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Operazioni triangolari: analisi della “teoria della volontà” #adessonews


Con la sentenza n. 23521 del 2.9.2024, la Corte di cassazione si è nuovamente pronunciata sulle operazioni triangolari all’esportazione, dove c’è IT1 che cede dei beni ad IT2, il quale li cede a sua volta ad un soggetto extracomunitario, e la merce lascia regolarmente il territorio dell’Unione Europea. La questione riguardava, ovviamente, il regime di non imponibilità della cessione da IT1 ad IT2, e sul punto la Corte di cassazione ritiene lo stesso applicabile anche se il trasporto della merce in esportazione è stato curato da IT2, sulla base della cosiddetta “teoria della volontà”.

La questione nasce perché se il trasporto della merce è curato da IT2, nella prima cessione non potrebbe trovare applicazione il regime di non imponibilità previsto dall’articolo 8, comma 1, lettera a), D.P.R. 633/1972 (perché il trasporto non lo cura il cedente), e nemmeno da lettera b) (perché il cessionario è residente). In sostanza, per la lettura formale della norma che ne fa l’Agenzia delle entrate, nel caso in cui il trasporto non sia curato da IT1, lo stesso non può applicare il regime di non imponibilità nei confronti di IT2, anche se non è in discussione che la merce abbia lasciato il territorio dell’Unione e, quindi, non sia andata in consumo ai fini IVA.

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La norma nazionale, peraltro, è conforme a quella comunitaria (articolo 146, Direttiva 112/2006), la quale esenta la cessione all’esportazione, solo quando il trasporto è curato dal venditore o dall’acquirente non stabilito nel territorio del venditore; in sostanza, anche la norma europea valorizza il soggetto che cura il trasporto.

La Cassazione, invece, ha elaborato questa “teoria della volontà”, per la quale è irrilevante il soggetto che cura il trasporto e/o se lo stesso viene materialmente interrotto da quando i beni partono dallo stabilimento di IT1 a quando escono dalla Comunità, dovendo invece verificare se l’operazione di trasporto può considerarsi come “unitaria”, e ciò si verifica quando “la merce viene trasportata dall’acquirente nel territorio dello Stato del cessionario, ma non è da questi utilizzata, bensì vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo, che la immette in consumo; il vincolo di destinazione sulla merce da trasportare esclude una signoria dominicale sui beni acquistati e, pertanto, impedisce di qualificare il trasferimento come cessione di beni ai fini IVA”.

Curiosamente, la Cassazione ritiene che la teoria della volontà sia condivisa dalla stessa Agenzia delle entrate (risposta ad interpello n. 283/2023); tuttavia, l’Agenzia ha una visione diametralmente opposta a quella prospettata dalla Cassazione, in quanto proprio in tale risposta evidenzia chiaramente di ritenere irrilevante che, dalla contrattualistica tra IT1 ed IT2, risulti che la destinazione dei beni sia la rivendita all’estero, e valorizza solo chi sia il soggetto che cura il trasporto, guardando le clausole Incoterms delle vendite tra IT1 ed IT2, ed evidenziando che nel caso di acquisti fatti con clausole EXW ed FCA, IT2 si fa carico di tutti i rischi durante il trasporto.

Ora, quando Agenzia delle entrate e Cassazione hanno due visioni differenti, chi sposa la linea proposta dalla Cassazione, oltre a dover sperare che la Cassazione non cambi orientamento quando sarà la propria ora, deve – ad avviso di chi scrive –

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  • avere le spalle sufficientemente larghe per poter sopportare eventuale un giudizio fino alla Cassazione (evidenziamo che chi ha avuto successo in Cassazione sulla materia ha avuto dei gradi di merito che non sono sempre stati a lui favorevoli), ed
  • essere nella stessa situazione di chi ha già vinto in Cassazione.

Quanto al secondo punto, evidenziamo che è assolutamente necessario che vi sia fin dall’origine una “comune volontà” di IT1 ed IT2 che la destinazione finale della merce sia l’estero. In altri termini, la Cassazione ritiene che la merce non possa essere utilizzata da IT2, ma deve essere “vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo che la immette in consumo”; leggendo tali passaggi, si potrebbe, quindi, pensare che la vendita da IT1 ad IT2 sia stata sottoposta ad un vincolo, ad esempio, ad una condizione risolutiva per la quale, se la merce non fosse stata ceduta al soggetto extracomunitario, la vendita sarebbe stata risolta di diritto.

Altro passaggio importante, riguarda il fatto che per la Cassazione, nel caso specifico, IT2 non ha mai avuto il potere di disposizione del bene trasportato come se ne fosse il proprietario. Seguendo gli insegnamenti della Corte di Giustizia, un soggetto non ha il potere di disporre di un bene come se ne fosse il proprietario – ad esempio – quando non sopporta i rischi connessi al bene, e quando non ha il potere di decidere cosa fare di questo bene, ad esempio se cederlo, tenerlo, distruggerlo, ecc… In sostanza, volendo essere molto restrittivi, verrebbe da dire che la merce deve essere vincolata alla consegna ad un già ben individuato terzo soggetto, in quanto se dal momento del prelievo della merce al momento di esportazione IT2 avesse il diritto di cambiare il proprio cliente, eserciterebbe il potere di disporre del bene come se ne fosse proprietario.



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