Così i mari tendono progressivamente ad acidificarsi: un problema enorme per la vita sulla Terra, non solo per quella sott’acqua. Attraverso l’uso del bicarbonato di calcio, Limenet promette di catturare CO2 in atmosfera, stoccarla in modo sicuro e allo stesso tempo contrastare l’acidificazione dei mari attraverso l’alcalinizzazione innescata dal bicarbonato prodotto. Ecco il processo della tecnologia di Limenet, interamente alimentato da energie rinnovabili: estrarre CO2 dall’atmosfera, quindi frantumare il carbonato di calcio, trasformarlo in calce viva per poi reidratarla e renderla calce spenta. Infine, stoccare la CO2: poco più della metà della calce spenta ottenuta è utilizzata per rimuovere l’anidride carbonica prodotta, mentre l’altra metà è a disposizione per la cattura della CO2. Così l’intero processo permette la produzione di emissioni negative di CO2 .
Ad Augusta il primo impianto al mondo
Sulla carta, la proposta di quest’azienda è un win-win: una tecnologia che contemporaneamente rimuove la CO2 e contrasta l’acidificazione dei mari. Oggi ad Augusta è nato il primo impianto di Limenet: primo al mondo nell’uso di questa modalità di stoccaggio di CO2 in mare. Adesso è in fase di sviluppo TRL7: l’obiettivo è arrivare allo stadio TRL9, cioè un impianto in grado di realizzare applicazioni industriali. Per esempio offrire la possibilità di compensazione sul mercato dei crediti di Co2 attraverso la realizzazione di bicarbonati di calcio da versare in mare. L’azienda ha già venduto i primi crediti di CO2 equivalenti a 1.000 tonnellate (ton) di emissioni negative.
Spiega Stefano Cappello, ad e fondatore di Limenet, a Wired: “Con l’impianto di Augusta si avvierà il funzionamento in continuo della tecnologia, con capacità produttiva di 100kg/h di CO2 stoccata sotto forma di bicarbonati di calcio. Il nostro obiettivo per questo impianto e i prossimi, consiste nel raggiungere le economie di scala attese, con un abbattimento dei costi di rimozione e stoccaggio”. Partendo, come racconta l’ad, da una storia da immaginario alla Silicon Valley, ovvero con “una piccola tecnologia sviluppata nel garage di mia nonna che oggi è arrivata ad un impianto industriale: tutto è cominciato da una scintilla scaturita dalle ricerche di Stefano Caserini”. Quest’ultimo è stato tra i primi in assoluto intorno al 2018 a fondare un gruppo di ricerca (Desarc Maresanus) dedicato allo sviluppo di tecnologie di sequestro di CO2 in mare. Quattro anni fa sono state pubblicate le prime ricerche scientifiche e nel 2021 è arrivato il brevetto della soluzione tecnologica di Limenet.
Oggi è funzionante un primo impianto pilota, con una capacità di lavorazione di 800 tonnellate di anidride carbonica l’anno. Ma la sfida imposta dal cambiamento climatico impone target quantitativi ben diversi.
Una soluzione scalare per gigatonnellate di CO2
Al momento Limenet ha ottenuto 2 milioni di euro in finanziamenti e punta a raccoglierne altri 5. Uno dei punti di forza è presentare una soluzione modulare, che promette di essere scalata a qualsiasi dimensione: secondo le previsioni aziendali, a scala mega-ton entro il 2035, a scala multi mega-ton entro il 2045 e a scala giga-ton entro il 2055. Come spiega Cappello: “Attraverso le nostre analisi tecno economiche, utilizzando i fattori di scala chiamati ‘learning rate’, è possibile arrivare ad avere un impianto industriale che può generare 100 mila tonnellate l’anno di emissioni negative con un costo per tonnellata di circa 100 dollari: un obiettivo considerato realistico, soprattutto se si seguono i trend di riduzione dei costi visti in altre tecnologie verdi”.
Al momento – nel mondo e in assoluto – sono state rimosse circa 10mila tonnellate di CO2 ma sarà necessario raggiungere i 10 miliardi tonnellate CO2 entro il 2050 per raggiungere i target previsti dagli Accordi di Parigi. Conviene a tutta l’umanità, e a gran parte della biodiversità marina, che la promessa scalare di Limenet diventi qualcosa di concreto: e che questo succeda in fretta.
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