è quella di credere che, incentivi o meno, agli italiani non piaccia l’auto elettrica, le cose sono forse più complesse. Per accorgersene basta guardare ai dati di quest’anno. Mentre scriviamo questo articolo, vale a dire il 14 ottobre 2024, i fondi stanziati per le vetture “full elettric” sono di fatto esauriti, quelli per le ibride e le termiche di ultima generazione sono in via di esaurimento, mentre continuano a non decollare gli acquisti delle auto plug in. 

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A cambiare è stata però la forma assegnata ai bonus: gli incentivi hanno permesso anche a chi non poteva permettersi un’auto elettrica di sperimentare questa opzione. In particolare, nel 2024, rottamando una vecchia auto (da euro 0 a 2)  si poteva arrivare fino a 13.750 euro di incentivi per un’auto elettrica.

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Un importo quasi raddoppiato rispetto al 2023 che copre oltre il 50% del prezzo d’acquisto delle utilitarie più economiche. E anche se c’è chi ha visto, dietro il boom degli acquisti, la mano lunga delle società di autonoleggio, con il governo che smentisce anomalie, il dato è che quest’anno gli incentivi sono funzionati decisamente meglio rispetto all’anno precedente. E la chiave potrebbe essere proprio quella di aver concesso importi più alti per i singoli consumatori.

Ma, per capire se le parole di Tavares abbiano senso o meno, bisogna anche guardare al di fuori dei nostri confini. 

Cosa fanno gli altri paesi europei 

Che le auto elettriche siano a oggi vendute in Europa solo in presenza di cospicui incentivi statali ce lo insegna la Germania dove si sta assistendo alla crisi di Volkswagen e di Audi. Ad agosto Berlino ha fatto registrare una flessione addirittura del 69% delle vendite di auto elettriche rispetto all’anno precedente.

Per gli analisti è l’effetto collaterale della fine degli incentivi per i consumatori, decisa dal Governo nel 2023. Ma i dati, e la conseguente crisi di Volkswagen che ha annunciato licenziamenti e delocalizzazioni, non hanno lasciato indifferente l’esecutivo di Olaf Scholz, che ha già annunciato lo stanziamento di nuovi fondi per la transizione. Entro il prossimo anno dovrebbero essere stanziati 585 milioni di euro per l’acquisto di una vettura elettrica. Incentivi che dovrebbero arrivare a 685 milioni di euro nel 2028.

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Anche in Francia con il “bonus écologique” il governo investe quasi 1 miliardo e mezzo di euro sull’acquisto di vetture a basse emissioni (che scenderà di 500 milioni di euro nel 2025), con condizioni però più stringenti. Le auto che hanno diritto al bonus devono essere alimentate esclusivamente a elettricità o idrogeno, non essere superiori a determinate dimensioni. Si punta quindi su modelli che siano ad alta resa energetica e che ricordino, almeno in parte, le vecchie utilitarie familiari che hanno contribuito alla diffusione dell’auto di massa. Nel modello francese viene anche concordato un leasing sociale (esaurito per il 2024) per veicoli a zero emissioni. 

Anche la Spagna si muove in questo senso con il programma “Moves III”. Prevede un programma di 1 miliardo e mezzo di euro, da ripartire alle comunità autonome per favorire la mobilità elettrica tramite l’acquisto di auto a emissioni zero e la realizzazione di infrastrutture di ricarica.

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I nostri investimenti, però, al di là dell’esperienza francese, non si discostano troppo da quelli del resto d’Europa. Quello che cambia è forse come abbiamo deciso di ripartire i soldi di questa transizione includendo, ancora una volta, le vetture a motore termico, seppur a basse emissioni di CO2, nelle sovvenzioni.

L’evidenza è insomma che, anche all’interno di Palazzo Chigi, ci sia scetticismo sul futuro della mobilità elettrica. Che l’unico costruttore rimasto in Italia dia poi indirettamente la colpa della crisi alle istituzioni fa parte del gioco delle parti. E il timore è che a pagarne il prezzo siano, molto presto, i lavoratori. 



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