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Automotive: a Bruxelles si discute la proposta Urso, cosa dice e come è stata accolta tra i 27 #finsubito prestito immediato

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Il ministro Urso ha anticipato i contenuti del prossimo piano industriale italiano – soffermandosi sul settore automotive europeo – sia a margine dell’incontro sul futuro dell’automotive con il vicecancelliere e ministro dell’economia e della protezione climatica tedesco Robert Habeck, sia in sede di consiglio Competitività a Bruxelles e in occasione di una serie di bilaterali con ministri e viceministri di Spagna, Austria, Olanda, Romania, Malta e Polonia.

Da tutti gli incontri bilaterali è emersa una certa convergenza sulla necessità di un intervento per delineare una nuova politica industriale europea, accogliendo anche le indicazioni del rapporto Draghi. Gran parte delle proposte ha trovato largo consenso, come quella sull’opportunità di anticipare l’esercizio della clausola di revisione del regolamento CO2 in ambito automotive, al fine di rivedere e rafforzare per tempo il percorso per raggiungere i target del regolamento. Tuttavia, le dichiarazioni di rappresentanti di alcuni Stati membri – tra cui la Germania – hanno evidenziato la presenza di posizioni differenti tra i 27 rispetto ad alcune questioni specifiche in merito all’attuazione della politica industriale europea. 

La proposta dell’Italia per il settore automotive 

Nel dettaglio, l’intervento di Urso, sia in sede di consiglio Competitività sia nel suo incontro con Habeck e negli altri bilaterali, ha posto la necessità di introdurre un “European Automotive Act” che sia al passo coi tempi, che tenga quindi conto della crisi attuale del settore, fissando obiettivi e scadenze adeguate al contesto. 

Secondo Urso, il primo aspetto da tenere in considerazione nell’ambito di un ipotetico European Automotive Act è la necessità che la Commissione UE anticipi dal 2026 ai primi mesi del 2025 la presentazione dei report sul settore previsti dal regolamento UE 2023/851. In vigore da maggio 2023, il regolamento – che rientra nell’ambito del pacchetto Fit for 55 e quindi del Green Deal – norma la riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli leggeri. Anticipando la verifica di medio termine a inizio 2025, verrebbe attivata la clausola di revisione dell’articolo 15, che prevede di verificare le modalità che porteranno allo stop ai motori endotermici nel 2035 ed eventualmente di apportare delle modifiche al percorso fin qui intrapreso. Un passaggio definito “necessario” in una nota del MIMIT, per permettere alle aziende del settore di pianificare con maggiore certezza i propri investimenti a lungo termine, per valutare i progressi compiuti e per rivedere e rafforzare il percorso per raggiungere i target del regolamento. 

Su quest’ultimo punto – cioè il raggiungimento degli obiettivi al 2035 – la posizione dell’Italia è che sia realizzabile solo in presenza di tre condizioni fondamentali:

  • istituire un fondo di sostegno per l’intera filiera e per i consumatori che acquistano auto elettriche prodotte in Europa;
  • adottare un approccio che favorisca la neutralità tecnologica, riconoscendo un ruolo importante agli e-fuels e all’idrogeno (e non solo all’elettrico come è avvenuto finora);
  • definire una strategia volta a garantire l’autonomia europea nella produzione di batterie, utilizzando materie prime critiche estratte e lavorate nel continente. 

“Il rischio concreto che corre il settore è la scomparsa di interi segmenti industriali e la distruzione di numerosi posti di lavoro. Se non interveniamo subito, tra qualche mese troveremo in piazza gli operai dell’industria europea, così come avvenuto qualche mese fa con gli agricoltori. È necessario, come dice Draghi, affrontare la tematica senza paraocchi, senza ideologie, ma con una visione di neutralità tecnologica. Altrimenti l’Europa non reggerà la sfida”, ha avvertito il ministro Urso in occasione del consiglio Competitività. “Dobbiamo quindi rivalutare il quadro in cui sono state assunte nel 2023 le decisioni correlate al settore dell’auto: i dati che emergono, gli allarmi che ci sono lanciati dall’industria automobilistica e dai sindacati, sono già eloquenti e sufficienti per trarre un primo bilancio. Per questo l’Italia intende accelerare il percorso creando nuove condizioni, affinché siano raggiunti gli obiettivi”, ha aggiunto.

