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non spetta sul secondo acquisto se il primo è stato conferito in trust #finsubito prestito immediato


Chi ha usufruito dell’agevolazione prima casa su un immobile poi conferito in trust, non può beneficiare dell’agevolazione sul secondo acquisto. Il principio nell’Ordinanza della Corte di Cassazione

In tema di agevolazione “prima casa”, il contribuente che ha usufruito del beneficio sul primo immobile, poi conferito in trust, non può usufruire dell’agevolazione sul secondo acquisto perché l’atto di dotazione del trust non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio del trustee e, di conseguenza, lo stesso non determina, in capo al disponente, quella situazione di “impossidenza”, richiesta dalla norma sull’agevolazione prima casa, per potere accedere nuovamente al beneficio.

Questo il principio desumibile dall’Ordinanza n. 24387/2024 della Corte di Cassazione.

Agevolazione prima casa: non spetta sul secondo acquisto se il primo è stato conferito in trust

Il giudizio verte sul ricorso avverso due avvisi di liquidazione con i quali l’Agenzia delle Entrate riliquidava, rispettivamente, maggiore IVA e maggiore imposta sostitutiva sul finanziamento, a seguito del disconoscimento delle agevolazioni c.d. prima casa in relazione ad un acquisto di un immobile in Altamura, avvenuto con atto stipulato nel 2016, avendo il contribuente già beneficiato della relativa agevolazione in relazione ad altro immobile acquistato in Matera nel 2010.

In conferma della sentenza di prime cure, la CTR respingeva l’appello proposto dal contribuente sulla motivazione che l’Ufficio avesse correttamente riliquidato le imposte, avendo revocato i benefici invocati con l’atto di acquisto del 2016, in quanto il contribuente ne aveva già fruito nell’anno 2010: infatti, in occasione del secondo acquisto, il contribuente aveva taciuto di avere già beneficiato dell’agevolazione e di avere conferito l’immobile in un trust.

In tal modo era venuto meno uno dei presupposti a cui è condizionata l’agevolazione e, cioè, che l’acquirente non deve essere titolare, su tutto il territorio nazionale, di diritti reali su altra casa, acquistata con analoghe agevolazioni.

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Infatti, se la ratio della norma è quella di favorire l’acquisto della prima casa, non poteva essere tollerata una diversa interpretazione che consentisse di aggirare le finalità della legge, consentendo plurimi acquisti agevolati, suscettibili di ripetersi all’infinito, in violazione del principio di capacità contributiva. Gli atti di affidamento al trustee, non avendo privato il contribuente del diritto reale sugli immobili, poiché a favore del trustee non si realizza alcun incremento patrimoniale.

La proprietà rimane in capo al conferente che con l’atto di conferimento, restringe i suoi poteri di disposizione, affidati al trustee in attesa che il trasferimento si realizzi a favore del beneficiario finale, secondo le finalità proprie del trust.

Il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione della sentenza lamentando, con ampia motivazione, violazione degli artt. 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985 (ratificata con L. n. 364/1989), lett. c) del comma 1 della Nota II-bis all’art. 1, Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/1986 e di quella (connessa) di cui al n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR n. 633/72, per avere la CTR errato nell’interpretare le clausole negoziali dell’atto istitutivo del trust e nell’individuare gli effetti giuridici realizzati a seguito del conferimento in trust dell’immobile sito in Matera, acquistato nel 2010.

A parere del ricorrente, da una corretta interpretazione di dette clausole si doveva desumere che egli avesse perso definitivamente la proprietà degli immobili acquistati nel 2010, essendo questi confluiti in un patrimonio separato, non appartenente né al contribuente né al trustee, per essere poi attribuiti ai beneficiari finali del trust.

Nel disconoscere il beneficio “prima casa” il giudice di appello ha richiamato un indirizzo giurisprudenziale di legittimità inconferente, riguardante l’imposta sulle successioni e donazioni per cui , nel caso di “trust liberale”, l’attribuzione patrimoniale stabile e definitiva si realizza solo nel momento in cui il trustee assegna i beni costituiti in trust ai beneficiari finali, ma ciò non implica anche che sino a quel momento detti beni “appartengano” ancora al disponente che, invece, perde in modo definitivo la titolarità giuridica, oltre che la disponibilità e il controllo, su detti beni.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo e ha respinto il ricorso della parte privata.

