I dati di Istat sui conti pubblici nel periodo 2021-2023 e le nuove stime daranno più o meno spazio al governo per la manovra, soprattutto per confermare alcune misure, quali il taglio del cuneo e dell’Irpef
L’Istat ha reso noti i dati riguardanti i conti pubblici relativi al periodo 2021-2023. Le stime riviste, al ribasso e al rialzo, i celebri zero virgola, potranno dare più o meno spazio di manovra al governo per la Legge di Bilancio di fine anno. E la maggioranza sa di quanto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, abbia bisogno di quello spazio per perlomeno confermare le misure una tantum dell’anno scorso. A cominciare dal taglio del cuneo contributivo (soldi reali in tasca dei dipendenti), e del taglio dell’Irpef.
Numeri e riforme
Giorgetti continua a invitare alla prudenza. E fa bene. Da quest’anno si dovrà fare riferimento alle nuove regole del Patto di stabilità. Che significa non semplicemente le antiche regole di Maastricht. Ma presentare un Piano strutturale di bilancio. E cioè un programma basato su numeri e riforme che indichi all’Europa e ai nostri partner il grado di competitività che l’Italia vuole raggiungere assieme agli altri Stati membri.
Il programma
Da questo punto di vista, la revisione pesa ma relativamente perché l’Italia si appresta a presentare un programma da qui al 2031. Che copre cioè più legislature: molto pronunciato nel tempo. Peseranno molto di più le riforme (uno Stato che non funziona può incidere ben poco), l’agevolazione agli investimenti che sono uno dei veri motori della crescita. Come pure i segnali inviati al mondo produttivo. Piuttosto che singole e parziali partite che spingono a volte l’opposizione al pessimismo e il governo a facili entusiasmi.
L’automotive
Un caso per tutti. Come scriveva Ferruccio de Bortoli domenica sul Corriere, gingillarsi su presunti rinvii alla fine della vendita del motore a scoppio sulle auto dal 2035, serve a poco mentre il mondo corre. L’ultima classifica del Gartner group sulle performance digitali delle case automobilistiche riportata dal Financial Times, vede tra le prime dieci società solo 3 dei tradizionali produttori: due americani, Gm e Ford, e uno europeo Bmw. Il resto è dominato dalle “nuove” Tesla, Rivian e soprattutto le cinesi.
La doppia transizione, digitale ed ambientale, pone sfide da affrontare con piglio non condiscendente con imprese e cittadini. Ci sarà da fare delle scelte e proprio per questo politica governo dovranno stare al loro fianco. Perché di transizione, di periodo e non di opzioni una tantum o semplici scorciatoie si tratta.
Le banche
Si discute tanto di banche ed extraprofitti delle banche. Se si ritiene che abbiano indebitamente approfittato dei tassi alti siamo sicuri che la strada sia spingerle a mettere più soldi nel mare magnum dell’incontrollabile spesa pubblica? Sarebbe meglio fare in modo che aiutino di più imprese e consumatori agevolando investimenti e consumi. Che non approfittino dei tassi alti. Se lo fanno è perché siamo in un mercato ben poco competitivo e dove la concorrenza è solo di superficie. Di facciata.
Ma questo è un antico vizio italiano: pensare che tasse, agevolazioni e bonus siano il solo strumento di politica amministrativa di un governo.
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