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In coerenza con il rapportot Draghi, Urso ha inoltre proposto la creazione di un “Fondo per la Competitività” a supporto di tutti i settori coinvolti nelle transizioni in atto, automotive in primis. In questo contesto, l’Italia chiederà una semplificazione degli IPCEI (Importanti progetti di interesse comune europeo nell’ambito della ricerca) e la creazione di un nuovo strumento di politica industriale pensato per rispondere alle esigenze delle PMI.

Come è stata accolta la proposta italiana sul futuro dell’automotive

Nel corso della discussione del Consiglio, la posizione italiana sulla politica industriale dell’UE ha trovato un riscontro positivo, in particolare negli interventi dei rappresentanti di Slovacchia, Repubblica Ceca e Lettonia, che hanno anch’essi rilevato la necessità di dotarsi di strumenti adeguati a sostenere l’industria europea, così come emerso nel corso del colloquio tra Urso e Habeck.

Meno uniformità di pensiero, invece, sulla necessità di prevedere un approccio maggiormente rivolto alla neutralità tecnologica al fine di spingere sui carburanti alternativi e sull’idrogeno. La Germania, ad esempio, ha sottolineato come in realtà non si tratti di carburanti che non hanno un impatto sull’ambiente, ma che hanno anzi effetti negativi sulla biodiversità e sulla gestione della risorsa idrica e che, ad oggi, richiedono energia da fonti non rinnovabili per essere prodotti e distribuiti. Si tratta certamente di un tema molto complesso e potenzialmente divisivo, ma resta il fatto che diversi giganti dell’automotive come Toyota e BMW hanno recentemente ammesso di aver già iniziato a puntare – oltre che sulle batterie – sui biofuel per decarbonizzare i propri veicoli.

Anche per quanto concerne la questione della revisione anticipata della clausola del regolamento CO2 – che potrebbe avere delle conseguenze sui termini fissati al 2035 per lo stop alle immatricolazioni dei veicoli a combustione – non tutti si sono trovati d’accordo. Spagna e Germania, infatti, si sono dichiarate disposte a rafforzare gli strumenti a disposizione per mantenere la scadenza del 2035, pur di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nei tempi stabiliti. Da sottolineare, però, che, a seguito dell’incontro bilaterale, Habeck – sebbene non si fosse pronunciato in realtà a favore della proposta di anticipo del riesame al 2025 – si è mostrato preoccupato che l’industria automobilistica, già piegata dalla crisi attuale, possa incorrere in futuro in pesanti sanzioni per il mancato rispetto degli ambiziosi obiettivi intermedi fissati da Bruxelles. Una preoccupazione che potrebbe spingerlo a riconsiderare l’ipotesi di anticipare ai primi mesi del 2025 la verifica dei progressi raggiunti da Bruxelles. 

In sostanza, nonostante una generale convergenza sulla necessità di sostenere maggiormente la politica industriale europea – che dal punto di vista dell’Italia deve ricalcare quanto detto nel rapporto Draghi – restano le divisioni su nodi estremamente critici, che, soprattutto in caso di contrarietà della Germania, il paese più popoloso tra i 27 con un peso decisivo in fase di voto su decisioni importanti come la definizione della futura politica industriale dell’UE, non sono da sottovalutare. La proposta Urso, tuttavia, resta sul tavolo e sarà al centro di un documento – che il Ministero ha definito “non-paper” a sottolinearne l’informalità – che l’Italia condividerà con gli altri paesi nelle prossime settimane. 

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