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Pensioni, l’allarme dell’Inps: sistema a rischio squilibrio con età media di 64,2 anni #adessonews



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Fava, Inps: priorità? Ripensare il sistema di welfare

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Il sistema previdenziale italiano è a rischio sostenibilità. Se il bilancio dell’Inps si è chiuso per il terzo anno in positivo e l’occupazione aumenta (i lavoratori iscritti all’Inps con almeno una settimana di contributi nel 2023 sono stati 26,6 milioni, oltre 1,08 milioni in più del 2019) l’età media della pensione superiore ai 64 anni, sommata alle dinamiche demografiche e inflazionistiche, crea problemi in prospettiva. Questa la foto scattata dal XII rapporto annuale sullo stato di salute del sistema pensionistico in Italia.

Rischi squilibrio per l’età

L’età media di accesso alla pensione in Italia, grazie alla possibilità di uscire in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, è di 64,2 anni e questo, «insieme alla generosità dei trattamenti rispetto all’ultima retribuzione, rischia di creare squilibri per il sistema previdenziale».

Si aggiunge poi il fatto che «le previsioni Eurostat per l’Ue relative agli andamenti demografici fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei Paesi, come l’Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata» si legge nel rapporto.

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In calo il potere d’acquisto

Al notevole recupero occupazionale, sia in termini di unità che di intensità di lavoro, «non è corrisposto un incremento dei redditi e delle retribuzioni tale da compensare pienamente la perdita di potere d’acquisto conseguente alla recrudescenza del fenomeno inflattivo». Secondo l’Istituto si è registrato un aumento lordo dei salari del 6,8%, a fronte di un aumento dei prezzi attorno al 15-17%. L’aumento delle retribuzioni monetarie è del 10,4% netto tra il 2021 e il 2023, anche grazie agli interventi di decontribuzione.

In media le retribuzioni (comprese quelle part-time e quelle dei contratti per solo una parte dell’anno) nel 2023 sono state pari a 25.789 euro lordi nell’anno, mentre per il full time e il full year l’importo medio ha raggiunto i 39.176 euro.

Troppe ancora le differenze

Notevoli restano però le differenze in termini retributivi a livello territoriale, di genere e d’età.

Nel corso del 2023 i trattamenti più elevati sono stati corrisposti in Lombardia, Trentino e Lazio (oltre 1.400 euro lordi al mese), seguite da Piemonte, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Emilia-Romagna (oltre 1.300 euro). Gli importi più bassi si registrano in Calabria (sotto i 1.100 euro) e nelle regioni del Mezzogiorno. Da notare inoltre che tra le prestazioni liquidate in Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna oltre la metà sono trattamenti assistenziali, principalmente invalidità civili.

Le donne sebbene «rappresentino la quota maggioritaria sul totale dei pensionati (il 52%), percepiscono il 44% dei redditi pensionistici, ovvero 153 miliardi di euro contro i 194 miliardi dei maschi». Dunque l’importo medio mensile dei redditi pensionistici percepiti dagli uomini era superiore a quello delle donne di circa il 35%. Per gli uomini infatti il reddito da pensione è in media di 2.056,91 euro mentre per le donne è di 1.524,35 euro, chiarisce l’Inps.

Nondimeno dopo la nascita del primo figlio le donne sperimentino una riduzione salariale, che è particolarmente significativa nell’anno di nascita (-76%) e in quello successivo. Dopo quattro anni dalla maternità, spiegano gli analisti dell’Inps, i redditi riprendono a crescere in maniera simile a quanto avviene per quelli percepiti dalle donne senza figli, tuttavia 15 anni dopo la nascita del figlio il divario resta. Per gli uomini, invece, la nascita di un figlio non interferisce con il trend crescente e a 7 anni dall’evento si osserva un incremento che sfiora il 50%.

Da ultimo, non certo per importanza, il rapporto dell’Istituto evidenzia come i giovani lavorino meno e guadagnino di meno. A fronte di una retribuzione media annua di fatto pari nel 2023 a quasi 26 mila euro per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati, esclusi lavoratori domestici e operai agricoli), gli under 30 guadagnano poco più di 14 mila euro, quindi poco di più della metà; inoltre, in tale fascia d’età, i dipendenti pubblici guadagnano circa 6-7 mila euro di più dei loro coetanei del settore privato.

Un altro faro acceso dall’Inps punta sugli abusi del reddito di cittadinanza: intercettate nel 2023 oltre 266mila domande di reddito di cittadinanza a rischio frode con il risparmio di 1,05 miliardi, tramite l’utilizzo del Sistema di Business Intelligence per la legalità e la lotta agli abusi (Sibilla). (riproduzione riservata)

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