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A un giorno dall’alluvione che ha colpito di nuovo l’Emilia Romagna, mentre le brecce negli argini non sono ancora state chiuse e la conta dei danni è appena iniziata, a straripare è anche la polemica politica sui fondi stanziati per la prevenzione e la ricostruzione dopo la calamità del maggio 2023 e la prevenzione di nuovi disastri simili. Da una parte il governo di Giorgia Meloni che rivendica il proprio lavoro e attacca la Regione Emilia-Romagna per non aver messo a terra quelle risorse. Dall’altra la giunta regionale che, nel pieno dell’emergenza, viene messa al banco degli imputati. In mezzo, la domanda più importante: in questi 18 mesi cosa è stato fatto per limitare i danni e cosa invece è rimasto soltanto sulla carta?

La polemica sui “fondi inutilizzati”

Il primo a sollevare la questione è stato il Ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, che durante una conferenza stampa ha Palazzo Chigi ha dichiarato: “In questo decennio l’Emilia-Romagna ha ricevuto 594 milioni per la lotta contro il dissesto idrogeologico. Se la Regione potesse fare lo sforzo di farci sapere quanta di questa risorsa è stata spesa potremmo programmare ulteriori interventi”. Musumeci se l’è presa anche con il Ministro all’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, per il fatto che il piano nazionale sul dissesto idrogeologico sarebbe “fermo da cinque mesi nelle strutture del ministero”.

Ha rincarato la dose Fratelli d’Italia con il viceministro Galeazzo Bignami e la capogruppo regionale Marta Evangelisti: “Dal Pnrr il governo ha dirottato 90 milioni di euro per la Protezione Civile”, risorse a cui si aggiungono quelle del commissario: “Con una prima ordinanza sono stati assegnati 94 milioni e la Regione ne ha spesi 49. Con una seconda 33,5 e ne sono stati spesi zero. Di altri 103 milioni stanziati ne sono stati spesi ancora zero”. Riguardo all’1,2 miliardi di euro per le opere pubbliche, aggiunge Evangelisti, “per il rimborso del 40% era sufficiente mandare una pec con la rendicontazione. Al momento al commissario non è arrivata alcuna richiesta”.

In breve, quindi, le amministrazioni regionale e comunali delle zone alluvionate a maggio non si sarebbero attivate correttamente per attingere alle risorse dei lavori di prevenzione e ripartenza. Respinge fortemente le accuse la vicepresidente facente funzioni Irene Priolo: “Le risorse che ha citato Musumeci non sono in dieci ma in quattordici anni, a cui vanno tolti i 61 milioni del Pnrr che stiamo utilizzando per lavori in corso adesso. Gli altri sono fondi del Ministero dell’Ambiente che abbiamo già speso, abbiamo già rendicontato l’85% dei cantieri”. Sui fondi del commissario, prosegue Priolo, “abbiamo già completato gli interventi di somma urgenza di un’ordinanza e stiamo facendo quelli pertinenti alle altre. I Comuni hanno impegnato soldi e accertato le spese nei loro bilanci, la rendicontazione richiederà del tempo. La verità è che la prevenzione non viene finanziata”.

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Quanti e quali sono gli interventi programmati, in corso e conclusi

Come ha spiegato la vicepresidente dell’Ordine dei geologi regionale, Livia Soliani, i danni da alluvione si possono in parte limitare con la manutenzione degli argini, la realizzazione di casse di espansione e, in generale, una ristrutturazione della rete di fiumi e torrenti. Ma stabilire se i lavori messi in campo dalla Regione siano abbastanza per arginare i rischi al prossimo evento meteorologico estremo non è facile.

