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rischio squilibri senza l’ingresso di giovani, donne e immigrati nel lavoro #adessonews


Roma, 24 settembre 2024 – Età media effettiva della pensione a 64,2 anni, contro i 67 dell’età “legale”. Ma anche più lavoratori rispetto al 2019. Spesa previdenziale in aumento (vicina ai 347 miliardi), ma anche ampliamento della base contributiva. Potere d’acquisto dei salari in calo, ma con recupero nell’ultimo anno. Conferma delle disparità di assegno pensionistico tra uomini e donne, con i primi che ottengono un trattamento superiore alle seconde del 35% in più. E, anzi, con le lavoratrici che, nel 18% dei casi, rischiano di uscire dal mercato del lavoro alla nascita di un figlio. E’ una radiografia-miniera di dati e tendenze quella realizzata dall’Inps nel tradizionale Rapporto annuale, il XXIII, presentato ieri nella sede dell’Eur alla presenza del Capo dello Stato. Un Rapporto che segnala il rischio squilibrio nella tenuta del sistema previdenziale, se non entreranno più giovani e donne nel mercato del lavoro e se il tracollo demografico italiano non sarà compensato da maggiori flussi migratori. Un Rapporto che fa dire al Presidente dell’Istituto, Gabriele Fava, che “l’Inps è il vero hub del welfare italiano. Questo termine è quello che rappresenta al meglio il nostro ruolo strategico come piattaforma di collegamento tra diversi attori che, a vario titolo, operano a servizio dei cittadini”.

I numeri complessivi: lavoratori e pensionati

Nel 2023 i lavoratori iscritti all’Inps con almeno una settimana di contributi sono stati 26,6 milioni, oltre 1,08 milioni in più del 2019. Il dossier annuale dell’Inps segnala come la differenza rispetto all’Istat dipenda dal fatto che l’Istituto di statistica faccia un’indagine campionaria, mentre l’Inps dà un dato di flusso annuo. Le settimane lavorate in media nel 2023 per ogni assicurato sono state 43,1 a fronte delle 42,9 medie del 2019. Hanno trainato l’aumento i dipendenti privati a tempo indeterminato mentre si sono ridotti gli autonomi. Si registrano 540mila lavoratori in più nati in Paesi extra Ue. Nel 2023, lo stock di pensioni è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al 2022. I pensionati erano circa 16,2 milioni, di cui il 52% donne e l’importo lordo della spesa pensionistica era poco sotto i 347 miliardi di euro, di cui 338 miliardi di euro per pensioni erogate dall’Inps. Oltre la metà della spesa pensionistica totale – si legge ancora nel Rapporto – è stata per pensioni di anzianità e anticipate, seguite da pensioni di vecchiaia e pensioni al superstite. Le prestazioni assistenziali (agli invalidi civili e pensioni/ assegni sociali) hanno assorbito l’8% del totale.

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Rischio squilibrio

L’età media di accesso alla pensione in Italia, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, è di 64,2 anni e questo, insieme con la generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale. “Le previsioni Eurostat per l’Ue relative agli andamenti demografici – si legge nel Rapporto – fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei Paesi, come l’Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata”. Nel 2021, l’ultimo anno per cui vi sono dati confrontabili, la spesa previdenziale italiana si è attestata al 16,3% del prodotto interno lordo (PIL), un livello inferiore solo a quello della Grecia, a fronte di una media europea del 12,9%. “La spesa pensionistica italiana – insiste il Rapporto – è particolarmente elevata per due motivi principali. Innanzitutto, l’età effettiva di accesso alla pensione di vecchiaia è ancora relativamente bassa a causa dell’esistenza di numerosi canali di uscita anticipata dal mercato del lavoro, nonostante un’età legale a 67 anni, tra le più alte in Europa. Oltre a questo, le pensioni sono, in media, generose ed infatti il tasso di sostituzione della pensione rispetto all’ultima retribuzione percepita prima del pensionamento è tra i più elevati in UE, al 58,9%, quasi 14 punti percentuali sopra la media europea (45%)”.

Età media e pensionamenti anticipati

L’Inps chiarisce che l’età media effettiva di pensionamento nel 2023 è di 64,6 anni se si considerano solo i pensionati Inps e non si considerano i casi di accompagnamento al pensionamento come l’Ape sociale e gli esodi. L’età media di pensionamento è cresciuta di oltre due anni dai 62,1 anni del 2012, anno di entrata in vigore della riforma Fornero. L’Inps segnala che dal 2019 al 2021 i pensionamenti anticipati rispetto all’età di vecchiaia sono stati circa 500mila l’anno per poi scendere nel 2022 sotto quota 400mila e fissarsi a 300mila nel 2023. Tra il 2019 e il 2021 ha avuto una parte significativa Quota 100 ma la parte principale in tutti e cinque gli anni l’ha avuta l’uscita con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne) possibile indipendentemente dall’età anagrafica. Le misure adottate dal governo hanno comunque garantito una frenata al ricorso ai pensionamenti anticipati, che lo scorso anno si sono ridotti del 15,5%.

Le scelte da fare: palla al governo

“Gli interventi sono di competenza del legislatore” dice il presidente dell’Inps rispondendo a una domanda sui rischi di squilibrio per i conti previdenziali a causa dell’età media effettiva di pensionamento di poco superiore ai 64 anni e ai livelli delle prestazioni, sottolineando che nel breve-medio periodo “la tenuta dei conti è assolutamente in equilibrio”. “Stiamo lavorando in piena sintonia con il governo, siamo totalmente allineati con il governo e i ministeri competenti. Sono molto fiducioso – aggiunge – Sono interventi non velocissimi, non facili, complessi. Serviranno per migliorare ancora di più le situazioni che affrontiamo”.  

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