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le novità del Decreto Salva Casa — idealista/news #finsubito richiedi mutuo fino 100%

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Tra gli ambiti maggiormente modificati con il Decreto Salva Casa c’è sicuramente quello relativo ai cambi di destinazione d’uso degli immobili. Sul punto, il lavoro svolto alla Camera per la conversione in legge del D.L. numero 69/2024 (Decreto Salva Casa) è stato fondamentale per dare nuovi spunti ed apportare ulteriori modifiche alla originaria versione del testo normativo.

La modifica è intervenuta integrando l’articolo 23-ter del TUE, che disciplina appunto il “mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante”, mediante la modifica del comma 1 e l’inserimento dei commi da 1 bis a 1 quinquies. Prima di addentrarci nell’analisi delle modifiche apportate è opportuno fare chiarezza su alcuni concetti di base.

Cosa significa cambio di destinazione d’uso?

Cambiare la destinazione d’uso di un appartamento significa modificarne la finalità di utilizzo. Ad esempio modificare un immobile ad uso ufficio (categoria catastale A10) in un immobile ad uso abitazione (categoria catastale A3).

Quali sono le destinazioni d’uso rilevanti?

Le destinazioni d’uso rilevanti, definite dall’art. 23-ter del TUE, sono suddivise in 5 macroaree:

  1. residenziale (abitazioni, studi professionali, affittacamere);
  2. struttura turistico-ricettiva (alberghi e in generale gli immobili a prevalente carattere ricettivo);
  3. produttiva e direzionale (laboratori artigianali, industrie, magazzini, imprese edili, officine);
  4. commerciale (bar, pub, negozi, ristoranti);
  5. agricola (immobili collegati a produzioni agrarie, allevamenti e forestazione, campi coltivati, vivai di fiori e piante, boschi, pascoli, abitazioni rurali, agriturismi).

Le modifiche del decreto salva casa

Il decreto salva casa introduce importanti novità in merito al tema del cambio della destinazione d’uso. Scopriamo insieme quali sono le principali.

Modifica della destinazione d’uso “senza opere”

Prima importante modifica apportata dal Decreto Salva Casa riguarda il comma 1 dell’articolo 23-ter del TUE, nel quale viene specificato cosa significa mutamento della destinazione d’uso senza opere: “il mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l’esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all’articolo 6”. Per completezza è opportuno ricordare che l’articolo 6 a cui fa riferimento la norma è quello relativo alle opere in edilizia libera.

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Mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria

Altra modifica apportata è l’inserimento del nuovo comma 1 bis all’articolo 23-ter del TUE, riguardante il mutamento destinazione d’uso all’interno della stessa categoria (sia con l’esecuzione di opere sia senza l’esecuzione di opere). Si prevede quindi la possibilità di modificare la destinazione d’uso della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni. Ad onor del vero tale modifica non è una novità perché il precedente articolo 23-ter del Testo Unico Edilizia prevedeva già questa possibilità.

Mutamento della destinazione d’uso tra categorie diverse

Il mutamento della destinazione d’uso (sia con opere che senza opere, seppure chiaramente il cambio di destinazione senza opere in questo caso sia piuttosto difficile) della singola unità immobiliare tra diverse categorie funzionali è sempre consentito, per le unità ubicate in edifici in zone A (centro storico), B (zone totalmente o parzialmente edificate diverse dai centri storici) o C (zone destinate a nuovi complessi insediativi) di cui all’art. 2 del D.M. 1444/1968, o equipollenti, anche qui nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, e inoltre nel rispetto delle ulteriori specifiche dettate dal comma 1-quater.

Anche l’appena citato comma 1 quater, sempre relativo all’articolo 23-ter del TUE, è di nuova introduzione il quale, come detto, apporta specifiche restrizioni al mutamento di destinazione d’uso tra categorie diverse di cui al comma 1 ter. In particolare:

“il mutamento di destinazione d’uso di cui al comma 1-ter è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile”;

– “nelle ipotesi di cui al comma 1-ter, il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal DM 1444/1968 e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge urbanistica del 1942 (L. 1150/1942)”;

– infine, se previsto, resta fermo il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria.

Appartamenti posti al primo piano fuori terra o seminterrati

Il cambio di destinazione d’uso in queste due fattispecie è disciplinato dalla legislazione regionale che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di cui ai commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.

Come si procede per cambiare la destinazione d’uso?

La semplificazione cercata con il Salva Casa passa anche dalla scelta di uniformare i titoli abilitativi richiesti prescindendo dall’intervento da realizzare. Per tale motivo se prima del Salva Casa, in base al caso specifico, si doveva utilizzare la CILA, SCIA, o PdC (Permesso di Costruire), con la modifica normativa, invece il nuovo comma 1 quinques dell’articolo 23-ter del TUE prevede che il titolo edilizio da utilizzare è in ogni caso la SCIA.

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Ne deriva quindi che tale novità comporta, in alcuni casi un aggravio (rispetto alla CILA) mentre in altri una semplificazione (rispetto al PdC).



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