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Auto elettriche in crisi. Prezzi, vendite e incentivi: cosa succede #finsubito prestito immediato

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Non è un buon periodo per le auto elettriche, in Europa e non solo. L’elettrificazione procede a ritmi ridotti, comunque inferiori alle attese. Il mercato delle auto “green” frena, complicando la situazione dell’intero settore automotive, già in affanno, e mettendo in dubbio la riuscita dei progetti ambiziosi fissati dall’Unione europea nell’ambito del cosiddetto “Green Deal”, il  pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’Ue sulla strada di una transizione verde, con l’obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Su tutti, lo stop alla vendita di auto a diesel e benzina entro il 2035, iniziativa tra l’altro osteggiata dal governo italiano.

Auto elettriche: vendite a -43,9% in un anno in Ue

I dati parlano chiaro. Nel mese di agosto 2024 in tutta l’Europa occidentale sono state vendute solo 125mila auto elettriche: si tratta del 36% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Considerando l’Unione europea nel complesso, la flessione è ancora più marcata: -43,9%. E i segnali poco confortanti arrivano anche dagli altri continenti: Toyota, la più grande azienda automobilistica del Giappone, ha ridotto di circa il 30% il suo obiettivo di produzione globale di veicoli elettrici per il 2026.

I numeri delle vendite in calo stridono con i grandi investimenti che i principali produttori di auto hanno messo in campo per la loro conversione verso l’elettrico. Per Stellantis, ad esempio, l’investimento previsto sarebbe di 50 miliardi entro il 2030. In qualche caso si sta già iniziando a rivedere i piani d’azione, continuando con la produzione di ibride accanto alle elettriche. Così ad esempio ha fatto Volvo Cars (Geely), che ha abbandonato l’obiettivo di diventare completamente elettrica entro il 2030.

Stellantis ha ridotto di 200mila unità le stime di vendita. Anche Volkswagen è corsa ai ripari. Il colosso tedesco negli scorsi mesi ha paventato il rischio di chiudere due stabilimenti in Germania a causa di minori vendite per 500mila vetture. Bmw prevede invece un ribasso dell’utile operativo, in calo dal precedente 8-10% al 6-7% dei ricavi e sul rendimento del capitale investito che scende dal 21-26% al 14-16%, mentre sul fronte delle vendite parla di un “lieve calo”.

Mercedes-Benz ha tagliato le stime per l’intero 2024 a causa “del rapido deterioramento del mercato cinese” e si attende rendimenti rettificati nella principale divisione auto del gruppo tra il 7,5 e l’8,5% rispetto al precedente 11%. Aston Martin ha tagliato le stime 2024: produrrà circa mille auto in meno rispetto a quanto aveva pianificato, con una riduzione delle vendite vicina al 10%.

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I prezzi alti e gli incentivi inadeguati

Ma quali sono le cause di questa frenata del mercato delle auto elettriche? In primis ci sono i prezzi ancora troppo alti dei veicoli elettrici rispetto a quelli delle tradizionali auto con motore a combustione interna. I primi in media si aggirano intorno al 20% in più rispetto ai secondi: oggi è difficile trovare auto green sotto i 30-40mila euro. E mancano incentivi stabili all’acquisto: ecco perché i consumatori appaiono disorientati e incerti. Per ovviare al problema, molti Stati hanno pensato a incentivi specifici, che però si sono man mano esauriti e non sono stati rinnovati. In alcuni Paesi, come in Germania, appena sono terminati i sostegni le vendite sono quindi crollate.

La Cina e la questione dei dazi

Non solo, perché sul mercato dei veicoli elettrici pesa da sempre poi lo spettro della concorrenza dalle case automobilistiche cinesi, spinte da oltre un decennio da una significativa politica di incentivi, ma anche da un sostegno di tipo non finanziario, come la rapida introduzione di infrastrutture di ricarica e politiche di immatricolazione molto rigorose per le auto non elettriche. Ecco perché si torna a parlare di dazi. I Paesi Ue andranno al voto finale sull’introduzione di tasse sulle auto elettriche importate dalla Cina tra poche ore, venerdì 4 ottobre.

Si tratta di una questione divisiva: il voto era stato inizialmente messo in calendario per il 25 settembre, poi è slittato per via delle divisioni tra le capitali europee. La Commissione europea ha imposto lo scorso luglio tariffe provvisorie fino al 36,3% nei confronti di alcuni produttori cinesi, in risposta ai maxi sussidi elargiti da Pechino al suo comparto. Tariffe che, se confermate, si aggiungerebbero ai dazi del 10% a cui erano già soggetti gli esportatori dalla Cina. I dazi devono ora essere confermati entro fine ottobre, con una decisione da parte dei governi Ue a maggioranza qualificata. Se il voto sarà favorevole, le misure saranno applicate per 5 anni.



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