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Le PMI pagano tasse 120 volte in più delle big tech #finsubito prestito immediato


  • Le PMI sono il fulcro centrale dell’economia italiana, ma si trovano nella pratica a pagare più imposte rispetto alle grandi aziende del web.
  • Secondo un recente report dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, in proporzione le piccole e medie imprese pagano tasse 120 volte di più rispetto ai colossi del web come Meta, Amazon o Microsoft.
  • A beneficiare di un’imposizione fiscale più favorevole sono soprattutto le aziende che si trasferiscono all’estero in alcuni paesi con fiscalità privilegiata.

Le piccole e medie imprese italiane fanno girare l’economia nel nostro paese, ma sono anche più tassate rispetto alle multinazionali e alle big tech come Meta o Booking. I dati che emergono dal recente report dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre1 sono allarmanti: le PMI italiane pagano molte più tasse rispetto ai giganti del web.

Questa è la conseguenza diretta non solo di una pressione fiscale elevata nel nostro paese, ma anche di una corsa delle grandi aziende al risparmio sulle tasse, che si traduce nello spostare le proprie sedi in paesi a fiscalità privilegiata.

Secondo lo studio, le PMI pagherebbero ben 120 volte in più di tasse rispetto a grosse aziende come Amazon, Microsoft o Booking, che di contro producono una grande quantità di denaro. Ma vediamo da vicino quali sono i dati della ricerca.

PMI italiane e pressione fiscale

Le piccole e medie imprese italiane costituiscono il tessuto economico del nostro paese e contribuiscono a dare lavoro ai cittadini. Eppure, sono anche coinvolte da un’elevata pressione fiscale, in primis dovuta al complesso sistema di tassazione presente in Italia.

La pressione del fisco sulle PMI sarebbe oggi maggiore rispetto a quella applicata sulle multinazionali e in generale sulle big tech, ovvero grandi aziende che si muovono nel campo dell’informatica e della rete.

I dati rilevano che le piccole e medie imprese italiane versano all’anno 24,6 miliardi di euro in tasse, mentre le grandi aziende del web che operano nel nostro paese pagano solamente 206 milioni di euro: una differenza allarmante, che mette in luce una disuguaglianza di trattamento non indifferente.

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Le piccole realtà pagano circa 120 volte in più delle grandi aziende, rivelando una pressione fiscale sulle PMI quasi del 50%, contro il 36% riscontrato sui big della tecnologia.

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Fisco e big tech

tassazione multinazionalitassazione multinazionali

Le grosse aziende che si muovono sul web, come Amazon, Apple e Meta, oggi percepiscono guadagni molto elevati, con un gap rispetto a quelli prodotti dalle PMI notevole. Il digitale in particolare si è sviluppato e allargato a macchia d’olio anche nel nostro paese, coinvolgendo soprattutto alcune realtà aziendali.

Queste attività riescono a godere di un’imposizione fiscale più vantaggiosa se comparata a quella delle PMI principalmente perché mettono in pratica strategie di risparmio di diverso genere, anche al limite della legalità.

La prima di queste consiste nello spostare una delle sedi o la totalità di esse all’estero, pur continuando a percepire ricavi dall’Italia. Queste grosse aziende hanno i mezzi per muovere le sedi in paesi con fiscalità privilegiata, ad esempio nei Paesi Bassi, provvedendo a pagare imposte molto più vantaggiose rispetto a quelle applicate alle PMI italiane.

Senza contare che le imprese nostrane non hanno spesso i mezzi per programmare uno spostamento all’estero di questo tipo, quindi non possono di fatto accedere alle agevolazioni presenti in alcuni Stati. Società di grosse dimensioni quindi, oltre a poter stabilire la propria sede in paesi in black list fiscale, hanno di fatto i mezzi per poter eludere le tasse.

Quali sono le big tech in Italia

Molte delle big tech che operano in Italia sono realtà diffuse e conosciute da tutti, per cui almeno una volta i cittadini le hanno sentite nominare. Pensiamo ad esempio al colosso dell’e-commerce Amazon, oppure al portale di intermediazione immobiliare Booking, o ancora il gigante dei social Meta.

Si parla di almeno 25 multinazionali che operano nel digitale e che sono presenti nel nostro paese, utilizzate quotidianamente dagli italiani. Oltre a quelle citate qui, vi rientrano Adobe, azienda che propone prodotti e applicazioni informatiche, ADP, Alibaba per l’e-commerce internazionale.

