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cosa bolle in pentola? Le novità #adessonews


Il tema della rigenerazione urbana, intesa come necessità di adeguare le infrastrutture ed i servizi delle nostre città alle nuove e pressanti esigenze in termini di mobilità sostenibile, inclusione sociale e sviluppo energetico e produttivo ecocompatibile, unitamente all’altrettanto pressante esigenza di rendere i centri urbani più “vicini” alle periferie degradate, passando per il recupero dei centri storici abbandonati, è prepotentemente ritornato protagonista della scena politica nazionale. Di seguito, una breve analisi delle ultime novità in materia di rigenerazione urbana, alla luce del confronto e del dibattito in atto tra le varie forze politiche.

Il tema

La rigenerazione urbana, ossia quel processo che avviene tramite interventi di recupero e riammodernamento delle infrastrutture e dei servizi a disposizione delle comunità, finalizzati a limitare il consumo di territorio ed il riuso di suolo, a tutela della sostenibilità ambientale, permette ai residenti di riappropriarsi degli spazi riqualificati, con evidente miglioramento della qualità della vita e dell’inclusione sociale ed importanti ricadute positive in termini di vantaggi economici ed ambientali.

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Proprio per l’estrema importanza del tema, che evidentemente è centrale anche alla luce della politica intrapresa a livello comunitario, dal Green Deal in poi, ed è, di fatto, richiesta agli Stati membri dall’UE, occorre tenere il passo e farsi trovare pronti alle sfide degli anni a venire.

Il dibattito politico in atto ed il nuovo testo unico sulla rigenerazione urbana

Lo scorso agosto è infatti approdato in Senato, in Commissione Ambiente, il nuovo testo unico sulla rigenerazione urbana, frutto della sintesi tra due distinti disegni di legge della maggioranza, che è oggetto di discussione e confronto proprio in queste ore.

Tre sono i punti cardine del nuovo testo e riguardano, rispettivamente:

  • gli incentivi regionali in termini di premialità volumetrica agli interventi di rigenerazione urbana pubblici e privati. In particolare, le singole Regioni, al netto delle maggiori incentivazioni eventualmente previste a livello locale, possono riconoscere sul costruito, proprio a titolo di misura premiale, incrementi di volumetria o di superficie lorda, rispetto a quelle preesistenti, in misura non eccedente la soglia del 30%.
    Ulteriori incentivi possono essere riconosciuti nel caso di concreta realizzazione sul territorio, di interventi specifici, miranti al conseguimento di obiettivi di particolare rilievo sociale, quali:
    • il miglioramento, rispetto agli obblighi di legge, delle prestazioni energetiche, sismiche e statiche
    • la costruzione di opere di architettura contemporanea
    • l’abbattimento di barriere architettoniche
    • la riqualificazione ambientale e paesaggistica
    • la bonifica, a fini di riuso, delle aree abbandonate e dismesse;
  • l’istituzione di una conferenza di servizi, con l’obbligo per le pubbliche amministrazioni partecipanti di adottare i pareri del caso entro termini contenuti (60 giorni) e la previsione, in caso di inerzia o di assenza non motivata, dell’istituto del silenzio assenso. Le determinazioni assunte all’esito, costituiranno titolo per l’avvio dei lavori;
  • infine, ed è il punto probabilmente più critico, si prevede la possibilità di consentire in ogni caso, anche in deroga alle previsioni dei piani urbanistici, la demo-ricostruzione, anche parziale, che comporti la realizzazione di un fabbricato differente da quello originario per distribuzione volumetrica, sagoma, sedime, prospetti, e caratteristiche plano-volumetriche, tipologiche e, perfino, funzionali.

Gli incentivi fiscali previsti in materia

Nel testo unico al vaglio della Commissione Ambiente non mancano gli incentivi fiscali agli interventi di rigenerazione urbana, soprattutto in termini di agevolazioni, riduzioni di oneri, canoni e tributi, e, su questo punto, si registra una certa resistenza dei Comuni che, ove tali misure fossero definitivamente adottate all’esito dell’iter parlamentare di approvazione, dovrebbero necessariamente rivedere al ribasso i bilanci previsionali di gestione, per effetto delle conseguenti minori entrate.

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Contestualmente, infine, al fine di agevolare le demo-ricostruzioni rispetto ad interventi che comportano consumo di suolo, il testo prevede anche che le Regioni debbano rivedere le tabelle parametriche usate per calcolare gli oneri di urbanizzazione ed i costi di costruzione.

La direzione delle attività di rigenerazione urbana

Quanto invece alla governance del piano di rigenerazione presupposto nel disegno unificato, si individua un organo centrale, una sorta di cabina di regia, nel Ministero delle Infrastrutture – Direzione generale per l’edilizia statale, le politiche abitative, la riqualificazione urbana, cui saranno affidati i compiti di:

  • individuare gli obiettivi strategici, di rilevanza nazionale;
  • promuovere il coordinamento nell’impiego dei fondi;
  • individuare gli interventi prioritari e favorire, quanto più possibile, il coinvolgimento diretto degli investitori privati.

A questo riguardo, nel testo unico, proprio con riferimento agli interventi di demo-ricostruzione operati dai privati (ad eccezione di quelli effettuati su immobili ricompresi nei centri storici), sono viste con favore anche eventuali deroghe agli strumenti urbanistici, purché si perseguano finalità di consolidamento antisismico, di conseguimento di standard energetici elevati, di miglioramento delle prestazioni di isolamento acustico e di eliminazione delle barriere architettoniche, sulle parti comuni degli edifici.

Tali interventi saranno possibili anche laddove i singoli Comuni non abbiano definito un proprio programma di rigenerazione urbana, a condizione che la spesa sia integralmente sostenuta dagli investitori privati; in tali casi, il titolo abilitativo sarà costituito dal permesso di costruire convenzionato.

Dibattito sulla rigenerazione urbana: osservazioni conclusive

Ovviamente, sebbene sia certamente troppo presto per dare un giudizio definitivo sul testo unico al vaglio del Senato, non si può non osservare in via del tutto preliminare che, almeno in prima battuta, emerge una criticità di fondo: come si può procedere al recupero dei centri storici e dei beni sottoposti alla rigida tutela del Codice dei beni culturali e del paesaggio, se non si interviene in maniera altrettanto incisiva sia sull’articolo 3 del d.P.R. 380/01 che sulle prescrizioni contenute nel decreto legislativo numero 42/2004?

Questo, probabilmente, resta il nodo centrale da sciogliere, per dare finalmente il via ad un effettivo e sostanziale processo di rigenerazione urbana che includa le intere aree urbane e non resti, ingiustamente, limitato a quelle zone che, per quanto periferiche e necessitanti di una concreta riqualificazione, non sono (già da tempo) comunque oggetto di esodo costante e massiccio, come, appunto, i centri storici. Soprattutto in un Paese come l’Italia che proprio della storia, dell’arte e della cultura fa, giustamente, il proprio vanto.



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