La Cassazione, ordinanza n. 25223/2024, si rivolge alla Corte Ue per fare chiarezza sul sistema di indennizzo per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle coltivazioni agricole. In particolare, la questione riguarda la necessità o meno da parte del richiedente di una dichiarazione, almeno fino all’entrata a regime delle banche dati, in cui attesti di non aver superato le soglie degli aiuti previsti dal regime de minimis nel triennio precedente.
Nel 2014 una azienda agricola marchigiana subiva danni alle colture di grano duro dalla fauna selvatica e presentava una domanda urgente per risarcimento danni (su modello fornito dall’ente Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2). Successivamente un perito agronomo, incaricato dall’Ambito di Caccia, accertava danni per 1000 euro che però non venivano pagati. Proposto ricorso il richiedente otteneva un decreto ingiuntivo, confermato in primo e secondo grado, in cui si affermava, tra l’altro, che la compilazione da parte dei danneggiati della modulistica “de minimis” non risultava condizione necessaria ai fini del pagamento, poiché, in sua mancanza, le Associazioni dovrebbero verificare gli aiuti ricevuti dall’impresa, tramite apposito registro e che comunque il Regolamente Ue, avente valore immediato, non prevedeva specifici obblighi dichiarativi. Contro questa decisione ha proposto ricorso l’Ambito di caccia.
Per la Suprema corte dunque la questione è se l’azienda agricola, per poter beneficiare dell’indennizzo previsto per i danni cagionati dalla fauna selvatica alle proprie coltivazioni, doveva, a pena di improcedibilità della richiesta di indennizzo, presentare obbligatoriamente l’autocertificazione relativa ai contributi percepiti negli anni precedenti, nonostante l’ente erogatore non l’avesse richiesta e benché fosse accertato il non superamento della soglia massima degli aiuti di Stato prevista dal Regolamento.
Per la Corte si tratta di una questione di interpretazione nuova, che presenta un interesse generale.
In definitiva, la Terza Sezione civile, ai sensi dell’articolo 267 del TFUE, in relazione al Regolamento Ue n. 1408/2013 (alla luce della correlazione esistente tra: a) l’art. 3, che istituisce il sistema degli aiuti de minimis all’agricoltura con tetto triennale massimo di Euro 15 mila; b) l’art. 6, paragrafo 1, relativo alle formalità di controllo prodromiche e funzionali all’erogazione degli aiuti; c) l’art. 6, paragrafo 2, relativo al sistema di obbligatorietà dello scambio di informazioni tra impresa richiedente e pubblica amministrazione (Ambiti di Caccia, nel sistema italiano) nel primo triennio finanziario successivo all’istituzione in ambito nazionale delle Banche Dat) ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla seguente questione di interpretazione del diritto dell’Unione:
1) se i menzionati articoli del regolamento n. 1408/2013, letti nel loro combinato disposto, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato Membro possa prevedere la concessione di aiuti di Stato de minimis all’agricoltura ed erogarli, nel primo triennio successivo all’istituzione delle Banche dati in ambito nazionale e comunque sino alla completa ed integrale tenuta delle stesse, in difetto di specifica dichiarazione dell’impresa richiedente circa l’entità e la natura di ulteriori aiuti di Stato percepiti nel triennio finanziario di riferimento;
2) e, in particolare, se, nel suddetto periodo temporale, la produzione di una autocertificazione relativa ad eventuali contributi percepiti nel triennio precedente costituisca un presupposto indispensabile della presentazione della domanda di indennizzo e della sussistenza del diritto a percepire l’aiuto di Stato, ovvero possa legittimamente intervenire anche solo in fase di controllo e, quindi, successivamente al percepimento del medesimo.
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