Seguono IMB, azienda statunitense nel settore informatico, JD.com per il commercio online, la nota Microsoft, Oracle, Otto, Sap, Salesforce, Vipshop e anche Uber, incentrata sul trasporto privato. I servizi di queste aziende si concentrano sulla proposta digitale e si sono diffusi a livello esponenziale in Europa e in Italia, ma sono al centro di non pochi dibattiti, anche a livello politico, intorno al trattamento fiscale applicato.

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PMI e big tech: differenza di gettito fiscale

Regione Gettito fiscale in milioni di euro Quante volte le PMI pagano di più le imposte rispetto alle big tech
Lombardia 25.758 +125,0
Lazio 11.670 +56,7
Emilia Romagna 7.819 +38,0
Veneto 7.582 +36,8
Piemonte 5.593 +27,2
Toscana 5.191 +25,2
Campania 3.911 +19,0
Puglia 2.560 +12,4
Sicilia 2.480 +12,0
Friuli Venezia Giulia 1.775 +8,6
Liguria 1.720 +8,4
Marche 1.624 +7,9
Abruzzo 1.088 +5,3
Provincia Autonoma di Bolzano 1.074 +5,2
Sardegna 950 +4,6
Calabria 893 +4,3
Umbria 819 +4,0
Provincia Autonoma di Trento 767 +3,7
Basilicata 332 +1,6
Valle d’Aosta 190 +0,9
Molise 175 +0,8

I dati sono esaustivi: le PMI pagano più tasse, in proporzione, rispetto a compagnie come Adobe, Alibaba o Microsoft. In quest’analisi sono state considerate le prime 25 grosse aziende del web che operano in Italia. Il gettito fiscale complessivo nel paese sulle principali imposte è di 83.975 milioni di euro, una cifra molto superiore in termini percentuali rispetto alle tasse pagate da realtà come Amazon, Microsoft e Uber.

Si tiene conto in questi dati delle principali imposte italiane, che possono variare di molto negli altri paesi, soprattutto quelli a fiscalità privilegiata: Irpef, Irap, Ires, imposta sostitutiva per il regime forfettario. La Lombardia si trova al primo posto per gettito fiscale a carico delle PMI, con una differenza molto marcata rispetto ai versamenti effettuati dalle grosse aziende di tecnologia.

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L’impatto delle PMI sull’economia italiana

Le piccole e medie imprese sono molto importanti per il tessuto economico italiano, perché costituiscono la grande maggioranza delle aziende. Su 4,4 milioni di imprese nel paese, quelle di piccola dimensione (con meno di 10 lavoratori) costituiscono il 95,13% del totale2, contro lo 0,09% delle grosse aziende.

Da qui si può facilmente immaginare come queste realtà impattano sul territorio a livello di occupazione e di fatturato. La pressione fiscale elevata è spesso uno dei problemi centrali soprattutto per le realtà di piccola dimensione, che hanno mezzi limitati, soprattutto se si trovano in un mercato competitivo.

Le big tech note come Amazon e Booking di numero rappresentano la minoranza ma dispongono di mezzi più potenti per fare scelte più vantaggiose dal punto di vista fiscale, tramite ad esempio lo spostamento all’estero. Anche se molti paesi a fiscalità privilegiata rientrano nelle black list per il fisco italiano, sono scelti dalla maggioranza delle grosse aziende digitali.

La tassa sulle multinazionali

Una soluzione che potrebbe in parte risolvere il problema, ma non del tutto, è l’introduzione della Global Minimum Tax, la tassa minima sulle multinazionali in Europa3. Si tratta di un’imposta minima da applicare alle grosse aziende, considerate multinazionali, indipendentemente dal paese in cui hanno sede.

Si parla di una quota sugli utili prodotti prelevabile ogni qual volta la tassa stabilita da un dato paese non raggiunga un minimo deciso in partenza. In questo modo tutte le multinazionali arriveranno a pagare almeno il 15% di imposte sul fatturato.

I diversi paesi stanno recependo le direttive europee, per cui in Italia grazie al decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023, la tassa minima porterà entrate allo Stato a partire dal 2025. Questa soluzione è il primo passo, voluto dall’Europa, per una tassazione più equa tra imprese di piccole dimensioni e multinazionali.



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