L’atto di dotazione del trust non comporta la situazione di impossidenza

In materia di imposta di registro, la nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, allegata al DPR n. 131/1986, nel testo vigente ratione temporis, si legge che:

“1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:

(…) c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo (…) In caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte.”

Secondo la giurisprudenza di legittimità, formatasi in materia di imposizione degli atti costitutivi e di dotazione del trust, l’istituzione di un “trust” ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, ad un incremento del patrimonio del “trustee”, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale (così Cass. n. 29507/2020).

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Secondo l’art. 2 della Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985, con l’espressione trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti dal disponente, con atto tra vivi o mortis causa, ponendo dei beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine determinato.

Il trust può essere costituito per finalità eterogenee, ma gli elementi comuni sono:

  • un nucleo causale unitario costituito dalla combinazione dello scopo di destinazione con quello, ad esso strumentale, di segregazione patrimoniale;
  • l’attuazione del vincolo di destinazione mediante intestazione meramente formale dei beni al trustee ed attribuzione al medesimo di poteri gestori e di disposizione circoscritti e mirati allo scopo;
  • l’attribuzione al beneficiario (ove esistente) di una posizione giuridica che non è di diritto soggettivo, ma di aspettativa o di interesse qualificato ad una gestione conforme alla realizzazione dello scopo.

Trattandosi di un mero “insieme” di beni e rapporti giuridici destinati ad un fine determinato nell’interesse di uno o più beneficiari, il trust è privo di personalità giuridica, con la conseguenza che soggetto legittimato nei rapporti, anche processuali, con i terzi è esclusivamente il trustee nella sua veste di gestore, formale intestatario dei beni ed esercente in proprio dei diritti correlati, il quale acquista la proprietà dei beni o dei diritti conferiti nel trust, non a proprio vantaggio – perché non incrementano il suo patrimonio personale, ma restano separati e segregati – ma per compiere gli atti di gestione (e, se previsti, di disposizione), che consentano di realizzare lo scopo per il quale il trust è stato istituito, non nell’interesse proprio, ma di terzi.

Con riferimento all’imposta di registro e alle imposte ipotecaria e catastale, è stato altresì affermato che:

“Il trasferimento del bene dal «settlor» al «trustee» avviene a titolo gratuito e non determina effetti traslativi, poiché non ne comporta l’attribuzione definitiva allo stesso, che è tenuto solo ad amministrarlo ed a custodirlo, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del suo ritrasferimento ai beneficiari del «trust» (Cass. n. 975/2018).”

La natura meramente formale, strumentale e temporanea che caratterizza la proprietà immobiliare istituita in capo al trustee incide anche sulla questione riguardante la verifica dei requisiti per il riconoscimento dell’agevolazione “prima casa”, secondo la disciplina vigente ratione temporis, ai sensi della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, allegata al DPR n. 131/1986, in quanto fra detti requisiti vi è quello della cd. “impossidenza” (la mancanza, al momento dell’atto di acquisto, della titolarità di altra abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa”).

Il conferimento dei beni al trust, come si è già detto, produce soltanto efficacia “segregante”, sia perché di detti beni il trustee non è proprietario, bensì amministratore, sia perché gli stessi non possono che essere trasferiti ai beneficiari. Da detta segregazione non deriva, quindi, alcun reale trasferimento di beni e arricchimento di persone, che si realizzeranno solo successivamente in favore dei beneficiari.

Si tratta di un trasferimento non definitivo, non stabile e con limitazioni d’esercizio e godimento; esso non dà luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza, che si realizza solo in un momento successivo, laddove il trasferimento dei beni sia disposto a favore dei beneficiari del trust, se diversi dal disponente.

Di conseguenza, poiché l’atto di dotazione del trust non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio del trustee, lo stesso non determina, in capo al disponente, quella situazione di “impossidenza”, richiesta dalla norma sull’agevolazione “prima casa”, per potere accedere nuovamente al beneficio.



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