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Allarme colf e badanti in nero. Il numero di lavoratori domestici irregolari è salito a quota 753mila, pari al 54% degli 1,3 milioni di addetti del settore. Con un danno per lo Stato quantificabile in 2,5 miliardi di mancati contributi e tasse. A stimarlo sono Assindatcolf e la Fondazione studi Consulenti del lavoro, in un report sull’occupazione nel settore che verrà presentato oggi. «Se la regolarizzazione del 2020 ha favorito l’emersione di un numero importante di collaboratori, portando il tasso di irregolarità al 51,8% – si legge nel rapporto – c’è da attendersi che la contrazione occupazionale degli ultimi due anni si accompagni a una risalita dello stesso stimabile attorno al 54% per il 2023». La fotografia finale è presto fatta: su 1,38 milioni lavoratori domestici, 632mila sono regolari e 753mila irregolari. Il numero complessivo di colf e badanti, poi, è in costante calo negli ultimi anni.

Il settore delle collaborazioni domestiche contribuisce al 38,3% del totale dell’occupazione irregolare dipendente in Italia: un dato eclatante, considerato che il settore rappresenta solo il 4,2% di quello regolare. Si torna quindi ai livelli pre-2020, quando il tasso di irregolarità oscillava tra il 55% e il 60%.

LE RAGIONI
Il costo annuo che il lavoro nero domestico produce è quantificabile in quasi 2,5 miliardi, derivante dal mancato gettito contributivo (per circa 1,5 miliardi) e dall’evasione dell’Irpef, stimata dal ministero dell’Economia in 904 milioni all’anno. Ma gli effetti non sono deleteri solo per i conti pubblici.

«La mancata riduzione del lavoro irregolare nel settore – si legge nel rapporto – è uno degli elementi che ha più inciso sullo sviluppo, quantitativo e qualitativo, di questa tipologia di lavoro». L’alta diffusione di situazioni irregolari, quindi, «alimenta una concorrenza al ribasso nell’offerta e nella domanda di lavoro, che ha penalizzato fortemente l’evoluzione verso un modello più professionale e qualificato di occupazione».

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Tra i fattori che hanno determinato la crescita del lavoro irregolare, secondo gli esperti, ci sono aspetti culturali, ma anche l’inflazione e la quasi stagnazione degli stipendi negli ultimi venti anni. Tramite il “nero”, in generale, le famiglie che pagano colf e badanti sperano di risparmiare, non pagando i contributi e una serie di benefici/diritti come tredicesima, ferie, malattia e Tfr. Ma questi costi evitati si ripercuotono in meno tasse e quindi meno servizi offerti dallo Stato a tutti i cittadini. Sono spesso però anche gli stessi lavoratori a chiedere di non essere regolarizzati. Non essendo le famiglie dei sostituti d’imposta come gli altri datori di lavoro ed essendo diverse colf e badanti straniere in situazioni di fragilità o con la necessità di accumulare denaro per i propri parenti all’estero, l’irregolarità conviene. Non risultando lavoratori al Fisco, infatti, si può usufruire illegalmente dei vari sostegni pubblici al reddito come la Naspi.

LE RICHIESTE
Per invertire la rotta e far emergere il lavoro irregolare Assindatcolf chiede al governo nuovi incentivi fiscali per famiglie e lavoratori «così da rendere conveniente assumere in modo regolare». Oggi, secondo l’associazione dei datori di lavoro domestico, le famiglie «hanno pochissimi vantaggi e quindi, avendo difficoltà economiche a sostenere il costo di colf e badanti ed estrema necessità di supporto per la presenza di anziani e persone non autosufficienti, spesso sono costrette a ricorrere al lavoro irregolare».

L’associazione, però, esprime soddisfazione per la previsione di 10mila nuovi ingressi regolari di lavoratori domestici dall’estero tramite il nuovo decreto flussi appena approvato dal governo. «Sommati ai 9.500 ingressi già previsti nella programmazione triennale – spiega Assindatcolf – con ogni probabilità si potrà raggiungere la quota di 19mila colf e badanti, corrispondente al reale fabbisogno delle famiglie stimato per il 2025».

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