Una sentenza della Corte Costituzionale potrebbe far aumentare le pensioni di milioni di italiani. La Corte dei Conti della Campania ha infatti rinviato una decisione su un ricorso di alcuni ex presidi ora in pensione alla Consulta, per decidere sulla costituzionalità della riduzione delle perequazioni delle pensioni più alte previste dal Governo negli ultimi anni.
Il sistema delle rivalutazioni all’inflazione aumenta automaticamente le pensioni degli italiani per non far perdere loro potere d’acquisto quando salgono i prezzi. Il Governo però aveva ridotto progressivamente l’impatto di questa perequazione a partire da coloro che ricevono un importo pari a 5 volte la pensione minima. La Corte dei Conti ha però sollevato il dubbio che questa norma sia incostituzionale.
La decisione della Corte Costituzionale sulle pensioni
La Corte dei Conti di Napoli ha sottoposto alla Corte Costituzionale un caso presentato da un ex preside di scuola in pensione che riguarda la rivalutazione delle pensioni in relazione all’inflazione. La Consulta dovrà decidere sulla costituzionalità della norma che dal 2023 prevede una riduzione della perequazione degli assegni previdenziali a partire da chi riceve una cifra superiore a 4 volte la pensione minima. Questa decisione fa seguito a un’altra identica della Corte dei Conti della Toscana.
Normalmente le pensioni degli italiani aumentano con aumentare dei prezzi (viceversa non diminuiscono in caso di un calo). Si tratta di un meccanismo automatico di rivalutazione che scatta dal 1 gennaio di ogni anno. La spesa che comporta può essere molto alta negli anni in cui l’inflazione aumenta in maniera improvvisa, come successo nel 2022 e nel 2023. Per questa ragione il Governo guidato da Giorgia Meloni ha pensato di ridurla per chi percepisce pensioni più elevate.
Una scelta che ha di fatto tagliato le pensioni presenti e future di milioni di italiani e permesso un risparmio di 6 miliardi negli ultimi 2 anni e di ben 37 miliardi fino al 2032 qualora, come previsto, l’esecutivo confermerà questa norma anche per la legge di bilancio del 2024. L’effetto in questo caso sarebbe minore, con un risparmio di circa 1 miliardi di euro in 8 anni, dato che l’inflazione non è stata così significativa negli ultimi 12 mesi rispetto agli anni precedenti.
Quanto potrebbero aumentare gli assegni con le nuove rivalutazioni
Il taglio della rivalutazione è progressivo, quindi più la pensione è alta più la sua perequazione è stata bassa. Nella legge non sono espressamente citate delle cifre, ma si prende come riferimento la pensione minima, che nel 2023 era di 7.781,93 euro all’anno mentre nel 2024 è di 7.992,01 euro all’anno. La riduzione delle perequazioni segue queste indicazioni.
- Fino a 4 volte la pensione minima: perequazione del 100%;
- Oltre 4 e fino a 5 volte la minima: perequazione dell’85%;
- Oltre 5 e fino a 6 volte la minima: perequazione del 53%;
- Oltre 6 e fino a 8 volte la minima: perequazione del 47%;
- Oltre 8 e fino a 10 volte la minima: perequazione del 37%;
- Oltre 10 volte il minimo: perequazione del 22% (nel 2023 era al 32%).
Anche se la Corte Costituzionale dovesse annullare le decisioni del Governo, è molto difficile che vengano pagati gli arretrati relativi agli anni 2023 e 2024. In quel caso però da gennaio anche le persone che hanno avuto una perequazione più bassa dovrebbero vederla adattata all’inflazione degli ultimi due anni, che è stata significativa. Gli aumenti andrebbero dal 2,1% per chi riceve tra le 4 e le 5 volte la minima fino al 9,2% per chi percepisce oltre 10 volte l’assegno minimo.
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