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È reato lasciare il cane sotto il sole #adessonews


Costituiscono reato anche i comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell’uomo (Cassazione penale, sentenza n. 33276/2024 – testo in calce).

Il fatto

Il giudizio di merito che ha portato alla pronuncia che si annota era stato celebrato nei confronti dell’imputata per aver sottoposto a sevizie un cane di razza pastore tedesco legandolo alla ringhiera di un portone ed esponendolo al forte caldo senza lasciargli da bere, tanto che l’animale era andato in ipertermia.

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L’imputazione era stata originariamente formulata come reato delittuoso di maltrattamento di animali ex art. 544 ter c.p. e successivamente riqualificata nel reato contravvenzionale di abbandono di animali di cui all’art. 727 cod. pen.

Il giudizio si era concluso con la condanna dell’imputata alla pena di 700,00 Euro di ammenda e al risarcimento dei danni in favore del proprietario del cane costituito parte civile, con riconoscimento di una provvisionale.

L’appello proposto dall’imputata avverso la sentenza veniva convertito in ricorso per cassazione, essendo stato proposto nei confronti di sentenza inappellabile. Con esso la difesa, nell’interesse della ricorrente, contestava la configurabilità del reato di abbandono di animali, sottolineando che il cane oggetto della condotta era stato lasciato in un luogo noto sia all’imputata sia alla parte civile sia ai terzi condomini dello stabile dove quest’ultima abitava unitamente al padre a seguito della separazione dalla ricorrente e che la veterinaria che aveva visitato il cane, dopo che lo stesso era stato riaffidato al proprietario, non aveva riscontrato precarie condizioni di salute né disidratazione.

Censurava altresì il riconoscimento dei danni in favore della parte civile, assumendo che questi, consegnando il proprio cane alla ricorrente, aveva accettato il rischio del suo abbandono.

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La sentenza

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto volto a conseguire una non consentita rivisitazione delle risultanze istruttorie, e, di conseguenza, della lettura delle stesse da parte del giudice di prime cure, lettura che la Corte ha ritenuto immune da censure avuto riguardo alla ricostruzione del fatto e alle argomentazioni logico giuridiche a sostegno della decisione.

Orbene, quanto alla ricostruzione del fatto era emerso dall’istruttoria che la ricorrente aveva lasciato il cane di proprietà della parte civile legato alla ringhiera dell’edificio nel quale quest’ultima abitava, al sole e per circa due ore, senza accertarsi che qualcuno se ne prendesse cura in attesa dell’arrivo del proprietario e in particolare senza accertare

che se ne curasse la badante del padre della parte civile presso il quale quest’ultima dimorava dopo la separazione dalla ricorrente; il cane era stato trovato in stato di ipertermia, sofferente e con la frequenza respiratoria piuttosto alta (98 contro i 30 normali) e si era ripreso con una doccia fredda, dopo circa 15 minuti.

Correttamente tale condotta è stata ritenuta causa di uno stato di sofferenza da abbandono per l’animale e anche del rischio di riportare serie conseguenze a causa della esposizione al calore (c.d. colpo di calore che può essere anche letale), con la conseguente affermazione della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 727, secondo comma, cod. pen.: quest’ultima si ravvisa, come noto, in caso di abbandono di animale domestico o che abbia acquisito abitudini della cattività ovvero in caso di detenzione dell’animale in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze, con la precisazione che integrano la fattispecie in questione non soltanto i comportamenti sorretti da dolo, ma trattandosi di fattispecie contravvenzionale, anche i comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, e senzienti, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell’uomo.

La giurisprudenza di legittimità è a riguardo costante nell’affermare che costituiscono condotte idonee ad integrare il reato contravvenzionale di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli stessi, procurando loro dolore e afflizione (tra le altre, Sez. III, n. 23723/2016, Id., n. 46560/2015).

Ne consegue che il reato di cui all’articolo 727 c.p. è senz’altro integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali.

Ed è esattamente ciò che, ad avviso della Sezione assegnataria del ricorso, ha ravvisato il giudice di prime cure nel caso in esame, alla luce delle condizioni nelle quali era stato ritrovato il pastore tedesco, produttive senz’altro di sofferenza psico fisica per lo stesso: psichica, in quanto come noto il cane è un animale gregario portato a vivere non isolatamente ma con l’uomo, cui riversa i segni della sua evidente affettività, e fisica, a causa dello stato di ipertermia potenzialmente suscettibile di cagionare conseguenze anche letali.

Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con conseguente irrilevanza della prescrizione nelle more intervenuta (ovvero intervenuta successivamente alla decisione impugnata).

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