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Startup sprint con l’HR? «Il fatturato cresce fino al 33% se c’è cultura delle risorse umane» #adessonews


Intervista a Ottavio Maria Campigli, Senior Equity Partner & Founder di W Executive. Persone, competenze e approccio data driven sono decisivi. Anche nelle realtà più giovani. La scelta dei componenti è essenziale e la qualità del team è determinante per arrivare all’exit, con un impatto fino 71%

Il panorama tech italiano appare sempre più competitivo e articolato e, ora più che mai, è evidente la fortissima relazione tra investimenti, crescita aziendale e forte attenzione al capitale umano. Infatti “sarebbe impossibile produrre risultati in un ambiente dinamico senza persone
straordinarie”, come indicato da Jeff Bezos, Ceo & Founder di Amazon, in merito all’importanza del giusto team e dell’HR, non solo in una startup digitale, ma in generale in tutte aziende che desiderano ottenere risultati positivi e duraturi nel tempo. Ne abbiamo parlato con Ottavio Maria Campigli, Head Hunter di riferimento nel panorama italiano Startup & Scaleup e Advisor di fiducia di alcuni tra i più rinomati fondi di Venture Capital. Ottavio – che è stato anche membro della giuria dei SIOS di StartupItalia – ha conseguito un Executive MBA con menzione al merito presso SDA Bocconi e, negli ultimi 15 anni ha supervisionato oltre 8.000 selezioni e intervistato più di 11 mila candidati. Ottavio è Senior Equity Partner e Founder di W Executive (che include i brand WeHunt e W Advisory), realtà che ha realizzato 18 milioni di revenue al suo secondo anno e che in meno di 3 anni conta 400 dipendenti non solo in Italia ma anche già in Francia, Spagna, Svizzera e UK.

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Ottavio Maria Campigli, Senior Equity Partner e Founder di W Executive

Sembra che il connubio tra Startup, HR e Head Hunting sia molto forte: dal tuo osservatorio, è così?

Assolutamente sì. Il ruolo strategico della funzione HR nelle Startup/Scaleup è ancor più cruciale che nei contesti tradizionali. Partiamo da alcuni dati: in primis, secondo CB Insight, la corretta gestione della dimensione People rappresenta il terzo fattore cruciale di successo (o insuccesso) in una startup. Non solo, anche Glassdoor ha mostrato che le startup che hanno ricevuto valutazioni elevate per la loro cultura aziendale e qualità delle persone coinvolte, hanno registrato un tasso di crescita del fatturato del 33% in più rispetto a quelle che avevano ottenuto valutazioni più basse. Infine, spesso una startup e/o gli investitori che l’hanno finanziata si pongono un obiettivo finale di exit, e se analizziamo uno dei report di Bain & Capital, osserviamo come la qualità del management team sia il primo elemento ad impattare nel successo di una exit (con un impatto pari al 71%).  

Quali sono le ragioni principali di questo legame? 

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Se partiamo dall’assunto che la funzione HR ricopre un’importanza cruciale nella fase di scaling, comprendiamo come chiaramente “improvvisarci” in questo campo non sia la soluzione statisticamente più proficua. Malcolm Gladwell, nel suo celebre libro Outliers: The Story of Success, sostiene che per diventare esperti in una specifica attività occorrono 10.000 ore di pratica. E siccome le attività HR sono varie e molteplici, fino alla fase in cui non è ancora possibile ancora assumere un CHRO con questo livello di esperienza, si preferisce affidarsi a Head Hunter esterni, al fine di fornire alle startup un vantaggio competitivo per attrarre, e saper selezionare, i migliori sul mercato, entrando così in contatto con maggiore efficacia e in tempi più rapidi, con talenti che altrimenti non si potrebbe raggiungere. Allo stesso modo, sempre più spesso, i fondi VC tendono, anche in Italia, ad utilizzare metodologie di People Due Diligence sia in fase pre deal per decidere dove investire, sia in fase post deal per definire interventi mirati alla creazione di valore, e sempre più veniamo coinvolti in attività di HR Advisory di questo tipo.

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La sede di W Executive a Milano

Come si declina ciò nelle prime fasi di vita della startup?

Partendo dalla genesi, una startup nasce generalmente da un’idea di business da parte un gruppo di founders (massimo 3 nell’85% dei casi secondo l’osservatorio Innovazione Digitale) con una passione in comune, spesso amici e/o compagni della stessa università o Executive MBA che, complice una certa affinità, decidono di unire le forze e fare impresa insieme andando poi successivamente a imparare sul campo le hard skills dei ruoli che svolgeranno (cfo, cto…); sono rari i casi in cui si parte da uno studio a tavolino delle competenze necessarie per far funzionare un’azienda nella sua interezza.