I cantieri programmati (rosso), in corso (giallo) e ultimati (verde) nella zona di Budrio e della pianura bolognese. Fonte: Regione Emilia-Romagna-2

Quello che conosciamo sul territorio bolognese è che, dopo l’alluvione, sono stati attivati trentadue cantieri per un totale di 41 milioni di euro della struttura commissariale, di cui ventidue interventi urgenti. I lavori riguardano i principali corsi d’acqua e sono distribuiti nei vari comuni: il Reno, Navile e Savena, Idice, Sillaro, Samoggia, Gaiana e Quaderna. Consistono nel risanamento di tratti di sponde erosi, pulizia dei fiumi e riduzione della vegetazione. Completano il quadro altri lavori finanziati con fondi europei (Pnrr, Fesr, Fsc) e regionali, per un totale di otto cantieri, quattro dei quali finanziati dal Pnrr.

I cantieri programmati (rosso), in corso (giallo) e ultimati (verde) nella zona della Val di Zena. Fonte: Regione Emilia-Romagna-2

Va ricordato che i danni quantificati derivati dall’alluvione di maggio ammontano a circa 8 miliardi e mezzo di euro. Attraverso due decreti l’esecutivo nazionale stanziò per Emilia-Romagna, Toscana e Marche 4,3 miliardi di euro. Soldi da spalmare in tre anni soprattutto per realizzare opere pubbliche. Il commissario Figliuolo ha stanziato 1,3 miliardi di euro per gli aiuti, di cui 630 milioni per i risarcimenti diretti.

La minaccia dello Zena: attesi ancora interventi su fiume e argini

Se si guarda al fiume Zena, che anche stavolta è tracimato nello stesso punto di maggio 2023 travolgendo la frazione di Botteghino di Zocca, i cantieri sono solo due. Lavori di pulizia e manutenzione ancora programmati a Pianoro e a San Lazzaro, nella località Farneto, anch’essa tornata sott’acqua dopo diciotto mesi. Da tempo il comitato dei residenti alluvionati chiede alla Città Metropolitana e alla Regione una serie di interventi sul corso d’acqua e soprattutto sulle frane che ancora oggi interrompono le strade. “Su oltre trenta chilometri di fiume solo un chilometro e mezzo è stato pulito”, aggiunge il sindaco Luca Vecchiettini senza voler alimentare la polemica. “Sicuramente occorreva una pulizia maggiore, come è necessario un intervento sugli argini che non è stato ancora fatto”.

Budrio, la sindaca: “Una corsa a ostacoli per i rimborsi del governo”

A Budrio, dove tra il 18 e il 19 il fiume Idice ha rotto l’argine in un punto vicino alla breccia verificatasi l’anno scorso, risultano conclusi i lavori di somma urgenza sulle sponde dell’Idice e del Quaderna dopo il loro collasso causato dal maltempo. Sono ancora in progettazione invece gli interventi sui canali “necessari al ripristino della piena funzionalità idraulica ed irrigua”, mentre la Regione ha fatto sapere di aver iniziato già i lavori sulla nuova rottura. Per la sindaca Debora Badiali il problema principale è l’attesa infinita per il risarcimento dei danni alle strutture comunali dal governo, circa 15 milioni di euro. Dopo un lungo iter burocratico, l’ultima notizia “risale a maggio quando abbiamo finito la progettazione e consegnato le cifre esatte alla struttura commissariale ed è da quel momento che aspettiamo l’ordinanza”. Dopodiché però, spiega Badiali, non sarà ancora finita: “Manderemo tutto alla compartecipata del governo, Sogesid, che dovrà occuparsi dell’appalto e dell’esecuzione dei lavori. Sembra una corsa ad ostacoli, dove ogni due mesi c’è un cambiamento rispetto alla riunione precedente. Non è stato un anno e mezzo facile”.

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In città disastro sventato

Hanno retto invece i corsi d’acqua che attraversano il capoluogo, tra cui il Ravone che con le piogge di 18 mesi fa aveva tracimato inondando tutta via Saffi. Possono aver contribuito i lavori di consolidamento del letto del torrente, iniziati dopo l’allerta rientrata e ultimati a settembre di un anno fa. Durante l’ultima emergenza era stato soprattutto il Savena a gonfiarsi in modo preoccupante, tanto da costringere il sindaco Matteo Lepore a emanare l’ordinanza di evacuazione di alcuni residenti nelle case vicine al fiume.



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