In Europa il progetto di implementazione della produzione di microchip, fortemente voluto dall’Unione europea, non sta andando nella direzione sperata, tanto che Intel ha scelto di sospendere i progetti che erano previsti per il Vecchio Continente. Più nello specifico, l’azienda statunitense ha previsto lo stop del produttivo di semiconduttori a Magdeburgo, in Germania, e dell’impianto di assembly & test in Polonia. Si tratta, come specificato dalla multinazionale stessa, di una scelta temporanea, anche se lo stand by durerà per almeno due anni. A spingere verso questa soluzione sono soprattutto le necessità di Intel di rimettere in ordine i propri conti prima di lanciarsi in un nuovo contesto produttivo.
Intel sospende la produzione di microchip in Europa
La scelta di Intel di sospendere i suoi progetti produttivi di microchip in Europa è un duro colpo per gli obiettivi dichiarati da parte dell’Ue con il Chips act, ovvero il pacchetto di misure da 43 miliardi di euro che ha il fine di riportare il Vecchio Continente al 20% della produzione mondiale di semiconduttori entro il 2030. Proprio la multinazionale statunitense, infatti, rappresenta un perno fondamentale per il conseguimento del target prefissato dall’Ue: l’impegno di Intel avrebbe dovuto portare la capacità produttiva a 1,5 nanometri.
A sottolineare le difficoltà europee è stato Frank Bösenberg, amministratore delegato del gruppo industriale tedesco Silicon Saxon: “Senza Intel a Magdeburgo, l’Europa è priva del suo progetto di punta”. E ancora: “Né una quota di mercato europea del 20% né l’auspicata sovranità tecnologica attraverso la produzione di semiconduttori al di sotto dei 10 nanometri sembrano realisticamente raggiungibili entro il 2030”.
Intel le questioni legate ai sussidi europei
Vi è un altro tema che preoccupa, non poco, della scelta di Intel. Per sostenere gli impianti in Germania, l’azienda si era accordata con la Cancelleria tedesca per ricevere 10 miliardi di euro di sussidi. Questi soldi, tuttavia, non sono mai stati consegnati a Intel e, dunque, non sono formalmente usciti dalle casse tedesche. Diverso, almeno in parte, è il caso della Polonia, con l’Unione europea che aveva già autorizzato un sussidio da 1,9 miliardi di euro, ma tali soldi non sono stati ancora ricevuti dall’azienda.
Con il cambio di scenario è di fondamentale importanza capire quale sarà il destino di questi fondi, anche se secondo l’opinione più diffusa sarà necessario per l’azienda tornare a parlare con i governi qualora decidesse di portare a termine i progetti. In Germania, il cancelliere Scholz non ha escluso che i fondi potrebbero essere reindirizzati su altri progetti legati al mondo dei chip. Stesso discorso anche in Polonia, con il ministro degli Affari digitali Krzysztof Gawkowski che su X ha commentato amareggiato la notizia di Intel, pur ritenendo fondamentale per il suo Paese non smettere di investire sui semiconduttori: “Questa esperienza ci consente di implementare in modo efficiente progetti simili e lavoreremo su questo in futuro”.
L’impatto sull’occupazione della scelta di Intel
Il rinvio di Intel dei propri progetti in Europa sui microchip crea dei danni anche all’occupazione. In Germania per le due Fab erano stimati circa 7mila posti di lavoro per la costruzione, 3mila posti di lavoro a tempo indeterminato e ad alta specializzazione in Intel e decine di migliaia di ulteriori posti di lavoro fra fornitori e partner. In Polonia, invece, erano stati stimati circa 2mila posti di lavoro diretti da Intel e altre diverse migliaia aggiuntive.
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