È chiaro, quindi, che per far crescere efficacemente il business, bisognerà man mano aggiungere al tavolo quelle competenze inizialmente mancanti attraverso alcuni innesti mirati e complementari, così da riequilibrare la squadra e aggiungere esperienza di valore. Non solo: nonostante l’età media dei fondatori di startup in Europa si collochi generalmente tra i 34 e i 36 anni (fonte dealroom*), spesso vediamo startup fondate da ragazzi/e brillantissimi decisamente più giovani e con meno esperienza. In questi casi, quasi sempre, la scelta di manager più esperti che possano avvalorare il founding team si rivelerà cruciale per la sostenibilità e la crescita dell’azienda.

E poi, nelle fasi successive?

Proseguendo con la fase di crescita, una startup evolve molto velocemente, così come evolve il mercato in cui essa opera: di conseguenza, anche le competenze richieste per operare consuccesso nel mercato evolveranno di conseguenza, portando la startup a concentrarsi costantemente su questi aspetti. In aggiunta, è proprio durante tutto il percorso di scaling e quando il team è ancora relativamente piccolo, che ogni singolo inserimento fa una grande differenza.

Non solo: spesso la sfida di una startup è (anche) far succedere determinate cose velocemente, così da conquistare una certa quota di mercato, e per farlo è necessario eseguire un bilancio delle competenze necessarie, un’attività di hiring chirurgica e che porti alla creazione di valore, e infine, un’attenta pianificazione sin da subito di come si affrontare la retention per gli anni futuri.

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* Secondo l’osservatorio Innovazione Digitale in Italia, la maggior parte delle startup italiane sono state fondate da 2 o 3 founder, rappresentando il 61,7% del totale. Le startup fondate da unsingolo fondatore rappresentano il 23,2%, mentre quelle con 4 o più founder sono il 15,1%.

Hai supportato la crescita HR di molte startup e poi, a sua volta, la tua è una startup che ha fattouna crescita davvero eccezionale: in termini di People Strategy, quali sono gli ingredienti che vihanno permesso di raggiungere questo risultato in così poco tempo? 

Vedo 4 ingredienti principali, tutti legati alle persone:

1: il founding team esperto e compatto: in totale abbiamo oltre 130 anni di esperienza nel nostro settore (executive search e consulenza HR): l’esperienza sta aiutando molto ad andare veloci. Veniamo da aziende diverse, ma condividiamo valori e ci muoviamo compatti con una fratellanza (o sorellanza, dato che 2 sono donne) genuina e forte. Allo stesso tempo, siamo molto complementari in termini di capacità e attitudini e, riferendomi agli altri, sono molto forti e con un’eccellente reputazione;

2: le prime 50 persone: siamo partiti dal presupposto che “le persone smart vogliono lavorare con altre persone smart”, e così abbiamo messo grande impegno nell’assumere le migliori “prime 50 persone” (abbiamo effettuato un pre-seed di 2,5 milioni e questo ha aiutato). A loro, e a tutte le persone che oggi lavorano con noi, va un enorme grazie per la fiducia che hanno avuto in questo progetto sin dal principio;

3: i membri dell’advisory board da Google o SDA Bocconi, ecc., che abbiamo realizzato da subito e che ci guidano per superare i nostri limiti e per lavorare al meglio, in Italia e all’estero;

4: una genuina passione per il nostro mestiere: ogni giorno ci impegniamo con onestà e pragmatismo per ricambiare e rispettare la fiducia che ci viene accordata. Naturalmente, sarà il tempo e il mercato a giudicarci, ma crediamo che parte dei buoni risultati che stanno arrivando derivino proprio da questo approccio.

Ah, dimenticavo, un quinto elemento, l’ufficio di Milano: abbiamo scelto per le nostre persone e inostri ospiti un palazzo storico del 1889, Palazzo Bocconi, che fu l’antica dimora di Ferdinando Bocconi e della sua famiglia: una sede così ci aiuta a ricordarci quanto siamo fortunati e ci ispira ogni giorno a dare il nostro meglio. Dopo di ciò, l’effetto valanga era pronto a partire e persone dai nostri concorrenti hanno chiesto di unirsi a W Executive… ora siamo 400 (assunti).

Un’ultima domanda: mi ha colpito il vostro approccio Data Driven. Me ne parli? 

E’ un modo di approcciarsi al mondo della ricerca e selezione in modo più consistente, con una valutazione analitica condotte con l’ausilio di strumenti innovativi, che si somma all’approccio umano dato dall’esperienza nell’head hunting. Abbiamo creato un tool proprietario, il W Leadership Index, per ricambiare la fiducia di chi ci sceglie ogni giorno (il tool è gratuito), aiutando aziende e fondi verso scelte di valore.

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Tale strumento (ne abbiamo già realizzati altri) si basa su una matrice delle competenze proprietaria e va ad analizzare il modello di leadership di un professionista o di un’organizzazione. Siamo convinti che le persone siano la vera forza motrice delle aziende e per questo motivo realizziamo anche molte attività di HR Advisory, a tutto tondo, quali Leadership Due Diligence (LDD), management appraisal o progetti di Organizational Design
che consentono agli investitori e alle società di analizzare in modo pragmatico le proprie potenzialità, andando ad incrementare ulteriormente i propri risultati.





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